Cronaca

​Belle, buone e che fanno bene. Ecco le albicocche pisane

Ma sono una trentina le qualità che l'università di Pisa ha selezionato recuperando anche sapori di un tempo

Sin dagli anni '70 a Pisa si portano avanti studi sull'albicocca e in 40 anni sono state selezionate una trentina di nuove varietà e molte altre sono allo studio degli scienziati intenzionati a coniugare l'aspetto esteriore, fattore fondamentale nella vendita, alla bontà e al gusto. 
Nell'area di sei ettari e mezzo dove lavorano questi ricercatori è stata anche ideata la varietà denominata pisana, che si caratterizza per il frutto molto colorato, con la buccia rosso-arancio ricca di antiossidanti naturali, da cui sono nate, attraverso incroci con albicocchi europei ed extraeuropei, alcune varietà più recenti come ad esempio la claudia, la bona o l' ammiraglia.

“Uno dei nostri obiettivi è di recuperare il valore nutritivo e organolettico, quindi il sapore, delle varietà più antiche senza dimenticare però di migliorare i frutti dal punto di vista dell’aspetto esteriore, che è uno degli elementi fondamentali alla base della scelta dei consumatori - spiega Rossano Massai professore del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’università di Pisa -. Questo genere di studi richiede però tempi molto lunghi: per valutare una generazione di centinaia di piante ottenute da seme ci vogliono almeno 15 anni dal momento in cui si effettua un incrocio e questo è un problema dato che ormai i finanziamenti sono concessi per periodi molto brevi, emarginando di fatto questo settore a tutto vantaggio degli altri paesi europei e non solo. Basti pensare che l’ultimo finanziamento del ministero delle Politiche agricole e forestali utile per questo genere di ricerche risale ormai al 2004”.