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La scienza a tempo e la precarietà che spegne i progetti

Alla Normale di Pisa una ricercatrice del CNR lavora a un chip low cost per il Parkinson, ma ha solo due mesi di proroga: scade a Febbraio 2026.

Un progetto da centinaia di migliaia di euro, un’idea che potrebbe cambiare la diagnosi precoce del Parkinson, e un contratto rinnovato all’ultimo per appena due mesi. Una storia tutta italiana, tutta pisana, nella culla dell'eccellenza, che spesso fa rima con precarietà.

Alla vigilia di Natale è arrivata la firma. Per Mariacristina Gagliardi, ricercatrice precaria del CNR, non è stato un regalo: più che altro l’ennesima parentesi. Il contratto scadrà a fine febbraio 2026. Due mesi, giusto il tempo di rimettere in moto la stessa ruota fatta di attese, chiamate, incastri, promesse che non diventano mai stabilità.

Gagliardi lavora alla Normale di Pisa su un progetto che, sulla carta, rappresenta esattamente ciò che si dice di voler difendere: ricerca applicata, utilità pubblica, innovazione. Con il suo gruppo ha seguito un percorso finanziato con cifre importanti, costruito su competenze che non si improvvisano. Al centro c’è un chip pensato per la diagnosi precoce del morbo di Parkinson: un sensore davvero a basso costo, pochi euro, facile da usare, senza bisogno di personale iper-specializzato. Basta un campione biologico minimo, perfino una lacrima. Un’idea che potrebbe rendere la prevenzione più accessibile e più rapida.

Il punto è che, mentre il progetto prova ad andare avanti, chi lo porta avanti resta in bilico. Nel laboratorio della Normale i numeri danno la misura della situazione: circa 120 ricercatori, con una quota di precari che arriva al 40%. Tra dicembre, gennaio e febbraio ci sono tanti precari che rischiano di non essere rinnovati. "Ho preso la patente col precariato, quest'anno ho festeggiato 19 anni di precariato, di contratti rinnovati", disse la stessa Gagliardi alla manifestazione dell'11 novembre a Montecitorio (video) chiedendo più fondi per contrastare il precariato negli enti pubblici di ricerca.

Fare scienza con la testa sul lavoro e la vita appesa alle scadenze. Si rimanda tutto, si riduce tutto, si ragiona a due mesi per volta, neanche una minima stabilità minima per non vivere con l’ansia di non sapere se si lavorerà ancora, e con quale certezza economica.

La ricerca italiana chiede risultati e intanto mette i suoi ricercatori in fila davanti a rinnovi cortissimi. Alla Normale, in queste settimane, la contraddizione è tutta lì: un progetto che prova ad anticipare una malattia, e un contratto che non riesce ad anticipare nemmeno il mese successivo.