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Attualità lunedì 05 gennaio 2015 ore 07:00

Valderesi all'estero - Terzo capitolo: Berlino

Mara Martinoli, 31 anni
Mara Martinoli, 31 anni

Qui News Valdera ha intervistato quattro giovani che vivono lontano dall'Italia. Chi per inseguire un sogno e chi per avere uno stipendio normale



CHIANNI — Se ne vanno per viaggiare, per diventare adulti, per coltivare i propri sogni ma ma molto spesso anche solo per avere uno stipendio normale e poter pagare un affitto. Gabriele, Andrea, Olimpia e Mara sono emigrati dall'Italia e sono andati rispettivamente a Sidney, Amsterdam, Londra e Berlino.

Tutti e quattro hanno vissuto in Valdera, Gabriele, 26 anni, è nato a Fabbrica di Peccioli, Andrea e Olimpia entrambi di 25 anni sono di Pontedera, Mara, 31 anni è nata a Pontedera ("sono l'ultima nata di Pontedera del 1982, dopo di me il personale ospedaliero è andato in massa a prendere lo spumante") ma poi ha vissuto a Chianni, Milano, Bologna, prima di vivere e lavorare sotto la torre pendente.

Qui News Valdera li ha intervistati e loro hanno raccontato le loro vite in Australia, Paesi Bassi, Inghilterra e Germania.

Quattro storie che verranno raccontate singolarmente, oggi siamo a Berlino a inseguire un sogno chiamato cinema. Ma non si parla di attori, registi o scenografi. Mara, 31 anni, quando era in Italia ha provato varie strade per organizzare eventi, gestire cinema e far conoscere le migliori pellicole della storia. Adesso ci prova a Berlino.

Perché sei andata via dall'Italia? “Molti elementi mi hanno spinto verso questa scelta: da una parte, avevo voglia di scoprire una nuova realtà, un nuovo modo di vivere, una nuova cultura. Sono una che, per natura, raramente si ferma in unico luogo – soprattutto quando le cose, in quel luogo, non vanno in maniera così brillante. Era da un po’ di tempo che pensavo di andarmene, ma in qualche modo riponevo ancora un po’ di fiducia nella mia terra natia: non tanto per guadagnare, quanto per fare quello che mi piace. In Italia, non solo in Toscana, mi sono messa in gioco in mille situazioni diverse: sia, semplicemente, per sbarcare il lunario, sia per coltivare il mio interesse principale, ovvero l’organizzazione di eventi legati al cinema. Riguardo al cinema: è da dieci anni che faccio la volontaria nei festival e nelle associazioni: tutte belle esperienze, ma una volta concluse non ci sono molte opportunità di crescere: insomma è un po’ un continuo 'grazie e arrivederci'. Dove sono adesso mi sembra diverso: certo, anche qui è difficile entrare nell’ambiente, però c’è un’attenzione maggiore all’esperienza e alle capacità del singolo. Ti fanno i colloqui, parlano con te, ti mettono alla prova e, se dimostri di saperci fare, hai più possibilità di inserirti e di imparare nuove cose. Ripeto: non è facile – in più, Berlino è cambiata molto negli ultimi anni – ma, di sicuro, c’è qualche soddisfazione in più rispetto all’Italia”.

Che lavoro fai? “Sono qui da quasi cinque mesi e sto iniziando a imparare il tedesco, quindi alcuni lavori mi sono ancora preclusi fino a che non lo imparo un po’ meglio. Ad ogni modo, dopo alcuni colloqui in festival di cinema abbastanza importanti (e qualche sana batosta), ora sto scrivendo il mio progetto di festival cinematografico, in collaborazione con un’agenzia di eventi che ha sede qui a Berlino. Nel frattempo, cerco qualche qualche lavoretto per arrotondare”.

Perché consiglieresti quest'esperienza? “Io credo che ognuno, nella propria vita, debba fare un’esperienza di lavoro o studio all’estero. Ovviamente chi se lo può permettere economicamente, anche se non ci vogliono sempre così tanti soldi da parte come uno crede: dipende in quale paese vai e da come ti muovi (la Germania è notoriamente abbastanza economica, per essere in Europa).

Per il resto, andare a vivere da un’altra parte con un biglietto di sola andata ti insegna molte cose, nel bene e nel male: è molto importante per la propria crescita personale ed è per questo che lo consiglio, al di là dei risultati concreti ottenuti sul campo (una maggiore stabilità economica, un lavoro che non finisce dopo un mese, ecc.), che sono sicuramente importanti ma non sono il punto principale, secondo me. Aggiungo: gestire il proprio quotidiano con una nuova lingua non è per niente semplice, soprattutto se te la devi imparare da zero, però è una bella sfida con se stessi ed è la chiave per avvicinarsi di più alla cultura che ti accoglie. Io lo trovo affascinante! Se poi le lingue sono più d’una (io, per esempio, ho dovuto fare anche colloqui in russo, una lingua che studiai tempo fa), beh allora è ancora meglio – o ancora peggio, a seconda dei punti di vista ovviamente.

