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Attualità martedì 31 marzo 2015 ore 13:16

Svelato il mistero del cranio con 16 buchi

Il team guidato dal professor Fornaciari dell'Università pisana ha spiegato le ragioni della trapanazione multipla: volevano la polvere d'osso



PISA — La polvere d'osso era ritenuta necesseria per curare l'epilessia e altri disturbi della mente. Lo studio dell'Università di Pisa condotto dal team di Gino Fornaciari svela il mistero del cranio bucato tra le reliquie dei martiri di Otranto, conservate nella Cattedrale di Otranto: “È stato difficile risalire alle ragioni di questa pratica - spiega Valentina Giuffra, autrice dello studio, pubblicato sul Journal of Ethnopharmacology e ripreso anche da Discovery News - Inizialmente abbiamo preso in considerazione diverse ipotesi, tutte però poco convincenti. Ad esempio una procedura per ricavare reliquie in forma di polvere d'osso non era plausibile, considerando le migliaia di ossa, appartenenti ai martiri che potevano essere facilmente prelevate”.

Incrociare i testi di medicina dell'epoca con la pratica dei fori ha dato la soluzione: “Questi testi riferiscono - prosegue Giuffra - l'uso di polvere di cranio umano come ingrediente per la cura dell'epilessia e di altri disturbi per i quali non esisteva una spiegazione razionale. La testa era considerata la parte più importante del corpo umano, un capolavoro della creazione, depositaria di forze spirituali invisibili che si conserverebbero anche dopo la morte. Il cranio di Otranto rappresenta un'evidenza unica di trapanazione multipla effettuata per ottenere polvere d'osso da usare come ingrediente in preparazioni terapeutiche”.

Il cranio ha sedici buchi rotondeggianti e si nota l'assenza di reazione ossea intorno alle lesioni questo indica un intervento praticato al momento della morte o dopo la morte: “Le lesioni sono il risultato di una trapanazione multipla effettuata con uno strumento dotato di una grande punta arrotondata - conclude Giuffra - questo tipo di strumento non poteva produrre rondelle ossee, ma solo polvere d'osso”.


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