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martedì 19 marzo 2024

LA TOSCANA DELLA BIRRA — il Blog di Davide Cappannari

Davide Cappannari

Sono nato a Livorno nell’ormai lontano 1976. Naturalista nell’animo e system manager per destino, nella vita mi occupo di sistemi informatici e comunicazione (per ora). Ma la mia vera passione è un’altra: la birra artigianale. E ve ne parlerò in questo blog, se vorrete accompagnarmi nei miei viaggi brassicoli.

Intervista a Francesco Antonelli, Mr. Brewing Bad

di Davide Cappannari - sabato 13 giugno 2020 ore 00:10

Francesco Antonelli, Mr. Brewing Bad

Chi è Francesco Antonelli? Ingegnere classe 1977, si appassiona presto alla birra e nel 2000, insieme ad amici, lancia il sito antidoto.org che per diversi anni racconta la vita da pub nella Capitale. Nel 2012 brassa la sua prima birra casalinga. È docente in corsi di degustazione e homebrewing, e sul suo blog brewingbad.com raccoglie tutte le sue esperienze nel mondo brassicolo (Fonte: Fare la Birra in casa, 2020).

Un’intervista di cui vado molto orgoglioso ad un personaggio che in pochi anni è diventato un punto di riferimento per gli homebrewers italiani. Buona lettura.

Nel 2012 brassavi la tua prima birra fatta in casa. Oggi sei giudice BJCP, gestisci un sito (brewingbad.com) sul quale pubblichi le tue esperienze birrarie con approccio scientifico e vanti diverse collaborazioni con birrifici, organizzazioni del settore e siti specializzati. Tra gli homebrewers sei famoso come una rockstar e da poco è uscito (correggimi se sbaglio) il tuo secondo libro. Come spieghi questo tuo successo?

Il successo del blog, se così vogliamo definirlo, è dovuto secondo me a diversi fattori. Anzitutto l’essere stato sempre sincero e diretto: non eccessivamente buonista, per la serie “volemose tutti bene”, ma nemmeno troppo presuntuoso. Una via di mezzo. Ho sempre mostrato le mie debolezze e i miei insuccessi, senza nascondermi. Ho condiviso sul blog emozionanti soddisfazioni ma anche tanti fallimenti, sia in termini di birre riuscite male (parecchie, specialmente nei primi anni), sia come percorso formativo. Ho cercato sempre di propormi con un approccio personale, evitando di scrivere cose dette e ridette: cos’è il luppolo, gli assiri e i sumeri e tutte queste ovvietà che si leggono ovunque. Ho preso ispirazione dai blog americani che hanno un taglio divulgativo più profondo, orientato alla ricerca e allo stimolo continuo. Credo abbia funzionato. Ho anche la fortuna di saper scrivere decentemente (in età adolescenziale passavo le giornate a scrivere storie strappalacrime mai pubblicate) e di avere un minimo di gusto nella grafica, cosa che non guasta mai. L’animo da ingegnere maniaco dei dettagli ha fatto il resto.

Quello dell'homebrewing è un mondo tanto affascinante quanto complesso. All'inizio il fallimento sembra una costante e serve molta forza di volontà per arrivare ad una prima soddisfacente autoproduzione. Tu hai mai fallito all'inizio? Cosa consiglieresti a chi proprio non ne azzecca una e sta per gettare la spugna?

Come ti dicevo, ho fallito tantissime volte. Per carità, raramente ho prodotto birre imbevibili, ma molte volte quello che avevo nel bicchiere era lontano anni luce da quello che avevo in mente. Raramente si centra la ricetta di un nuovo stile al primo tentativo: con gli anni si migliora, per carità, si riesce a produrre una buona birra anche alla prima stesura della ricetta. Ma è solo con i successivi affinamenti che si arriva a raggiungere l’obiettivo. A mio avviso è molto importante partire con il piede giusto. Non bisogna essere scienziati alla prima cotta, ma leggere qualcosa prima di lanciarsi nella fermentazione del primo kit può aiutare a evitare cocenti delusioni, che in molti casi portano a mollare prematuramente questo bellissimo hobby. Anche io, prima di iniziare a produrre, pensavo che le birre fatte in casa fossero pessime. Ma non è così. Non lo sono nemmeno quelle prodotte dal kit, se ci si mette un minimo di impegno: lievito decente (non quello che arriva con il kit), temperature umane di fermentazione (16-18°C ambientali) e un po’ di testa.

