Attualità

L'orto botanico e la minaccia del clima

Secondo uno studio dell'università di Pisa il 60 per cento degli alberi attualmente presenti potrebbe essere a rischio estinzione entro fine secolo

Leonardo Cocchi, Nóra Weiger, Marco D'Antraccoli e Lorenzo Peruzzi

Il cambiamento climatico potrebbe costituire una minaccia per il futuro dell'Orto botanico così come oggi lo conosciamo. La notizia arriva da uno studio dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista internazionale Sustainability e condotto da Marco D’Antraccoli, Nóra Weiger e Leonardo Cocchi dell’Orto Botanico in collaborazione con il direttore Lorenzo Peruzzi, professore del Dipartimento di Biologia.

L’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa, il più antico al mondo per fondazione, annovera tra le sue collezioni oltre 2.000 specie provenienti da ogni parte del mondo, incluse circa 200 specie di alberi, tra cui alcuni esemplari di carattere monumentale, come un albero dei ventagli (Ginkgo biloba) e una magnolia (Magnolia grandiflora) messa a dimora nel 1787.

"Secondo lo scenario più pessimistico - si legge in una nota dell'ateneo pisano- lo studio stima che entro la fine di questo secolo fino al 60% delle specie arboree coltivate si troverà al di fuori delle condizioni climatiche compatibili con la loro vita, sia per precipitazioni che temperature. Tra le specie più a rischio ci sono ad esempio l’alloro (Laurus nobilis), la noce del Caucaso (Pterocarya fraxinifolia), la palma del Cile (Jubaea chilensis) e la sequoia (Sequoia sempervirens)".

La noce del Caucaso

“Il nostro studio analizza alcuni scenari di cambiamento climatico possibili – spiega Marco D’Antraccoli, Curatore dell’Orto Botanico – confrontando poi le condizioni climatiche attese per il futuro con quelle tipiche delle specie che attualmente abbiamo in coltivazione”.

“Conoscere il grado di sensibilità ai cambiamenti climatici dei singoli esemplari – conclude il professor Peruzzi – permette di cartografare delle vere e proprie mappe di rischio climatico dell’intero Orto Botanico che permetteranno di iniziare a elaborare un piano a medio-lungo termine di sostituzione di specie, in modo da mitigare quello che verosimilmente sarà un significativo impatto sul patrimonio arboreo e sull’assetto del giardino”.