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Attualità martedì 28 dicembre 2021 ore 12:50
Un intervento chirurgico unico al mondo
Un'equipe medica pisana ha eseguito in una giovane paziente un delicato intervento chirurgico descritto per la prima volta nel 2012
PISA — Una equipe medica pisana ha eseguito per la prima volta al mondo un delicato intervento chirurgico al fegato. Una innovativa tecnica che ha previsto due operazioni a distanza di otto giorni l'una dall'altra e che dopo due settimane di degenza ha permesso alla giovane paziente, residente fuori regione, di festeggiare il Natale a casa con la sua famiglia.
"Una normalità raggiunta dopo una storia chirurgica estremamente complessa - spiega l'Aoup in una nota- passata anche attraverso un’impegnativa quarantena Covid".
La tecnica utilizzata in questo caso dal Gruppo multidisciplinare della Chirurgia epatica del risparmio d’organo, si chiama epatectomia con tecnica Alpps, descritta per la prima volta nel 2012 ma, sottolinea l'Aoup, mai applicata prima per trattare una ripresa di malattia dopo aver già rimosso venti metastasi distribuite a tutto il fegato.
"Un intervento molto rischioso - spiega l'Aoup- ma l’unico in grado di assicurare la maggiore crescita possibile del volume del fegato residuo. Si tratta di una chirurgia che prevede due interventi a distanza di otto giorni l’uno dall’altro. Nel primo intervento si divide il fegato in due parti, nel secondo si rimuove la parte con la malattia rimasta in sede per “aiutare” la parte sana a rigenerare e crescere".
"A Ottobre - prosegue l'Azienda ospedaliero universitaria pisana- il dottor Lucio Urbani ha eseguito il primo tempo chirurgico durante il quale il fegato è stato diviso in due parti e contemporaneamente sono state ricostruite la vena porta e la via biliare. Otto giorni dopo, il secondo tempo per rimuovere la parte di fegato malata e lasciare la piccola parte di fegato sano, che è cresciuta fino a un volume compatibile con la vita".
"La degenza complessiva - sottolinea l'Azienda ospedaliero universitaria pisana- è stata di sole due settimane. Ma proprio tra i due tempi chirurgici, la giovane paziente ha dovuto affrontare la quarantena Covid, perché si era positivizzata la vicina di letto, nella stanza di degenza. La gestione del secondo tempo chirurgico durante la quarantena è diventata una criticità sia organizzativa che clinica, essendosi sommate le incognite legate alla procedura chirurgica con quelle di una eventuale infezione Covid. Con ogni probabilità, se a settembre la paziente non avesse ricevuto la terza dose di vaccino, la sua storia chirurgica si sarebbe complicata. Invece ha potuto completare il secondo tempo chirurgico nei tempi previsti e terminare la quarantena a casa, senza mai positivizzarsi".
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