Cronaca

Valutare le funzioni mentali di chi è in stato vegetativo

Il progetto dell'Azienda ospedaliero universitaria pisana è uno di quelli finanziati dal ministero della Salute

Una diagnosi esatta e la relativa prognosi in pazienti con disturbi di coscienza come lo “stato vegetativo” e quello di “minima coscienza” è un compito difficile anche per i clinici più esperti.
Valutazioni retrospettive indicano infatti che, basandosi soltanto sull’osservazione clinica, si possa sbagliare diagnosi fino al 40per cento dei casi. Attualmente, definire lo stato di coscienza di un paziente o caratterizzarne eventuali funzioni mentali residue è quindi una vera sfida per le neuroscienze cliniche.
A questo interessante filone di ricerca è dedicato uno degli 11 progetti dell'Aoup e finanziati dal ministero della Salute nel bando di ricerca finalizzata e giovani ricercatori.

Sviluppo e validazione di nuove metodologie per la valutazione in vivo dei pattern di connettività funzionale nei disturbi di coscienza è il titolo dello studio e cercherà di sviluppare soluzioni innovative al problema della caratterizzazione clinica di questi pazienti. Lo studio sarà coordinato a livello nazionale dal Dott. Emiliano Ricciardi, ricercatore dell’Università di Pisa e medico dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, e vedrà la partecipazione dell’Università di Messina e dell’IRCCS Centro Neurolesi ‘Bonino Pulejo’ di Messina. La speranza dei ricercatori coinvolti è di riuscire a definire uno strumento multidisciplinare clinico che possa permettere di stabilire il livello di coscienza di un paziente neurologico e di poterne eventualmente valutare il grado di recupero funzionale.

Negli ultimi anni, l’utilizzo di metodologie non invasive per l’esplorazione metabolico-funzionale del cervello quali la risonanza magnetica funzionale, rappresenta infatti un mezzo promettente per valutare le funzioni mentali in pazienti con disturbi di coscienza. In particolare, attraverso algoritmi innovativi di analisi del segnale cerebrale, si spera di poter presto arrivare a misurare l’attività cerebrale spontanea di questi pazienti e ricavarne un indice di diagnosi e, soprattutto, di possibile recupero.