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Cultura sabato 25 novembre 2017 ore 11:45
I dialoghi materici in mostra a Pietrasanta
I dialoghi materici di Marcela Bracalenti e Isabella Scotti: l’apollineo e il dionisiaco in contrappunto. Dal 2 dicembre a Pietrasanta
PIETRASANTA — Il dialogo è un confronto, una conversazione, uno scambio tra due o più persone. Ed il dialogo è tanto più intenso e profondo quanto più gli interlocutori sono diversi ma aperti alla comunicazione e all’ascolto. E “dialogo”, inteso in questo senso forte, è la parola più adatta per chiamare l’incontro armonioso in questa galleria di due artiste dalla fisionomia ben diversa: Marcela Magdalena Bracalenti ( artista argentina e pisana di adozione ) ed Isabella Scotti, scultrice lucchese.
Come ben descritto dalla professoressa dell'università di Pisa Chiara Savettieri, che presenterà la mostra "La parola materia spesso non suona come qualcosa di positivo, perché una tradizione plurisecolare risalente a Platone la contrappone alla forma e allo spirito. Ma la materia di per sé, come scriveva Henri Focillon nel lontano 1934, ha in sé una vocazione formale, cioè una forma e una bellezza insita che l’artista coglie e sviluppa maneggiandola: materie lucide, opache, preziose, umili, colorate e non, ruvide e lisce, malleabili o dure. E le materie, la loro manipolazione, la loro straordinaria potenza espressiva, sono al centro della ricerca pur molto diversa delle due artiste. Tra le opere di Marcela e quelle di Isabella si viene a creare una sorta di contrappunto visivo: le une completano le altre, le une si valorizzano nel confronto con le altre, le une illuminano le altre.
Isabella fa delle sculture: dei busti di donne dai colli allungati che ricordano Modigliani e che conferiscono a queste silenziose creature un’aria elegante, ma mai altezzosa. Isabella lavora per superfici lisce con pochi aggetti ed usa un unico materiale ed un solo colore per statua. Il suo segno è netto, sicuro, incisivo, mai spigoloso, mai urtante. Il suo linguaggio è quello della sobrietà, del nulla di troppo; le sue creature, pur ciascuna caratterizzata e diversa dalle altre, sembrano appartenere alla stessa famiglia di donne fatte di temperamento e dolcezza, di sapienza e di forza. La femminilità in tutte le sue sfumature affiora con grande delicatezza.
Marcela invece fa un lavoro diverso, se non opposto: la sua opera è multimaterica, è un ribollire di colori, di luci e di forme; si pone in una zona ambigua tra la pittura e la scultura. In effetti, le produzioni di Marcela si appendono al muro come dei quadri, ma di fatto fungono un po’ come basso o altorilievi: l’artista in effetti parte sempre da un supporto che poi nega: bucandolo, spaccandolo e aggiungendo i materiali più diversi.
Per lei potremmo usare l’espressione di Eugène Delacroix secondo cui un dipinto deve essere una “festa per gli occhi”. Alla limpida ed apollinea serenità di Isabella si contrappone l’eruzione dionisiaca di materiali che Marcela, con la sua mano sapiente, sublima creando un effetto straordinario che miscela drammaticità e preziosità,tensione e bellezza. Marcela non si limita a lavorare i materiali e a farli interagire sul supporto, ma li fa “agire”: il supporto diventa quindi come un teatro nel quale avviene una rappresentazione drammatica. Ma, aristotelicamente, se c’è teatro c’è anche catarsi, perché lo scontro di forze è trasceso da una bellezza superiore e luminosa. È come se Marcela si impegnasse a far sgorgare l’energia e la luce insite nella materia.
Ecco dunque due diverse fisionomie artistiche che dialogano in contrappunto per valorizzarsi reciprocamente. La bellezza calma e siderale delle statue di Isabella fa risaltare il raffinato magma materico di Marcela e le sfavillanti “azioni” di colori, di forme e di forze di Marcela fanno spiccare la nobile e sobria eleganza delle creature di Isabella. Apollineo e dionisiaco, classico e barocco colloquiano in un effetto di superiore armonia femminile. Perché quello che le due artiste rivelano sono anche le due facce della femminilità: quella fatta di dolcezza e di grazia e quella fatta di angosce sussurrate, di profondi sommovimenti emotivi, di viscerale approccio alla vita.
La mostra si configura dunque come un’affascinante indagine sui misteri della femminilità, sulle contraddizioni e sulla bellezza dell’essere donna. Una mostra “musicale” giocata sul contrappunto, che va gustata lasciandosi trasportare dal flusso di associazioni che suscita per contrasti o per analogie, ed instaurando noi stessi, spettatori, un dialogo con queste opere che ci parlano con il linguaggio muto della poesia visiva".
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