Attualità

Tutte le anime, anche italiane, della Belle Epoque

Boldini, De Nittis e Zandomeneghi, in mostra a Palazzo Blu, narrano lo splendore e le crepe di un mondo alla vigilia di una stagione irripetibile.

"Dettaglio Nei campi intorno a Londra", Giuseppe De Nittis, 1875

Un' immersione sensoriale e culturale in una stagione storica tanto luminosa quanto fragile. L’itinerario in mostra a Palazzo Blu sulla Belle Epoque consente di attraversare i nomi più talentuosi della pittura italiana tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. "Artisti capaci di coniugare - ha spiegato il professor Romano Pesavento - la sperimentazione visiva delle eteree tecniche d’oltralpe, molti di loro infatti soggiornarono per lunghi periodi a Parigi, alla grazia civettuola e corposa dell’estetica nostrana". 

La mostra, secondo lo sguardo e le conoscenze di Pesavento, non si limita a restituire una cronaca mondana dell’epoca, ma suggerisce una riflessione più profonda sul concetto stesso di Belle Époque, spesso idealizzato come un tempo di frivolezza e leggerezza. "In realtà, dietro le sete, i guanti e i salotti eleganti, affiora una sottile inquietudine: l’intuizione di un mondo sull’orlo di un cambiamento irreversibile, che di lì a poco sarebbe stato travolto dalla Grande Guerra. Questa ambivalenza tra splendore e precarietà rende il percorso espositivo - ha aggiunto - ancora più affascinante". 

Così i visi deliziosamente maliardi delle belle signore dell’alta società di Boldini dardeggiano gli spettatori da dietro le nere ciglia socchiuse o dalle spalle scoperte: non semplici ritratti, ma icone di un femminile emancipato, consapevole del proprio potere seduttivo e simbolo di una nuova centralità sociale. L’arte diventa dichiarazione di status e stile di vita, oltre che piacere visivo. Con Giuseppe De Nittis la mondanità parigina si fa spettacolo e osservazione reciproca mentre Federico Zandomeneghi sposta invece l’asse narrativo verso una dimensione più intima e raccolta. 

"Bavardage", Federico Zandomenighi, 1895

"Qui la Belle Époque si sveste della sua opulenza per rivelare un’umanità semplice, fatta di gesti quotidiani e di una luce che accarezza le forme senza mai sovrastarle. Zandomeneghi restituisce una Belle Époque domestica, fatta di sussurri, di relazioni e di una delicatezza che sfiora l’intimità più autentica. Questa - ha concluso - non è solo una stagione irripetibile di splendore e creatività, ma una fragile parentesi di bellezza sospesa, destinata a infrangersi contro le ombre del Novecento: ed è forse proprio questa sua natura effimera a renderla ancora oggi così magnetica e profondamente umana".