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Buon vino? E' anche questione di acqua

Una ricerca dell'università di Pisa studia la gestione dello stress idrico e come questo influenzi la qualità delle uve di Sangiovese

Acqua giusta, al momento giusto. Lo dice una ricerca dell'università di Pisa, pubblicata sulla rivista Frontiers in Plant Science e premiata dalla Società di ortoflorofrutticoltura italiana, che analizza la qualità delle uve di Sangiovese in relazione a siccità e stress idrico.

Secondo lo studio, condotto dal dipartimento di scienze agrarie alimentari e agro-ambientali "La siccità aiuta a migliorare la qualità e il colore delle uve di Sangiovese, ma solo se lo stress idrico è imposto in alcune fasi specifiche della maturazione e secondo precise intensità".  

E' l'ateneo pisano, per mezzo di una nota, ad illustrare quanto emerso dallo studio, con primo autore Giacomo Palai, assegnista di ricerca. "I risultati dello studio - spiega Palai - hanno evidenziato per la prima volta come la combinazione fra intensità e momento di applicazione del deficit idrico influenzi significativamente l’accumulo e il profilo specifico di antociani e flavonoli nelle uve”.

Ed ecco che, in base allo studio, un moderato deficit idrico prima dell’invaiatura (quando l’acino è ancora verde, da Giugno sino a metà Luglio) aumenterebbe la quantità di flavonoidi nell’uva, mentre un severo stress idrico post-invaiatura (da metà Luglio sino alla raccolta) influenza la colorazione degli acini, e quindi del vino, rendendoli più scuri e vicini alle tonalità del blu. “Lo stress idrico come strumento per gestire il contenuto fenolico – prosegue Palai - è molto importante soprattutto per il Sangiovese in Toscana che spesso risulta un po’ troppo scarico, in questo modo invece si ottengono vini con colore e fenoli più importanti, simili agli standard dei vitigni internazionali”.

Lo studio fa parte di una più ampia attività di ricerca condotta al Precision Fruit Growing Lab e al Laboratorio di ricerche viticole ed enologiche, coordinati rispettivamente dai professori Giovanni Caruso e Claudio D’Onofrio. “Negli ultimi anni la viticoltura nazionale sta vivendo un periodo di forte pressione dovuto ai cambiamenti climatici con minori precipitazioni e periodi di siccità più lunghi che mettono a rischio la qualità delle uve soprattutto nelle aree maggiormente vocate – commenta Giovanni Caruso - In questo contesto, lo sviluppo dell’irrigazione di precisione e di specifici protocolli per gestire il deficit idrico sono strumenti essenziali per mantenere e aumentare la qualità delle uve, sfruttando e volgendo in positivo condizioni potenzialmente critiche”.