Attualità

DAD fatta male, rischio dispersione scolastica

Bilancio con tante ombre su come il sistema educativo italiano ha approntato la didattica a distanza in emergenza Covid. Intervento di Roberta Cella

La professoressa Roberta Cella

Nel nuovo numero della rivista Italiano a scuola diretta dalla professoressa Roberta Cella dell’Università di Pisa si trovano alcune valutazioni sulle ricadute dell'emergenza Covid-19 sul sistema educativo italiano: bene gli atenei, più critica la situazione per le scuole primarie e secondarie, per come hanno dato vita e portato avanti quella ormai familiarmente conosciuta come DAD, ovvero la didattica a distanza.

Nell'editoriale i due direttori della rivista, Roberta Cella e Matteo Viale, quest'ultimo docente all’Università di Bologna, scrivono che più che di didattica on line si è trattato di una sorta di corsa ad ostacoli fra digital divide, aumento della dispersione scolastica e differenze socio-economiche e delle famiglie.

“Dopo il decreto #IoRestoaCasa del 9 marzo scorso – spiega la professoressa Cella, che da anni si occupa della didattica dell’Italiano ad ogni livello d’istruzione - nel giro di pochissimi giorni l’intero sistema formativo italiano si è trovato, in assenza di alcuna direttiva ministeriale e in allegro ordine sparso, nella necessità di surrogare la didattica in presenza con qualsiasi mezzo”.

La situazione è stata più critica nelle scuole secondarie e primarie e, a macchia di leopardo, in alcune zone del Paese più che in altre.

“La didattica on line sincrona o asincrona – commenta Cella – può andare bene per gli adulti, mentre i bambini delle elementari ma anche delle medie sono invece troppo piccoli per essere autonomi e quindi hanno comunque bisogno di un adulto da casa che li aiuti: il rischio in questi casi è un approfondirsi delle differenze che già esistono (e che la scuola ha il compito di rimuovere) e un aumento della dispersione scolastica, con il paradosso che sebbene tutti alla fine siano promossi poi è come se avessero comunque perso un anno di scuola”.

Secondo i due autori dell'editoriale, la quasi totale mancanza di dati, sia a livello del MIUR che di uffici scolastici, rende al momento difficile una valutazione globale della situazione.

Tra i pochi dati disponibili, come sottolineano Cella e Viale, ci sono quelli forniti dall’ISTAT sugli spazi in casa e la disponibilità di computer per bambini e ragazzi rilevati nel 2018-2019. Ne risulta che il 12,3% dei ragazzi tra i sei e i diciassette anni (percentuale che sfiora il 20% nel Mezzogiorno) non dispone in casa di un computer o di un tablet. A questo va aggiunto che il 41,9% dei minori vive in condizioni di sovraffollamento abitativo, e dunque ha difficoltà a ricavarsi gli spazi adatti allo studio.

“Una buona percentuale di ragazzi e adolescenti – conclude Roberta Cella - è quindi tagliata fuori a priori dalla didattica a distanza, né la mancanza di strumentazione può, a tale scopo, essere colmata dalla diffusione capillare dei telefoni cellulari con funzioni smart”.