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Cronaca mercoledì 22 marzo 2017 ore 12:20

Ville di lusso con i soldi della droga

La droga sequestrata in via Nazario Sauro

Sgominato un clan criminale che aveva allestito una raffineria di erocina e cocaina a Livorno. Lo stupefacente smerciato in tutta la Toscana



LIVORNO — Alle Sorgenti avevano tirato su una vera e propria raffineria della droga. Lavoravano e confezionavano eroina e cocaina e poi la smerciavano in tutta la Toscana, da Pisa, a Massa, da Prato a Firenze fino a varcare i confini con l’Emilia, dove avevano base operativa.

La polizia ha sgominato un clan di stampo familiare dedito alla lavorazione e allo spaccio di droga per un giro d'affari da 500mila euro all'anno e eseguito nove custodie cautelari.

Due fratelli albanesi, menti dell'organizzazione, Shkelzen e Kastriot Kasa, avevano scelto Livorno per creare una base operativa per i loro traffici. In un garage nel quartiere Sorgenti era stata impiantata una vera a propria raffineria per il confezionamento dello stupefacente: all’interno del box lontano da occhi indiscreti, durante la notte gli uomini dell’organizzazione armati di frullatore (per polverizzare la sostanza grezza), pressa (per creare i panetti) e sostanza da taglio, confezionavano lo stupefacente diretto alle piazze di spaccio di tutta la Toscana. 

 Al mattino i pusher dell’organizzazione criminale si rifornivano e partivano per le consegne agli spacciatori, nordafricani per lo più, in tutta la Toscana.

E così la droga confezionata a Livorno, finiva in piazza della Stazione a Pisa, dove poi veniva spacciata in dosi; oppure finiva a Prato o ancora alimentava il mercato dello spaccio a Carrara.

La raffineria consentiva di contenere i costi per la preparazione: la sostanza, infatti, veniva tagliata più volte, spesso anche con medicinali di largo consumo o con sostanze anabolizzanti, fino a creare dosi in cui il mix di sostanze psicotrope e sostanze da taglio poteva creare gravi danni ai consumatori.

Una volta raffinata, la droga veniva spostata in depositi di stoccaggio: in uno di questi, una cantina di via Nazario Sauro, nella primavera scorsa, dopo un’irruzione, vennero rinvenuti 80 chili di sostanza stupefacente.

Dopo alcuni mesi di indagine, ieri la Squadra Mobile di Livorno ha eseguito 9 misure cautelari in carcere disposte dal Gip del Tribunale di Firenze su richiesta della direzione distrettuale antimafia del capoluogo fiorentino. 

Lo stampo dell’organizzazione era di tipo imprenditoriale: i pusher fatti arrivare appositamente dall’Albania venivano stipendiati circa 1.500 euro al mese.

A loro inoltre venivano forniti anche alloggio e i mezzi, auto e moto, quasi fossero veri e propri agenti di commercio

L’organizzazione, disponeva di case a Livorno (in una villa in via Calzabigi in cui fu arrestato Hakballah Klodian) e a Pisa (in un appartamento di Porta a Mare fu arrestato nel novembre dello scorso anno Matraku Enkel con oltre due chilogrammi di droga) che prendeva in affitto per far alloggiare i propri "dipendenti”.

Gli appartamenti monitorati nel corso dell’indagine sono circa una decina e quasi trenta i mezzi a motore che componevano il parco auto del gruppo criminale.

Mezzi, appartamenti e pusher venivano cambiati alla prima avvisaglia di un’attenzione delle forze dell’ordine.

Il fatturato del clan si avvicinava molto al fatturato di un clan camorristico: lo dimostrano i sequestri di denaro contante effettuati nel corso dell’indagine e il tenore di vita dei due fratelli Kasa, proprietari in Italia e in Albania di immobili ed esercizi commerciali.

L’organizzazione nella sola piazza di Livorno fatturava circa 50mila euro a settimana.

Uno dei fratelli, Kasa Skhelzen, ha acquistato due appartamenti a Parma e un bar nella zona di Sant'Agostino a Pisa riciclando così i proventi del traffico illecito in attività legali, e pagava l’affitto di almeno altri due appartamenti a Livorno per una cifra che si aggira intorno ai 2mila euro. Kasa Kastriot è proprietario di una villa in Albania e di attività commerciali nel suo paese.    

L’indagine ha consentito di risalire anche al flusso di denaro illecito creato dal traffico di droga. I proventi venivano spediti in buste chiuse in Albania tramite ignari autisti degli autobus di linea che effettuano il servizio trasporto viaggiatori tra Italia e Albania.

I fratelli Kasa chiedevano il favore agli autisti di consegnare una busta chiusa ad un loro parente una volta giunti a destinazione: ma la busta non conteneva una lettera o un documento, ma denaro contante che in parte serviva ai genitori e ai parenti dei due fratelli per mantenersi e in parte veniva depositato su conti correnti aperti in banche albanesi e poi tramite bonifico inviato in Italia sui conti dei fratelli Kasa.

Nel corso dell’operazione di ieri sono stati sottoposto a sequestro due conti correnti bancari (un terzo era stato già chiuso dal direttore della banca per sospetto riciclaggio di denaro) e un conto corrente postale.

Oltre ai due fratelli ai vertici dell'organizzazione, il clan era formato poi da tre persone che si occupavano di organizzare l’attività di spaccio dei singoli corrieri, due persone che si occupavano del controllo dell’attività dei pusher, e tre corrieri. Tutti i componenti della banda sono di origine albanese.

Gli accertamenti patrimoniali sui beni posseduti dall’organizzazione anche per il tramite di prestanome sono ancora in corso e potrebbero portare ad altri sequestri.

Il denaro sequestrato nel corso dell’operazione ammonta a oltre 50mila euro, ma il giro d’affari dell’organizzazione è stimato in circa mezzo milione di euro l’anno.


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