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Attualità mercoledì 23 giugno 2021 ore 18:40

Fipili, 100 chilometri vissuti pericolosamente

Una coda in Fipili
Una coda in Fipili

Storia di una strada super trafficata e costruita in 34 anni, tra stop e polemiche. Quasi giornalmente incidenti, code e automobilisti stressati



FIRENZE — In principio fu il tratto Montelupo-Empoli, era il 1970. Nasceva così il primo pezzo della Fipili, la strada di grande comunicazione che collega Firenze Pisa e Livorno e che è al centro delle cronache regionali per i frequenti incidenti (spesso anche mortali), i dissesti stradali e le infinite ore in coda vissute dai pendolari che la frequentano per andare al lavoro.

L'idea di una superstrada che colleghi Firenze con Pisa e Livorno e la sua progettazione risale agli anni sessanta. Cento chilometri che sono stati completati solo nel 2004 con il collegamento al porto di Livorno, 34 anni dopo l'inaugurazione del primo tratto.

La storia. 

Gran parte dei lavori furono realizzati in vista delle Notti magiche del Mondiale di Italia '90, ma andiamo con ordine: nel 1980 venne inaugurato il tratto tra Empoli e Ginestra Fiorentina, cinque anni dopo iniziarono i lavori per prolungare la superstrada verso Firenze. 

Nel 1986, in vista dei mondiali di calcio, partirono i cantieri per collegare anche Pisa e Livorno, ma nel 1990, dopo discussioni, interruzioni e polemiche solo il tratto Firenze-Pisa era stato completato. Per collegare anche Livorno si dovette attendere ancora qualche anno, 1995, e per il completamento fino al porto livornese si arrivò fino al 2004.

Insomma un percorso di costruzione lunghissimo, tortuoso e tutt'altro che a regola d'arte

Per fare qualche esempio l'Autosole Milano Napoli, 760 chilometri di asfalto, fu inaugurata nel 1964, dopo 8 anni di lavoro. La A14, l'autostrada Adriatica, 734 chilometri, fu aperta in vari step tra il 1966 e il 1973. I lavori erano iniziati nel 1961.

La Fipili oltre ai problemi storici di costruzione, tra cantieri a rilento e stop di anni, è anche sottodimensionata: mancano le corsie di emergenza e in molti tratti il traffico è tale che sarebbe necessaria una terza corsia, il vero grande obiettivo-chimera di questi anni.

Negli ultimi anni. 

Chi vive la Fipili quotidianamente sa che è una strada-inferno: si può trovare un incidente e code di chilometri, oppure tratti chiusi o ancora, se siamo nel weekend, file interminabili al mattino verso il mare e alla sera verso Firenze.

Due anni fa sono stati fatti lavori di manutenzione che hanno rallentato l'arteria nel tratto da Montelupo a Ginestra: sette mesi ad andamento lento.

Nell'inverno appena passato è emerso un altro problema, una frana nella zona di Ginestra, con un tratto al momento chiuso e la strada che si stringe ad una sola corsia creando file praticamente ad ogni ora del giorno.

La Fipili non è solo una strada, la più trafficata della Toscana, è anche una narrazione e una metafora di quel che non funziona. C'è chi ci ha scritto una canzone (video in fondo all'articolo) e chi ha provato a limitare i disagi dei pendolari grazie a gruppi WhatsApp e Facebook, il nome scelto per questi gruppi non è casuale: i dannati della Fipili.

Un altro colpo a questo pugile suonato l'ha inferto il traffico dei tir: i mezzi pesanti, per non pagare il pedaggio della Firenze Mare (A11), passano dalla Fipili aumentando il traffico e i pericoli.

Nel frattempo gli automobilisti pensano ad una class action per chiedere i danni per i tanti disagi subiti. Nel secondo weekend di questo Giugno 4 incidenti in due giorni hanno messo ko il traffico sull'arteria, pochi giorni fa una voragine si è aperta nella strada.

Obiettivo terza corsia. 

Il presidente della Toscana Eugenio Giani ha lanciato la proposta di una società regionale per gestire la Fipili, al posto dell'attuale gestore, cioè la Città metropolitana di Firenze. Gli impegni economici per sistemare questa strada sarebbero imponenti, la costruzione della terza corsia potrebbe costare oltre un miliardo di euro. L'idea di istituire il pedaggio è mal vista dai sindaci e dai cittadini. Le istituzioni sperano che nel Recovery fund si possano trovare i fondi per una messa in sicurezza definitiva.


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