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Politica venerdì 18 aprile 2025 ore 10:30

Rete Re.a.dy, Trapani, "Pisa rientri"

Dopo Castelfranco, torna al centro del dibattito il ritiro del Comune di Pisa dalla rete nazionale contro le discriminazioni.



PISA — È bastato che anche il Comune di Castelfranco di Sotto annunciasse l’uscita dalla rete RE.A.DY per far riaccendere il dibattito in provincia. La decisione, motivata dal sindaco Fabio Mini con un netto “non condividiamo i valori della rete”, è stata immediatamente paragonata, anche nei toni, alla scelta assunta nel 2018 dal sindaco di Pisa Michele Conti, che a pochi mesi dall’insediamento portò la città fuori dal coordinamento nazionale contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere.

A sollevare la questione è stato Matteo Trapani, consigliere comunale e dirigente del Partito Democratico, che in una nota parla di “scelte figlie di una visione ristretta e regressiva della società”. “Mini, come Conti allora – ha scritto Trapani – fa finta di vestire i panni del garante della neutralità istituzionale, come se una istituzione potesse essere indifferente rispetto ai diritti e alle politiche connesse. È una scelta politica, identitaria, che marginalizza chi è già spesso ai margini”.

Secondo Trapani, la Rete RE.A.DY non imporrebbe ideologie, ma fornirebbe piuttosto “strumenti, supporto e coordinamento a quei Comuni che vogliono costruire comunità più inclusive”. L’uscita, insiste, non è un gesto neutro: “significa voltare le spalle alle famiglie arcobaleno, ai giovani discriminati a scuola, alle persone che ogni giorno combattono contro lo stigma”.

Nel mirino anche l’atteggiamento del Comune di Pisa. “Sono passati sette anni dalla scelta di uscire dalla rete, è tempo di fare un passo indietro. Chiederò formalmente in Consiglio comunale che Pisa rientri in RE.A.DY, riaffermando i principi di uguaglianza e rispetto delle differenze”.

Il consigliere punta il dito contro quella che definisce “la menzogna della neutralità”. “Restare fuori da RE.A.DY – ha concluso – vuol dire essere complici dell’esclusione. E in Toscana non possiamo accettare che l’impegno contro le discriminazioni venga calpestato nel nome della propaganda o del quieto vivere”.


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