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Cronaca lunedì 19 aprile 2021 ore 07:05

Anticorpi monoclonali, 7 ospedalizzati su 45

Il professor Francesco Menichetti

In alcuni casi le varianti Covid resistono. Al professor Menichetti, direttore di Malattie infettive a Cisanello, abbiamo chiesto la situazione



PISA — Nella lotta al Covid-19 gli anticorpi monoclonali sono utilizzati in pochi casi e in fase precoce della malattia, come disposto da Aifa. All'ospedale di Cisanello, dell'Azienda ospedaliero universitaria pisana (Aoup), è il professor Francesco Menichetti che segue i trattamenti e le sperimentazioni in qualità di  direttore dell'Unità operativa di Malattie infettive. Interpellato a riguardo, ci dice che su 45 persone trattate in 38 casi si è andati verso la guarigione mentre nei restanti 7 è stata necessaria l'ospedalizzazione. In tutti e sette i casi, ha specificato Menichetti, si aveva a che fare con le temute varianti: per tre pazienti con la variante inglese, per gli altri quattro con la variante brasiliana.

Al momento a Cisanello sono effettuati trattamenti con i monoclonali di Eli-Lilly e Regeneron-Roche, si sperimentano quelli di Astrazeneca e si è in attesa del farmaco italiano sviluppato dal professor Rino Rappuoli alla GlaxoSmithKline (GSK) Vaccines di Siena. Di seguito la situazione nel dettaglio spiegata dal professor Menchetti, cui abbiamo chiesto anche informazioni sugli antivirali in uso e sul plasma iperimmune.

Buongiorno professore, quante persone avete trattato con gli anticorpi monoclonali contro il Covid-19?

"Noi stiamo portando avanti principalmente la somministrazione degli anticorpi monoclonali che sono stati approvati da Aifa e abbiamo già trattato 45 pazienti. Questa non è un'attività di sperimentazione, è una terapia per quei soggetti che sono risultati infetti da pochi giorni e che presentano pochi sintomi iniziali, terapia preventiva per cercare di bloccare l'infezione negli stati iniziali e non farla evolvere verso una malattia che poi chiede l'ospedalizzazione".

Quali risultati avete ottenuto?

"Questi 45 soggetti prevalentemente sono stati trattati con il cocktail monoclonale di Eli-Lilly e abbiamo avuto 7 ospedalizzazioni. Insomma, un numero discreto di ospedalizzazioni. E' importante sottolineare che tre di queste ospedalizzazioni sono capitate in soggetti che avevano la variante inglese - quasi tutti, ormai, hanno la variante inglese - e quattro nei soggetti che avevano invece la variante brasiliana".

Cosa ci dice questo dato?

"Il dato è importante perché ci dice che questo tipo di anticorpo, quello di Eli-Lilly, se funziona discretamente nei confronti della variante inglese pare funzionare poco o nulla nei confronti della variante brasiliana. Quindi abbiamo sostituito questo cocktail con l'altro disponibile, sempre approvato da Aifa, quello di Regeneron-Roche (quello che fu utilizzato da Trump per intenderci). E adesso vediamo, perché pare che questo cocktail possa essere attivo contro le varianti".

Ma state sperimentando anche gli anticorpi monoclonali di Astrazeneca, giusto?

"Sì, stiamo conducendo anche una sperimentazione col cocktail di Astrazeneca. Mentre gli anticorpi approvati da Aifa vengono somministrati a dei soggetti selezionati su criteri che sono stati ben definiti dalla stessa Aifa - criteri di alto rischio di sviluppo di un Covid grave, quindi dovono essere grandi obesi, diabetici scompensati, devono essere in emodialisi oppure devono avere una immunodeficienza primitiva o secondaria -, la sperimentazione dei monoclonali di Astrazeneca prevede invece un gruppo di controllo. Per spiegare: uno capita con l'anticorpo ed uno capita con la soluzione fisiologica, ovvero acqua, placebo. Questi sono anticorpi di seconda generazione che in teoria sono attivi anche contro le varianti ma hanno bisogno di raccogliere evidenze cliniche e della loro efficacia".

Quanti pazienti sono entrati al momento nella sperimentazione dei monoclonali di Astrazeneca? Avete già dei risultati?

"Sono 25 al momento, ma si tratta di un esperimento in doppio cieco: circa la metà dovrebbe aver preso l'anticorpo e l'altra metà il placebo. Anche qualcuno di questi ha avuto necessità di ricovero, un paio fino a questo momento. E come per gli altri monoclonali anche per i trattamenti con Astrazeneca è stabilita una griglia di selezione dei pazienti che prevede la fase precoce della malattia, perché quella è la collocazione degli anticorpi monoclonali, sebbene qui i criteri sono un po' meno rigidi di quelli che Aifa ha stabilito per gli altri due. Inoltre, ora stiamo aspettando i monoclonali di Rappuoli".

I farmaci con anticorpi monoclonali, in pratica, a chi vengono somministrati?

"Gli anticorpi monoclonali non vengono somministrati a chi è ricoverato in ospedale, vengono somministrati a pazienti in ambulatorio, cioè a persone che arrivano da casa loro e che tornano a casa loro. Mentre per chi è in ospedale abbiamo utilizzato il plasma iperimmune e l'antivirale Remdesivir, che è ormai una terapia consolidata".

A proposito del plasma iperimmune, come è terminata la sperimentazione? Lo state ancora utilizzando?

"Viene utilizzato meno frequentemente, perché nella fase avanzata della malattia si è visto che serve a poco o a nulla. Al termine della sperimentazione l'Aifa ha diramato un comunicato: il plasma iperimmune non pare offrire benefici rispetto alla terapia standard. Pur tuttavia, in un sottogruppo di pazienti che hanno, all'inizio, una compromissione respiratoria non grave - cioè quelli che hanno una polmonite non già evoluta -, il plasma iperimmune pare dare qualche segnale di beneficio. Quindi luci ed ombre, comunque sia la sperimentazione è stata un grande successo dalla ricerca italiana e anche toscana".


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