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domenica 05 aprile 2020 ore 14:00

Covid-19, privacy, social e libertà vigilata

Se "lo stato siamo noi" che timore abbiamo di "controllare noi stessi". Riprendiamoci invece i nostri dati ceduti gratuitamente a social e mercato



FIRENZE — Il Garante per la protezione dei dati personali sta ricevendo segnalazioni e reclami con i quali viene lamentata, da parte dei famigliari, la diffusione sui social e sugli organi di stampa, anche on line, di dati personali eccessivi (nome, cognome, indirizzo di casa, dettagli clinici) riguardanti persone risultate positive al Covid 19.

Il Garante ritiene pertanto doveroso richiamare l’attenzione di tutti gli operatori dell’informazione al rispetto del requisito dell’"essenzialità" delle notizie che vengono fornite, astenendosi dal riportare i dati personali dei malati che non rivestono ruoli pubblici, per questi ultimi nella misura in cui la conoscenza della positività assuma rilievo in ragione del ruolo svolto. In ogni caso devono essere evitati riferimenti particolareggiati alla situazione clinica delle persone affette dalla malattia come prescrive l’art. 10 delle Regole deontologiche citate.

Tali cautele noi di QUInews-ToscanaMedia le adottiamo da sempre e voi che ci leggete lo constatate ogni giorno.

L’obbligo di rispettare la dignità e la riservatezza dei malati - precisa il Garante - vige anche per gli utenti dei social, a cominciare da alcuni amministratori locali, che spesso diffondono dati personali di persone decedute o contagiate senza valutarne interamente le conseguenze per gli interessati e per i loro famigliari.

Un obbligo però non rispettato soprattutto oggi ai tempi del coronavirus, perchè troppi hanno un proprio singolare, egoistico concetto di libertà e di democrazia.

Piero Calamandrei, nel dopoguerra del secolo scorso, ne “Lo Stato siamo noi” scriveva “Che cosa vuol dire libertà, che cosa vuol dire democrazia? Vuol dire prima di tutto fiducia del popolo nelle sue leggi: che il popolo senta le leggi dello Stato come le sue leggi, come scaturite dalla sua coscienza, non come imposte dall’alto.”

Ed allora dimostriamo veramente che lo Stato siamo tutti noi. Fidiamoci quindi di noi stessi dando piena fiducia alla scienza, sentendo le regole dello Stato come le nostre regole. Diamo allora allo Stato piena disponibilità ad utilizzare la tecnologia, senza se e senza ma. Autorizzare l’uso di app e sistemi per far tracciare i positivi non vuol dire entrare in regime di libertà vigilata. Non vuol dire non rispettare il “codice della privacy" violato ogni giorno dalle società telemarketing che ci fanno squillare il telefono in ogni momento.

Autorizzare lo Stato, come abbiamo autorizzato gratuitamente Facebook, Google e Amazon a monitorare ogni secondo i nostri comportamenti, vuol dire autorizzare l’impiego di un arma in più per cercare di vincere una guerra epocale contro un nemico invisibile. Vuol dire aiutare lo Stato, vuol dire aiutare noi stessi perchè “Lo Stato siamo noi”

Marco Migli - Direttore QUInews

© Riproduzione riservata


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