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Politica domenica 10 settembre 2017 ore 17:00

Elezioni, Pisa a rischio sconfitta per il Pd

Tanti nomi che girano, poche certezze in tutti gli schieramenti. E intanto avanza il fronte civico e si rafforzano le richieste di primarie



PISA — Di sicuro c'è che si voterà in primavera. I circa 70mila aventi diritto al voto ( su una città di 90mila residenti, oltre 100mila considerando gli studenti, 150mila col flusso quotidiano dei pendolari ) saranno chiamati a scegliere il nuovo sindaco di Pisa dopo dieci anni di mandato di Marco Filippeschi.

L'attuale primo cittadino ( Pd, espressione della coalizione di centro sinistra, che da decenni governa la città ) fu eletto nel 2008 al ballottaggio con un vantaggio risicato sulla candidata del centro destra e confermato cinque anni dopo al primo turno ottenendo l'appoggio, oltre che del suo partito, dell'allora Sinistra Ecologia e Libertà e quello, risultato decisivo, delle liste civiche "In Lista per Pisa" e "Riformisti".

Filippeschi arrivava dal parlamento e succedette a Paolo Fontanelli, diventato a sua volta deputato, in una ideale staffetta targata tutta Pd. Adesso Fontanelli è passato nelle fila di Mdp Articolo Uno, ma è sempre figura di riferimento e leader riconosciuto a Pisa. 

E ora Fontanelli, non è un mistero, avrebbe desiderio di tornare sulla poltrona più alta di Palazzo Gambacorti.

Solo che di acqua sotto il ponte di Mezzo nel frattempo ne è passata eccome. 

Basti dire che, nel 94, quando diventò sindaco Piero Floriani il centro sinistra si affermò al primo turno in maniera netta ( c'erano Pds e Rifondazione Comunista, altri tempi ) e oggi la storia recente della nostra regione ci racconta di come non esistano più i cosiddetti comuni "sicuri" per la sinistra. 

Anzi, paradossalmente, Pisa sembra essere rimasta una sorta di roccaforte accerchiata: tra i capoluoghi vicini, sulla costa, Livorno e Carrara sono a guida Cinque Stelle, Grosseto è del centro destra, Massa è una partita tutta da vedere e nella confinante Cascina ha trionfato nientemeno che la Lega.

Una sconfitta, quella cascinese, maturata anche per forti divisioni interne al Pd, che dovrebbe avere insegnato qualcosa ai dirigenti locali del partito, ma che sembra finora avere innescato solo una sorta di reazione allo smarcamento

Non è un caso che nelle riunioni interne, ma anche nelle iniziative pubbliche, la parola che sta ricorrendo di più sia "Discontinuità". Come dire, il centro sinistra sta riconoscendo che con Filippeschi molte cose buone sono state fatte, ma la direzione da prendere è un'altra.

Ed ecco le prime mosse: una delle componenti di maggioranza, la lista dei Riformisti, ha già scelto di correre da sola presentando un proprio candidato "civico": Antonio Veronese, imprenditore, lunga militanza socialista, ruoli di primo piano in Confesercenti, ha rotto gli indugi e correrà da sindaco. 

Una mossa che ha spiazzato anche il Pd, che ha perso un alleato e che ora si trova a dovere gestire una situazione di complessità, dove molti ( qualche mese fa c'erano state le polemiche dimissioni dell'assessore Salvatore Sanzo dalla Giunta ) rimarcano distinguo e differenze, pronti a sfruttare la carta elettorale anche per fare valere personalismi e piccole rivalse.

Soluzioni? Ce ne sono due: primarie o candidatura forte. La prima è aperta ad altre forze del centro sinistra e gradita dagli iscritti, ma rischiosa ( Cascina insegna ), la seconda ha effetto se il nome scelto unisce per davvero.

E qui cominciano i giochi: le danze le ha aperte nientemeno che il segretario nazionale del Pd Matteo Renzi che, qualche giorno fa, ha visto arrivare il deputato Federico Gelli alla festa dell'Unità di Rignano sull'Arno e l'ha subito battezzato con una frase ( "Ecco il candidato sindaco di Pisa" ) prontamente smentita dal diretto interessato che l'ha bollata come "Battuta". 

In effetti però Gelli, che vorrebbe fortemente un altro mandato in parlamento, potrebbe essere candidato suo malgrado, per risolvere divisioni interne. 

