Attualità

Rientro a scuola e criticità, l'allarme del Dini

L'assemblea sindacale del liceo lancia l'allarme: "O si forzano le misure sulla sicurezza o gli studenti dovranno stare a scuola a rotazione"

L'assemblea sindacale del Liceo scientifico Ulisse Dini di Pisa, riunita il 15 luglio 2020 in modalità online ha scritto una lettera aperta indirizzata al Governo e al Parlamento, all’Usr Toscana, al Comune di Pisa, alla Provincia, alla Regione e alla dirigente scolastica, che pubblichiamo di seguito:

"A settembre diventeranno critiche in Italia le questioni della scuola e dei trasporti. Così come nei mesi scorsi  - si legge nella lettera- abbiamo dovuto fare i conti, tragicamente, con gli effetti della distruzione della Sanità, ora ci troveremo a dover guardare in faccia le conseguenze degli enormi tagli all’istruzione e ai trasporti che sono in corso da oltre vent’anni. Non abbiamo bisogno di ripetere ancora una volta una cosa di per sé ovvia, e cioè che la scuola è presenza. Nei tanti documenti di singoli gruppi di docenti o di Collegi di scuole, anche storiche, è già con ampiezza e larghezza di motivazione chiarito che la didattica a distanza e quella mista sono simulacri della scuola, sono un misero palliativo che può essere attivato per breve tempo e in una situazione di assoluta emergenza. Cosa che è stata fatta nella primavera di quest’anno, con estrema difficoltà e poveri risultati didattici, se non quello di non interrompere un rapporto con adolescenti che in quella grave situazione avevano tanto più necessità di persone di riferimento e di un luogo, seppur virtuale, di discussione e di continuazione della vita” .

"La questione inaccettabile è che tale situazione di emergenza si prospetta ordinaria almeno per il prossimo anno - si legge ancora nel documento-. La politica sulla scuola degli ultimi due decenni sta rendendo impossibile la didattica in presenza, in mancanza di provvedimenti e risorse adeguate.

Le dimensioni della gran parte delle aule attualmente disponibili non sono tali da ospitare in sicurezza i 27 e più alunni da cui sono formate le classi. Le parole rassicuranti espresse dal Governo e dai rappresentanti di istituzioni locali non sono rispondenti al vero. La reale situazione della scuola è ben diversa e noi non ci stiamo ad unirci al coro. Tanto più che mentre la Ministra dell’Istruzione e il Presidente del Consiglio declamavano contro le cosidette classi “pollaio”, le ammistrazioni scolastiche regionali e provinciali continuavano, come fanno da anni, ad usare la scure nel taglio delle classi. A titolo di esempio, ma per rendere comprensibile cosa diciamo e gli effetti di questi provvedimenti: nella nostra scuola – a metà giugno-  il dirigente dell’ufficio scolastico provinciale di Pisa ha “tagliato” una prima e due classi terze: a causa di ciò, gli studenti di 21 classi ( 10 prime e 11 terze) non potranno fare la scuola di cui hanno diritto. Infatti, delle due l’una: o si forzano le misure sulla sicurezza o gli studenti dovranno stare a scuola a rotazione. Chi risponderà dei loro diritti costituzionali violati? Le amministrazioni scolastiche hanno agito su indicazioni del Ministero? O hanno preso decisioni per proprio conto? Noi non ci stiamo. E non ci stiamo a dover decidere noi come Collegio docenti quali studenti debbono aver assicurato i loro diritto all’istruzione e quali no. Sentiamo il dovere morale e la responsabilità sociale di dire le cose come stanno, di continuare a denunciare e a lottare contro gli effetti disastrosi di decisioni politiche che hanno da anni impoverito l’istruzione, peggiorato la qualità della preparazione degli studenti e ostacolato il loro processo di crescita e formazione come cittadini. Altro che Educazione civica".

"Il Governo e il Parlamento  - si legge a conclusione della lettera- dovrebbero intervenire immediatamente riducendo il numero degli alunni per classe intanto per garantire la didattica a scuola in sicurezza e, in via strutturale, per adeguare la qualità dell’istruzione al progetto di società previsto dalla Costituzione italiana. Il coronavirus sta mettendo la nostra società di fronte a problemi che per anni ha rifiutato di vedere. La quantità e la qualità dei servizi pubblici sono la reale spia del livello di civiltà di una società".