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Dottorandi e assegnisti, no all'accordo con Israele

Un gruppo di 25 ricercatori del Dipartimento di Scienze Politiche ha richiesto ufficialmente di non partecipare al bando del Ministero degli Esteri

Il Dipartimento di Scienze Politiche di Pisa

"Chiediamo all’Ateneo di non partecipare al bando del Ministero degli Esteri tra Italia e Israele". La richiesta, dopo la presa di posizione dell'Università di Torino e della Scuola Normale Superiore, arriva da un gruppo di 25 tra dottorandi e assegnisti di ricerca del Dipartimento di Scienze Politiche, che si 

Il tema resta quello della possibilità che i risultati delle ricerche e della collaborazione universitaria tra i due Paesi abbia uno sbocco diverso da quello civile. Il problema del cosiddetto dual use di tecnologie e scoperte, che potrebbero essere utilizzate anche in ambito militare.

"Date le numerose relazioni intrattenute dall’Ateneo con aziende produttrici di sistemi d’arma o di sicurezza, impiegati anche contro la popolazione palestinese e visti i rapporti di cooperazione con Università israeliane, crediamo sia necessario agire - hanno aggiunto in una lettera - anche a partire dai luoghi in cui lavoriamo, per tentare di fermare quello che a tutti gli effetti si sta configurando come un genocidio".

"Alla data del 3 Aprile, secondo i dati raccolti da Euro-Med Human Rights Monitors, sono stati uccisi circa 41mila palestinesi, ferite oltre 77mila persone, distrutti più di 300 tra ospedali, cliniche e ambulanze - hanno precisato - il World Food Program denuncia ormai da settimane il rischio di carestia causato dal blocco imposto ai convogli di aiuti umanitari".

Per questo, i 25 dottorandi e assegnisti del Dipartimento di Scienze Politiche si sono schierati contro al bando del Ministero. "Gli ambiti di cooperazione previsti dall’accordo riguardano lo sviluppo di tecnologie dual use, ovvero applicabili in ambito militare - hanno continuato - chiediamo, inoltre, all'Ateneo e al Dipartimento di Scienze Politiche l’immediata interruzione o l’impegno a non stipulare accordi con altre università o aziende in ambiti di cooperazione dual use,che possono contribuire ad arrecare danno ai civili coinvolti nel conflitto in Palestina o in qualsiasi altro scenario di guerra o oppressione".

"Non vogliamo che l’Università diventi uno spazio di legittimazione culturale della guerra, né che fornisca strumenti e conoscenze a servizio di chi investe nel settore bellico - hanno concluso - oggi più che mai è importante difendere l’indipendenza dell’Università e mantenere il mondo dell’accademia ben distinto da quello militare".