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Il livello del mare nel 2100, e la piana pisana?

In uno studio a cui ha partecipato anche il professor Vacchi dell'Università di Pisa riportati i risultati sui rischi dell'innalzamento dei mari

Il professor Vacchi

Se le emissioni di gas serra continueranno al ritmo attuale, nel 2100 il livello del mare sulla Terra potrebbe aumentare anche fino a un metro, con tutti i rischi conseguenti per mareggiate e fenomeni estremi.

Una prospettiva non certo positiva, fornita da uno studio pubblicato sulla rivista Earth System Science Data a cui ha partecipato anche il professor Matteo Vacchi dell’Università di Pisa. Nello specifico, la ricerca ha messo insieme tutti i dati esistenti relativi al livello del mare durante l’ultimo periodo interglaciale, 125mila anni fa, l’ultimo in cui la Terra è stata lievemente più calda rispetto a oggi. Secondo l’atlante on line creato dai ricercatori, il livello dei mari all’epoca era tra i 3 e i 9 metri più alto di adesso.

"Nel periodo interglaciale le condizioni climatiche erano dovute a un cambiamento nella configurazione orbitale della Terra - ha spiegato il professor Vacchi – il riscaldamento climatico odierno deriva invece, in larga parte, dall’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, dovuto alle attività umane".

A livello globale le zone più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare sono gli atolli nel Pacifico e le gradi piane costiere del sud-est asiatico. Per quanto riguarda il Mediterraneo, invece, sono particolarmente vulnerabili la laguna di Venezia, l'alto Adriatico, e in generale le grandi piane costiere, per esempio il Volturno di Napoli, ma anche la piana pisana in Toscana.

Prima responsabile dell’innalzamento dei mari sarebbe la fusione delle due grandi calotte polari del pianeta, ovvero la Groenlandia e Antartide. Se si dovesse fondere tutta la calotta glaciale che copre attualmente la Groenlandia, il livello globale del mare salirebbe di circa 7 metri.

"Nella Terra ci sono stati dei periodi in cui il livello del mare è salito al di sopra dell'attuale - ha concluso - ma quello che preoccupa oggi sono i tassi di risalita, ovvero l'accelerazione avvenuta negli ultimi 150 anni, in concomitanza con l’inizio della rivoluzione industriale".