Quanto pensi di vivere fuori dall'italia? Per sempre? “Non ne ho la più pallida idea! Per come stanno le cose adesso mi verrebbe da dire: per sempre! Ma chissà, magari tra un anno cambio idea.”

Vivi da sola? “No, vivo con il mio ragazzo: siamo partiti insieme per questa avventura. Anche lui si sta mettendo in gioco, e non poco”.

Ci racconti un aneddoto sull'ambientamento? “Più stai qui e più ti rendi conto che non è vero che i tedeschi sono sempre così organizzati come vogliono far credere agli italiani o al resto del mondo. Né sono sempre così precisi o puntigliosi: cioè sì, ma solo su certe cose – e non tutte hanno un senso. A me questa cosa, dopotutto, rincuora. Come esempio, prendo l’ottenimento della Rote Karte, una sorta di Haccp italiano che ti permette di lavorare nella ristorazione. Io lo feci come carta in più da giocare: e già mi immaginavo che fosse necessario fare un corso o, almeno, un esame o qualcosa di simile. Invece ti rechi nell’ufficio apposito (meglio se con qualcuno che sappia il tedesco) e ti sorbisci un video di mezz’ora in cui ti dicono che: 1 – non devi starnutire sul cibo mentre lo prepari 2 – se non stai tanto bene di salute è meglio che non vai a lavorare 3 – non toccare qualsiasi cosa ti capiti sotto mano prima di maneggiare prodotti alimentari. Finito il video, hai l’attestato che ti permette di lavorare nella ristorazione. Ora.... e tutto il resto? Tutto il resto nulla. Insomma: su certe cose sono inaspettatamente meno fiscali rispetto all’Italia, in cui per aprire un’attività e stare a tutte le regole devi annegare in un mare di documenti e formalità. Ci sono anche qui delle falle, evidentemente, però alla fin fine qui le cose non vanno male”.

Cosa ti manca della Valdera, di Pisa e dell'Italia? “Negli ultimi due anni ho vissuto a Pisa, ma – vi dirò – non mi manca neanche quella, soprattutto dopo la mia ultima avventura lavorativa, di gestione di un bar-ristorante, non finita esattamente come speravo. E va bene, lo dico: l’Italia non mi manca, almeno per adesso. Mi mancano i miei genitori e pochi amici e amiche (pochi ma buoni), anche se poi molti di loro vivono all’estero come me. E’ importante, per me, tenere i fili delle relazioni che contano: il resto, intorno, può cambiare”.

La tua settimana tipo? “Ogni settimana è molto diversa l’una dall’altra: sarà che sono qui da non molto (da giugno, ndr), quindi un minimo di stabilità è ancora da costruire. Però qualche appuntamento fisso c’è: per esempio la scuola di tedesco dal lunedì al venerdì: tre ore e mezza al giorno, piuttosto impegnativa ma necessaria. Prima o dopo il corso (ma non tutti i giorni: ammettiamolo) scrivo per quel mio progetto di cui ti ho parlato (in inglese): ogni tanto mi incontro con la referente che mi segue e facciamo il punto della situazione. Il resto del tempo lo impiego ad esplorare la città, a cercare di costruirmi una rete di amicizie e conoscenze anche quaggiù, a cercare una casa in cui vivere più stabilmente, a cercarmi altri modi di raggranellare due spiccioli con le lingue che ora so, ad andare al cinema e ai mille eventi che questa città offre”.

A proposito di case, so che la ricerca non è facile a Berlino... “Beh, sono nella mia quinta casa in sei mesi, e questo la dice lunga su quanto sia facile trovare una casa fissa a Berlino. Qualche anno fa era un gioco da ragazzi e, ora che se ne sono accorti, i berlinesi hanno pensato bene di rendere la cosa molto piu complessa iniziando a chiedere buste paga, garanzie varie, ecc. In realtà io ho avuto anche a che fare con gente che voleva anche guadarmi il conto in banca nel dettaglio (in barba alla privacy) o che mi chiedeva se avevo mai incendiato un appartamento (ti danno un questionario da compilare: se metti la croce su 'no' li hai convinti che non sei un piromane). Di base, se non hai un lavoro con una busta paga decente (cioè almeno mille euro al mese, ma è il minimo) devi accontentarti di un subaffitto - e, di conseguenza, di cambiare casa ogni 3-6 mesi, se ti va bene”

Chi vuoi salutare? “Ciao genitori miei che mi sostenete psicologicamente sempre e comunque nonostante io sia, essenzialmente, una trentunenne allo sbaraglio. Ah e ciao, Wanda, il mio cane”.   

René Pierotti
© Riproduzione riservata


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