Cronaca

Aoup, nuove scoperte sulla demenza fronto-temporale

La posizione dei geni in un cromosoma potrebbe spiegare l'insorgere della malattia

Pietro Pietrini

La risposta immunitaria dell'organismo alle cellule danneggiate potrebbe rivestire un ruolo importante nello sviluppo della demenza fronto-temporale. Almeno secondo uno studio internazionale sul tema, che ha visto la partecipazione dell’Unità operativa di psicologia clinica dell’Aoup diretta da Pietro Pietrini.

La ricerca, condotta su 3.500 pazienti con che soffrono della patologia e su oltre 9.000 persone che, invece, non ne sono affette, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Lancet Neurology.

Lo studio, che ha coinvolto oltre 40 centri di ricerca in Europa, Australia e Stati Uniti, ha dimostrato che esiste un collegamento tra la posizione dei geni in un cromosoma e l’insorgere della malattia. "Questo -spiega Pietro Pietrini - indica che i meccanismi infiammatori immunitari nel cervello potrebbero avere un ruolo nella patogenesi della demenza fronto-temporale e apre la possibilità di nuove strategie di intervento terapeutico. Fa onore al nostro Paese – prosegue- che a guidare questo enorme progetto sia stato proprio un italiano, Raffaele Ferrari, un giovane ricercatore molto bravo che da anni lavora a Londra".

La demenza fronto-temporale (Ftd) è la forma più frequente di demenza dopo l’Alzheimer, ma può insorgere anche prima dei 40 anni.

"La Ftd è dovuta alla degenerazione delle cellule nervose nella corteccia del lobo frontale, la parte del cervello che si è sviluppata di più nell'essere umano rispetto agli altri animali e ove risiedono le funzioni più nobili, quali il controllo degli impulsi, la pianificazione, il senso morale - spiega Pietrini -. Per questo i pazienti con demenza fronto-temporale mostrano spesso alterazioni del comportamento, con discontrollo degli impulsi e disinibizione, che possono avere anche gravi conseguenze da un punto di vista giuridico".