La prima tutela della biodiversità, per comitati e associazioni, passa da una scelta netta: non cedere le aree contigue del Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli alla pianificazione dei Comuni. È il cuore del documento diffuso dopo la presentazione, il 4 Dicembre alla Sala Gronchi di Cascine Vecchie, dei risultati del progetto Embrace, in cui sono stati illustrati il nuovo Museo-centro della biodiversità e un ampio database bibliografico dedicato al patrimonio naturale del Parco.
Chi firma il testo è La Città Ecologica e Il Comitato per la difesa di Coltano (Parco MSRM) che riconoscono l’alto livello scientifico del lavoro svolto, ma mette in fila una serie di critiche alle scelte di pianificazione contenute nel Piano integrato del Parco (PIP). Il documento, già inviato in Regione e in attesa di adozione, prevede infatti una riduzione dell’area parco da 23.144,46 ettari a 15.119,47 ettari e la contestuale individuazione di 9.010,33 ettari come “aree contigue”, la cui pianificazione urbanistica verrebbe affidata ai Comuni.
Secondo il testo, diventano contigue gran parte delle aree già classificate nel Piano territoriale di coordinamento come “esterne” ai soli fini dell’attività venatoria, ma anche porzioni che in passato erano “interne” al Parco e che, si sottolinea, “nulla hanno a che fare con la caccia”. Da qui il timore che la tutela della biodiversità, al centro del progetto Embrace, resti solo una “vetrina” scollegata dalle scelte concrete di gestione del territorio.
Il documento punta il dito anche sulla scelta dell’area Ex-Cisam per la nuova base dei reparti di specialità dell’Arma dei Carabinieri, dal Gis al 1° Reggimento “Tuscania”. Sulla base delle planimetrie circolate, i firmatari stimano circa 90 ettari di intervento dentro il Parco, che sommati ai 40 ettari della Tenuta Isabella di Pontedera porterebbero a 130 ettari complessivi, pari a 1,3 milioni di metri quadrati di nuovo consumo di suolo, in contrasto con l’obiettivo dichiarato del “consumo di suolo zero”.
La preoccupazione maggiore riguarda però l’impatto diretto sugli ecosistemi. Nel testo si parla di un possibile abbattimento di circa diecimila piante, cioè quattro volte le 2.500 già indicate nel verbale del tavolo interistituzionale. Per comitati e associazioni si tratterebbe della distruzione di “un intero ecosistema secolare” con conseguenze tali da rischiare “la morte del Parco almeno a sud dell’Arno”.
Nel mirino c’è anche l’idea stessa di usare le aree contigue come cuscinetto sacrificabile tra sviluppo urbanistico e zone a protezione integrale. Chi ha redatto il documento sostiene che, in una fase in cui la biodiversità toscana è “in crisi” e si moltiplicano gli allarmi sull’estinzione di alcune specie, la strada dovrebbe essere opposta: aumentare la superficie protetta, “aggiungendo e non sottraendo” aree al Parco. Da qui l’invito rivolto a professori, ricercatori e studenti coinvolti in Embrace a “collaborare con associazioni e cittadini per evitare la riduzione della superficie del Parco”.
La richiesta politica è diretta al presidente Eugenio Giani, alla Giunta regionale e ai consiglieri: rivedere in modo sostanziale la bozza di Piano integrato, mantenendo o ampliando l’attuale perimetro dal punto di vista delle tutele. Il documento chiude con un riferimento preciso agli impegni assunti da Regione e istituzioni sulla difesa dell’ambiente e della salute: saranno “i fatti”, e non solo le dichiarazioni, a dimostrare se l’obiettivo del consumo di suolo zero e della protezione della biodiversità avrà un seguito concreto nelle scelte su San Rossore