Attualità

I runners donano le scarpe all'Africa

Oltre 300 paia raccolte in poche settimane, pari a 200 chili di peso spedito e arrivato in queste settimane in Namibia

Ci sono anche dei runners pisani tra quelli che hanno donato le loro scarpe agli abitanti dei Katutura (Namibia). E’ andato infatti a buon fine il Katutura Project: Non fare le scarpe all’Africa, donale nato dall’idea di Sergio Contin (tecnico Fitri) e che ha visto la partecipazione ed il coinvolgimento di Brooks Running della Federazione italiana Triathlon

Tutto è nato in novembre quando si è partiti attivamente con il progetto di riuscire a recuperare dai runners italiani quante più calzature possibili da corsa per donarle agli abitanti di Katutura, un quartiere poverissimo di Windhoek, la capitale della Namibia dove Contin e gli atleti della nazionale triathlon, tra i quali il carabiniere Alessandro Fabian già membro del Brooks Team, si recano da qualche anno per il raduno invernale in altura. Calzature sportive da noi giudicate non più valide, che ormai hanno terminato il loro compito di far correre perché ‘scariche’, senza più quel fondamentale potere ammortizzante utile nel gesto sportivo, ma calzature comunque ancora assai valide per l’uso quotidiano, nella maggior parte dei casi con solo tre, quattro mesi di vita, dunque ancora molto utilizzabili.

Da novembre nei negozi specializzati running grazie anche al coinvolgimento di Brooks è iniziata la raccolta di scarpe: oltre 300 paia raccolte in poche settimane, 200 chili di peso spedito e arrivato in queste settimane a Windhoek dove si trovano proprio Contin, Fabian e gli altri azzurri impegnati nel raduno.

Qualche giorno fa la consegna e le parole arrivate da Contin e dalla Namibia: “Eh sì, obiettivo raggiunto, le vostre o meglio le nostre scarpe sono giunte a destinazione. I piedi dei bambini delle baraccopoli di Windhoek e anche di molti dei loro genitori, hanno potuto calzare con grande sollievo ed entusiasmo le nostre scarpe. Non ha prezzo avere l’opportunità, perché di opportunità si tratta, di calarsi in questa realtà e provocare sorpresa, sorrisi, festa. Finalmente in tanti potranno andare al lavoro o a scuola senza bruciarsi o ferirsi ai piedi o i bambini giocare qualche momento a pallone senza provare dolore”.

 “Quando arrivi in quel posto, transitando lentamente con il furgone, studiando la zona più adatta per sostare tra loro -racconta Contin- percepisci da subito un’atmosfera di perplessità, forse pregiudizio e titubanza, ma bastano pochi secondi: parcheggi il furgone, scendi, un “hi guys, come on!”, gli fai un sorriso che non puoi non fare e sei subito con loro, invaso e circondato da questa gente così semplice, trasparente e pulita. Anche questa volta siamo riusciti a ricevere in cambio gioia e sorrisi”.