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venerdì 25 aprile 2025

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​Pino Masi, una vita da poeta e cantastorie

di - mercoledì 16 aprile 2025 ore 08:00

Correva l’anno 2007 e in quell’anno Daniele Luti ed io stazionavamo spesso in piazza Dante indecisi se berci un Negroni o un Cocktail Martin, per ristorarci dalle fatiche provocateci dalla lettura dei numerosi manoscritti che aspiranti scrittori e scrittrici ci inviavano nella speranza di essere pubblicati su Incipit, la collana di narrativa da noi creata nel 2000 per la casa editrice ETS, la cui sede era, in quegli anni in piazza Carrara.

E spesso, anticipato dalla sua potente voce baritonale e da energiche schitarrate, faceva la sua comparsa Pino Masi, in versione busker, che sedeva con noi e ci parlava del progetto di pubblicare il suo canzoniere che raccoglieva quarant’ anni di canzoni.

Conoscevamo da tempo Pino Masi, anarchico, sognatore, cantastorie, voce di punta della canzone politica degli anni ’70, ma anche raffinato musicista e interprete di ballate blues, insomma una sorta di Woodrow Guthrie in salsa italiana e l’idea di pubblicare il suo canzoniere ci piacque e lo proponemmo alle editrici che ci risposero con un perentorio NIET.

Pino, allora, decise di farlo stampare in proprio dalla InfoCampano e, per evitare che il suo canzoniere fosse considerato alla stregua di un Samizdat, iniziò a venderlo per le strade e per le piazze non solo di Pisa, imitando in questo Dino Campana che si ristampò i Canti orfici a proprie spese, andando a venderlo per le strade di Firenze.

E così, oggi, per risarcire in parte Pino di quella mancata promessa, ma non fu colpa nostra, dedico a lui questo numero del mio blog, e, come direbbero al cinema, con la partecipazione straordinaria di Daniele Luti.

Sul canzoniere di Masi, riporto qui di seguito una recensione di Mario Bonanno (2011)

Questo libro non è fresco di stampa e nemmeno di facile reperibilità (i più volenterosi possono richiederlo scrivendo a info@campano.it). "Quarant’anni cantati. Canzoni e vita dell’ultimo cantastorie" (Il campano) non è un libro-merce, uno di quelli tirati a lucido - sovracopertina a colori, rilegato, argomento à la page - in bella mostra sugli scaffali outlet e/o catene mondadoriane. Questo libro è volutamente underground: scomodo, invisibile, diretto, militante, ostinato. Necessario, come il suo autore, che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Quel Pino Masi anarchico, sognatore, cantastorie, che le cronache più attente raccontano come voce di punta della canzone politica anni Settanta. Questo libro è un diario spurio dell’epoca più recente: il racconto di quarant’anni di storia italiana - di politica italiana, di lotte italiane, di trame italiane - e l’antologia dei testi delle canzoni che Masi non ha mai smesso di cantare. In Italia e nel mondo: dovunque ci fosse una motivo sociale, una guerra, una strage, un’ingiustizia, una ricorrenza, che meritasse una denuncia. Pino Masi non è tipo da peli sulla lingua. Non lo è mai stato e non lo è diventato. Il suo taglio è quello del testimone, coinvolto fino al collo. La nascita di Potere Operaio, Lotta continua, l’esplodere gioioso del Sessantotto, le battaglie artistiche e sociali del Settantotto, De Andrè, Guccini (ahi lui). Pagine inedite contro le verità ufficiali. E poi le zone d’ombra rischiarate, come quelle intorno all’omicidio Pasolini, come quelle dei giorni precedenti e immediatamente successivi l’assassinio di Mauro Rostagno, o - ancora - quelle della vicenda Pinelli-Calabresi. Le parole di Masi - tante, fitte, affastellate - sono pietre. Contro i poteri forti, i burattinai di ogni tipo e natura, l’America guerrafondaia, la tirannide subliminale dei media. Senza paura né mezzi termini, come se il tempo non fosse passato da quei Settanta, spudorati e fertili. Perché la verità dei fatti, anche se dal lato più brutto, è da assumersi come atto di responsabilità sociale, indispensabile a salvarsi la vita oppure a perderla. Però a testa alta, senza strisciare. Vuoi mettere?

