Attualità venerdì 01 settembre 2017 ore 11:30
L'evoluzione è imprevedibile, lo dice in dna
Cosa succederebbe se potessimo riavvolgere il nastro dell’evoluzione? Lo rivela una ricerca internazionale che vede tra i partner l'ateneo pisano
PISA — Cosa succederebbe se potessimo riavvolgere e far ripartire il nastro dell’evoluzione? Le forme di vita primordiali si svilupperebbero comunque nello stesso modo? E la vita sulla terra, come noi la conosciamo, sarebbe la stessa? Per la prima volta una ricerca internazionale a cui hanno partecipato i biologi dell’Università di Pisa descrive un processo evolutivo che sembra essersi ripetuto più volte indipendentemente in natura. Lo studio, condotto insieme ad un team internazionale, è stato pubblicato su “Nature Ecology and Evolution”, una nuova rivista del gruppo Nature.
“Il sistema da noi studiato è unico perché rappresenta quanto di più simile si possa osservare in natura alla ripetizione di un evento evolutivo – spiegano Claudia Vannini e Vittorio Boscaro del dipartimento di biologia dell’ateneo pisano.
I ricercatori hanno analizzato in parallelo l’evoluzione di uno specifico sistema simbiotico costituito da un protozoo (Euplotes) e da un batterio ospite (Polynucleobacter). Il meccanismo è tale che le due specie microbiche non sopravvivono se separate, eppure non beneficiano allo stesso modo dalla relazione: l’Euplotes “intrappola” e mantiene il batterio simbionte finché gli è utile, dopodiché lo rimpiazza con un nuovo “schiavo” il che rende la simbiosi un vicolo cieco evolutivo per il Polynucleobacter. I batteri a vita libera “catturati” dall’Euplotes sono estremamente simili tra loro, e si evolvono poi nelle stesse condizioni all’interno del protozoo.
“La sfida era di capire se gli eventi si succedevano sempre nello stesso modo a partire da presupposti straordinariamente simili – continua Vannini – La risposta che abbiamo trovato in questo sistema modello è “no”, ovvero tutti i simbionti degenerano, ma con modalità in gran parte casuali e seguendo traiettorie diverse”.
I biologi dell’ateneo pisano studiano da diversi anni le simbiosi microbiche e in particolare il sistema Polynucleobacter-Euplotesoggetto dello studio. La prima fase della ricerca si è svolta a Pisa nei laboratori del dipartimento di Biologia ed ha comportato il campionamento degli organismi, l’allestimento delle colture in laboratorio, l’identificazione dei microrganismi coinvolti e la messa a punto e l’esecuzione dell’estrazione del Dna dei batteri simbionti. La fase successiva di sequenziamento dei genomi e analisi dei dati è stata invece eseguita presso la University of British Columbia sia da ricercatori dell’Università di Pisa che degli istituti partner.
“L’unicità del Polynucleobacter, cioè l’esistenza di ceppi diventati simbionti più volte e con eventi indipendenti e confrontabili con ceppi affini a vita libera, lo rende un modello che permette di rispondere a domande evolutive che altrimenti non possono trovare risposta – conclude Claudia Vannini - in questo articolo abbiamo investigato solo una diatriba fra le tante, quella sui meccanismi evolutivi che portano alla degenerazione dei genomi nei simbionti, ma le potenzialità di ricerca sono moltissime”.
Se vuoi leggere le notizie principali della Toscana iscriviti alla Newsletter QUInews - ToscanaMedia. Arriva gratis tutti i giorni alle 20:00 direttamente nella tua casella di posta.
Basta cliccare QUI