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Attualità venerdì 24 dicembre 2021 ore 10:30

Un nuovo studio sulla Sla, c'è anche l'Unipi

La dottoressa Elisabetta Ferraro

Un farmaco già in uso per altre patologie rallenta la neurodegenerazione. Tra gli enti di ricerca anche l'ateneo pisano con la dottoressa Ferraro



PISA — Uno studio italiano, al quale ha partecipato anche l'università di Pisa, ha individuato un nuovo potenziale approccio terapeutico per la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), evidenziando l’efficacia di un farmaco nel rallentare la progressione della neurodegenerazione e nell’aumentare la sopravvivenza dei modelli murini.

La Sla è una malattia neurodegenerativa grave dell’età adulta, progressivamente invalidante, dovuta alla compromissione dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. Una parte rilevante dei pazienti affetti da Sla mostra un dispendio energetico aumentato, ovvero una condizione in cui viene utilizzata più energia di quella necessaria. Questa alterazione, detta ipermetabolismo, insieme ad una diminuzione dell’indice di massa corporea è in genere correlata con una prognosi peggiore della malattia.

Il gruppo di ricerca, coordinato da Alberto Ferri e Cristiana Valle della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma e dell’Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche, ha dimostrato che i meccanismi molecolari alla base delle disfunzioni metaboliche correlate con la Sla possono essere normalizzati da un farmaco già in uso per altre patologie, la Trimetazidina, suggerendo che questo approccio possa contribuire a rallentare il decorso della malattia.


Questo importante risultato è frutto di uno studio preclinico finanziato da Fondazione AriSLA che ha coinvolto diversi centri nazionali e internazionali, tra cui appunto l'università di Pisa con il lavoro di Elisabetta Ferraro, ricercatrice del Dipartimento di Biologia. Già da anni la dottoressa Ferraro studia il potenziale ruolo protettivo della Trimetazidina sul muscolo scheletrico, e con Ferri e Valle è nato questo studio, pubblicato anche sulla rivista British Journal of Pharmacology.

Il gruppo di Elisabetta Ferraro si è occupato di analizzare alcuni aspetti del metabolismo e dell’atrofia muscolare, nonché gli aspetti molecolari relativi alla giunzione neuromuscolare in seguito alla somministrazione di Trimetazidina. “Vedere potenzialmente applicabili anni di studio sulla possibile efficacia di questo farmaco anti-anginoso anche alle patologie muscolari e, in particolare alla Sla, dà senso al nostro lavoro, alla nostra perseveranza e a tutti le difficoltà incontrate - ha commentato la dottoressa Ferraro - la nostra profonda speranza e ciò che guida le nostre azioni è che lo stesso effetto benefico osservato in preclinica si esplichi anche sui pazienti”.

“Il nostro laboratorio si occupa da anni della comprensione dei meccanismi molecolari che sono alla base delle disfunzioni metaboliche precoci nella Sla - ha spiegato Ferri - l’obiettivo che ci siamo posti è identificare nuovi potenziali approcci terapeutici promuovendo sia lo sviluppo di nuovi farmaci che l’utilizzo di farmaci già approvati. L’utilizzo di questo farmaco ha permesso di normalizzare la spesa energetica in un modello preclinico, migliorando le performance motorie e prolungando in modo significativo la sopravvivenza degli animali". 

“Siamo molto felici di aver sostenuto questo studio preclinico, che ha prodotto risultati così importanti su aspetti rilevanti nell’identificare sul modello animale potenziali bersagli terapeutici e consentire l’avvio di uno studio clinico nello stesso ambito di ricerca - ha aggiunto il presidente di Fondazione AriSLA, Mario Melazzini - siamo consapevoli dell’urgente bisogno di terapia per le persone che combattono contro la malattia, ma è necessario rispettare i tempi della ricerca, affinché si valuti la sicurezza e l’efficacia di ogni nuovo approccio terapeutico”.


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