A Pisa ha dato inizio con "Libertà 1" nel '73 alle rassegne annuali di musica e cultura, ha fondato il Circolo Ottobre nel '74, il collettivo UTOPIA nel '75/'76 per l'animazione teatrale-popolare. Ha inciso anche un interessante disco di musica strumentale. Pino Masi ha rappresentato qualcosa di significativo nella canzone politica degli anni '60. Con i suoi oltre dieci anni di presenza culturale, con il primo lavoro nel Canzoniere pisano (con Bandelli, Nissim, Bozzi) e poi in tutte le fasi della lotta di massa, Pino Masi ha contribuito, fra i primi, alla nascita di una canzone politica non più genericamente antifascista o antimperialista o antidemocristiana, ma strettamente legata alla classe, alla sua condizione e ai suoi comportamenti e allo sviluppo della sinistra rivoluzionaria.

Ma ora, anche per motivi di spazio, diamo un assaggio dei testi contenuti in questo libriccino. Ne ho scelti tre che, nonostante siano stati scritti negli anni ’70/80 sono ancora di una incredibile attualità, specialmente in questo periodo in cui l’America con Trump sta ritornando ad essere non più un’alleata (ma lo è mai stata?), ma una minaccia.

La prima canzone di stampo decisamente pacifista è questa

Non vogliamo la bomba atomica

No!

Non vogliamo la bomba atomica!

Vogliamo ceci e baccalà!

Noi preferiamo la fisarmonica,

la bomba atomica non ci va!

Noi preferiamo la fisarmonica,

la bomba atomica non ci va!

Viva, viva l’amore,

viva l’amore che il Cielo ci dà!

Più quello che passa la mutua,

ma niente atomica, per carità!

(coro) Più quello che passa la mutua

Ma niente atomica, per carità!

La seconda riguarda sempre l’America e sembra scritta ieri

Viva l’America

(Scritta nel 1986)

(Cantato) La storia dell’America è proprio micidiale!

Cristoforo Colombo la vide in mezzo al mare

E, dato che era splendido, la volle regalare

Alla regina pallida di un regno occidentale

(Parlato) Chi era? … Sì, Isabella di Spagna. Bravi!

(Cantato) La Storia ci racconta che il nostro Genovese

Morì tra stenti e brividi lontano dal Paese

e che la bella America fu presto squinternata

tra re, baroni e principi per farsi un’ abbuffata.

Trascorso qualche secolo che l’ebbero spolpata

Persino di quei popoli da cui era abitata,

si accorsero di avere un tantino esagerato

ma non vollero piangere sul latte versato

e, con le navi fragili condotte da negrieri,

volaron verso l’Africa e riempirono i velieri

di tanti schiavi agili, di tanta gente sana e …

Via! Guadagni facili usando carne umana!

Così nacque l’industria e nacquero gli imperi:

usando manodopera fornita dai negrieri!

E nacquero le fabbriche di armi, americane,

per far nuove rapine in terre più lontane.

Così nacque il potere di questo Gran Paese

Che ha sempre pochi scrupoli e troppo più pretese

Per ergersi sul mondo e mettere le mani

Sugli interessi intimi dei popoli sovrani!

La storia dell’America è proprio eccezionale

per farci anche capire perché noi qui stiamo male:

è che facciamo parte del loro grande impero,

ma un po’ troppo periferici, qui, vicino al cimitero!

Per davvero!

Ci danno quattro spiccioli per farci stare buoni,

ci usano come truppa, ci trattan da coglioni,

ci rendon disponibili per mari e per montagne

a togliere per loro dal fuoco le castagne

La terza, infine, scritta ai tempi del folk studio

Questa canzone, che piaceva a Fabrizio De André, Masi la fece ascoltare a Francesco De Gregori, a casa sua, fine ’75 a Roma, ultimo piano, via del Mattonato, a Trastevere

Eccoti lì a pensarla

e gli olivi perdono i fiori

Forse è stata la nebbia che stempera i colori

ad addolcirti dentro più di quanto sia fuori,

anche se hai già creduto in così tanti amori.