I renziani infatti a Pisa hanno nuovamente il partito in mano e possono decidere cosa e come fare con Antonio Mazzeo. 

La sua candidatura a Palazzo Gambacorti sarebbe di sicuro pesante ma di fatto non sembra possibile. Infatti Mazzeo è consigliere regionale ed è presidente della commissione Costa e se lasciasse Firenze porterebbe in Regione Francesco Nocchi, espressione della minoranza del partito in polemica aperta con i renziani.

E allora? La scelta che sembrava potesse passare ed era quella di un assessore attuale, Andrea Serfogli. Molti gli riconoscono il grande lavoro fatto e capacità amministrative ma anche il suo nome è risultato troppo legato alle attuali dinamiche. Dunque, al momento anche Serfogli sembra essere passato in secondo piano.

Alla fine, se non spunta una figura che mette tutti d'accordo saranno primarie. Di coalizione. E dunque, dinamiche nazionali permettendo, aperte anche ad Mdp.

E qui torniamo a Paolo Fontanelli: ha fatto il sindaco dieci anni e ha lavorato per Pisa in Parlamento altrettanto tempo. In molti lo rivoterebbero, anche in quel Pd che ha lasciato in aperta polemica con Renzi. 

E proprio i voti di Mdp potrebbero essere decisivi, in attesa di capire cosa farà il resto della sinistra, per la coalizione dell'attuale governo cittadino, che rischia di restare orfana di alcune importanti componenti civiche.

Per carità, non che il centro destra sia messo meglio. Appena ha cominciato ad annusare che Pisa poteva essere territorio di conquista ha cominciato a discutere sulla leadership, che la Lega vorrebbe sua, forte della vittoria di Cascina con Susanna Ceccardi e con il votatissimo Edoardo Ziello che adesso ricopre il ruolo di segretario comunale della Lega proprio a Pisa: un nome in testa c'era già, quello di Raffaele Latrofa, consigliere comunale di Pisa nel cuore, ma gli alleati, Forza Italia e Fratelli d'Italia, intendono invece portare la questione ad un tavolo di discussione più ampio, magari con l'intervento romano. 

Chi chiedeva primarie a destra è stato subito stoppato. Il rischio, dice qualcuno, è quello di cinque anni fa, la frammentazione. A meno che non arrivi anche in questo caso una candidatura forte, che unisca.

Un nome buono che sta circolando? La presidente di Confcommercio Federica Grassini, imprenditrice, giovane, battagliera. E' intervenuta spesso sui temi della sicurezza, un argomento che a Pisa è sentitissimo e che sarà terreno di scontro in campagna elettorale.

A proposito di nomi a sorpresa: ne girano tanti anche a sinistra, pronti ad essere spesi nel momento giusto. Il presidente di Acque spa Giuseppe Sardu è uno di questi.

Non dimentichiamo poi la componente lettiana del partito, che fa capo proprio all'ex presidente del consiglio, il pisano Enrico Letta. Proprio lui potrebbe essere decisivo per una scelta che mette tutti d'accordo. Non sul suo nome, probabilmente, ma su quello della deputata e accademica ( Scuola Sant'Anna, proprio come Letta ) Maria Chiara Carrozza.

Sfida accademica? Qualche tempo fa, in molti dicevano che il M5s era pronto a giocare una carta, quella dell'ex direttore della scuola Normale Salvatore Settis. Interpellato da QuiNews sulla vicenda, Settis smentì seccamente.

Ma la sensazione è che il M5s abbia in serbo un asso da giocare che adesso sta tenendo ben nascosto, in attesa di sviluppi. Che si tratti di un alto esponente universitario? Può darsi.

Per i grillini le vicende fiorentine e romane si intrecciano con quelle pisane. Irene Galletti, consigliera regionale, riscuoterebbe molti consensi, ma non può lasciare l'incarico. Anzi, sempre stando ai si dice, potrebbe correre tra qualche anno per la presidenza della Regione, alla quale punterebbe per Il M5s anche l'attuale sindaco di Livorno Filippo Nogarin.

Ci aspettano sorprese? Sì e forse anche molti colpi bassi. Quel che è certo è che la campagna elettorale è già cominciata, senza che neppure sia stato dato il via.

Alessandro Turini
© Riproduzione riservata


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