Attualità

L'uso del telefono è contagioso come uno sbadiglio

Il fenomeno è stato rilevato per la prima volta in uno studio condotto dagli etologi dell’università di Pisa e pubblicato sulla rivista Human Nature

Il cosiddetto effetto camaleonte potrebbe essere tra le cause della dipendenza da smartphone.  Il fenomeno è stato rilevato per la prima volta in uno studio condotto dagli etologi dell’Università di Pisa.

Dalla ricerca, spiega una nota dell'ateneo pisano, è emerso che "La familiarità sembra avere un ruolo chiave nel favorire la risposta mimica nell'uso degli smartphone e, potenzialmente, nella dipendenza da questi dispositivi". 

Lo studio, pubblicato sulla rivista Human Nature, è stato condotto dalla professoressa Elisabetta Palagi assieme al professor Dimitri Giunchi e alle dottoresse Veronica Maglieri e Anna Zanoli.

Veronica Maglieri ed Elisabetta Palagi

“Durante la pandemia Covid-19 - spiega la professoressa Elisabetta Palagi - abbiamo condotto un primo esperimento per valutare gli effetti del lockdown sulla risposta mimica nell'uso degli smartphone. I risultati raccolti hanno confermato la presenza di tale fenomeno e dimostrato che le limitate interazioni sociali ‘dal vivo’ possono modificare, almeno nel breve termine, il modo in cui interagiamo con gli altri rendendoci più inclini ad impegnarci in interazioni sociali virtuali”.

“A distanza di un anno – prosegue Palagi – abbiamo fatto un nuovo esperimento i cui risultati sono stati, da un certo punto di vista, sorprendenti. Non solo, infatti, questo fenomeno non scompare nel tempo, come era invece lecito attendersi, ma sembra essere strettamente legato al ‘gradiente di familiarità’. Come avviene con la risata o lo sbadiglio, anche la risposta mimica nell’uso dello smartphone è più evidente quando si è insieme a persone che si conoscono”.

“Ad innescare quello che viene definito dalla scienza come effetto camaleonte, ossia l’imitazione inconscia dei comportamenti altrui, è la direzione dello sguardo di chi, in un gruppo, utilizza lo smartphone per primo”, spiega Veronica Maglieri, primo nome nel lavoro che ha messo in evidenza questo elemento di novità.

Per la prima volta tale meccanismo è stato rilevato in relazione agli oggetti manipolati da individui che interagiscono. "Lo studio  - conclude l'ateneo pisano- apre a una miglior comprensione del successo di questi dispositivi, portando all’attenzione dei ricercatori un fenomeno etologico che potrebbe essere alla base del possibile fenomeno di dipendenza da questi strumenti sociali”.