Ma se questo è l’Amore non lo devi sapere,

lo devi solo vivere senza capire!

Senza contarci come cosa sicura

Che poi, quando ti manca, hai paura!

Ed è rimasto un attimo, sospeso tra gli ulivi,

quel suo sorriso pallido e adesso, mentre scrivi,

non ti senti sicuro nel dire che tu vivi

aspettando che ancora quel suo sorriso arrivi.

Ma se questo è l’Amore non lo devi sapere,

lo devi solo vivere senza capire!

Senza contarci come cosa sicura

Che poi, quando ti manca, hai paura!

Il racconto di Daniele Luti

Il mio amico e compagno (anche di avventure) Pierantonio ha già detto tutto del nostro impegno di direttori della collana Incipit, dell'amicizia con Pino Masi, del suo libro (Quarant'anni di canzoni dal Canzoniere popolare al Tribale Karma Ensemble) e della nostra propensione al bere meditativo di ascendenza veronellesca, premessa per la costruzione di magiche fughe dove la fantasia diventava il nostro tappeto volante, un modo per immaginare il mondo e sognare storie che, poi, ovviamente, ci saremmo ben guardati dallo scrivere. Però un paio di cose su Pino voglio aggiungerle. Intanto, dirò che io lo conoscevo a distanza, da tanti anni, lui come tanti altri compagni di lotta e di passioni, molti di loro un po' più anziani di me, e che consideravo vicini, simili, fratelli perché, come me, intenzionati a rovesciare tutto, a demolire senza preoccuparsi troppo della forma e della irriverenza.

Nelle piazze e nei vicoli di Pisa, negli slarghi e sotto i loggiati, insomma nei luoghi "storici" tra piazza Cairoli (o delle Vettovaglie) e piazza Carrara, tra Banchi e le piazze dei Cavalieri e Santa Caterina, ho conosciuto, ascoltato, imparato da tanti maestri a pensare in proprio e a pensare bene. È in strada, come sempre, come nei Borghi della mia Volterra, che ho avuto la mia scuola oltre naturalmente a quella delle aule universitarie dove ho trovato personalità di rara preparazione. Non faccio nomi perché sarebbe inutile. Chi ha vissuto la mia stagione anagrafica e politica sa a chi penso in questo momento, a quelli che sono ancora con noi e a quelli che sono "andati un attimo di là" e sono rimasti indelebili nella nostra memoria.

Tornando a Pino Masi, negli anni citati da Pierantonio, ho cominciato ad avere con lui, ai tavoli dell'Osteria Rossini, una divertente, estemporanea conoscenza diretta. Certo, ascoltavo anch'io, come tutti, con incanto la sua bellissima voce, polifonica, recitativa, armoniosa, ricca di effetti, capace di unire eleganza sofisticata e vulcaniche laviche strutture di potenza fonica popolare; mi interessavano i suoi aneddoti sui musicisti e sui personaggi da me amati e da lui frequentati da amico, da collega, ma, più di ogni altra cosa, mi piacevano la sua irriverenza, il modo anarchico e sfrontato di colpire il nemico di classe, il politico cialtrone travestito magari da dirigente del movimento operaio. Diciamo che rivedevo in Pino i tanti compagni conosciuti nelle botteghe alabastrine, nei circoli popolari, nelle sezioni di partito o nella sede di associazioni come lo Spazio Libertario "Pietro Gori" (gli anarchici, i socialisti, i comunisti, di altri non tratto) della mia città partigiana e libertaria.

Il libro di Masi è una preziosa guida al pensiero radicale, una storia anticonformista e originale su tanti anni di lotta, di scontri a brutto muso. Una galleria di personaggi che hanno interpretato il mondo ma solo per cambiarlo. Non manca nessuno. Ci sono tutti, morti e vivi. Per dirla con Ungaretti, nessuna croce manca nello straziato cuore di una intera generazione.


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