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Politica venerdì 26 giugno 2020 ore 10:27

Una strada per Craxi, Anpi contro il Comune

I portici di Cascina

Il consiglio comunale ha approvato una mozione presentata da Paola Viegi (gruppo misto), per intitolare una strada o una piazza a Bettino Craxi



CASCINA — Lunedì scorso il consiglio comunale a maggioranza di centrodestra ha approvato una mozione, presentata dalla consigliera Paola Viegi (gruppo misto), che invita la giunta ad individuare una strada o una piazza da intitolare a Bettino Craxi, colui che alla guida del Psi e anche come primo ministro fu un protagonista indiscusso della vita politica italiana di fine secolo scorso, colui che fu poi travolto da "Mani pulite" (e dal lancio degli spiccioli) e finì la sua vita in una sorta di "esilio" ad Hammamet.

Come già ad Aulla, dove il sindaco Barani riuscì addirittura ad erigere una statua a Bettino Craxi in marmo di Carrara, anche a Cascina non mancano le polemiche. Oltre alle minoranze, protesta l'associazione partigiani.

"Le strade, le piazze, le scuole si intitolano a chi merita la gratitudine dei posteri per l'eredità che lascia - scrive Bruno Possenti, presidente Anpi Pisa -. A chi può essere indicato come esempio alle generazioni future".

Possenti invita i consiglieri comunali a riflettere ricordando che "nel corso del tempo la comunità di Cascina ha espresso figure luminose. Figure di cui può andare orgogliosa". 

Cita in primo luogo Enrico Del Guasta, che "dopo l'8 settembre fu protagonista della Lotta di Liberazione al comando di un distaccamento della Brigata Garibaldi che operava nelle Marche" e che "dopo la Liberazione, come molti italiani, fu costretto ad emigrare in Belgio. A seguito del patto uomini-carbone, per anni lavorò nella miniera “Bois du Cazier”, vicino a Marcinelle. Perse la vita nella tragedia dell'8 agosto 1956. Il corpo fu recuperato dopo un mese e mezzo. Nel 2005, il Presidente della Repubblica gli conferì la medaglia d'oro al merito civile".

Altri esempi di "figure luminose" per il presidente Anpi sono Lando Neri e Celso Battaglia. Il primo dopo l'8 settembre scelse la lotta partigiana. Partecipò alla Liberazione di Torino. Nel dopoguerra, per oltre quarant'anni, lavorò alle dipendenze del Comune di Cascina. Da tutti fu apprezzato per competenza e rettitudine. Per decenni fu promotore e dirigente del movimento cooperativo.

Il secondo, superstite dell'eccidio nazifascista di Vinca, fu costretto ad emigrare in Francia in cerca di lavoro. Nel 1976 dovette rientrare in Italia per motivi di salute. Dedicò il resto dell'esistenza a far conoscere la tragedia di cui era stato testimone. Raccontò l'eccidio nel libro Vinca – la sua storia e il suo martirio.


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