Questa emergenza sanitaria ha profondamente cambiato il mondo della birra artigianale e tutte le nostre abitudini ad essa collegate. Prima del Covid la maggior parte della birra veniva consumata nei locali. Durante il lockdown, invece, il settore è stato mantenuto in vita dalla GDO e dal personal delivery. Uno dei pochi aspetti positivi è che i consumatori hanno dimostrato una nuova particolare sensibilità verso il prodotto locale. Premesso tutto questo, come credi che si evolverà nell'immediato futuro questo settore?

In questo periodo si è parlato molto di come evolverà il mercato artigianale italiano dopo la pandemia. Personalmente in questi mesi ho bevuto molto in casa, approfittando dei nuovi servizi di delivery e degli e-commerce mesi in piedi in occasione dell’emergenza. Credo che i servizi di delivery promossi dai pub rientreranno quando si tornerà alla normalità, mentre credo – e spero – che gli e-commerce messi in piedi dai birrifici in tutta fretta durante l’emergenza rimarrano. Grazie a questi servizi ho avuto modo di assaggiare birre di birrifici che raramente trovo in distribuzione a Roma, ed è una cosa bellissima. La vera svolta del mercato artigianale arriverà quando si farà pace con la grande distribuzione, ma è un percorso difficile e pieno di insidie per chi produce birra viva e non pastorizzata che richiede attenzioni particolari nel corso dell’intera catena di distribuzione. Non sono necessariamente contrario, ma comprendo le perplessità e le paure dei produttori.

Da diversi anni, qui in Toscana, si parla di filiera della birra artigianale e di birra 100% made in Tuscany. Una filiera che di fatto, oggi, ancora non esiste. Questo passaggio è ritenuto da alcuni produttori come fondamentale per il progresso del movimento birrario toscano. Altri invece lo ritengono un limite per la creatività del mastro birraio, che per mantenere l'origine geografica si troverebbe obbligato a dover utilizzare una limitata varietà di materia prima. Tu che ne pensi?

Il bello del fare birra è che si ha la grande libertà di poter scegliere tra ingredienti di qualità provenienti da tutto il mondo. Con questo non voglio dire che in Italia non esistano realtà agricole in grado di produrre prodotti di qualità, come malto d’orzo o luppolo. Come homebrewer ho collaborato con Italian Hops Company, e sto per produrre una Tripel con il malto dei toscani di Fattoria le Prata, orzo coltivato e maltato in Italia. Supportare e valorizzare le aziende italiane è senza dubbio un’ottima iniziativa, ma a mio avviso non deve diventare un limite. Le varietà di luppolo americane di Yakima Chief rimangono uniche, così come il Maris Otter maltato a terra degli inglesi di Warminster.

In Toscana abbiamo oltre 130 produttori di birra artigianale, non molti guardando alle altre regioni italiane. Ma la qualità delle produzioni è molto alta, lo testimoniano i tanti successi raggiunti nelle competizioni più importanti del settore. Quali sono i birrifici del nostro territorio che conosci e apprezzi, e quali birre ci consiglieresti di provare?

Se penso ai birrifici toscani mi viene subito in mente Samuele Cesaroni di Brasseria della Fonte. L’ho conosciuto per caso nel 2017 in occasione del mio primo esame BJCP. Era il primo esame di quel tipo in Italia, e anche lui era tra i partecipanti. Mi colpì molto quello sguardo folle. Scoprii che faceva il birraio in un birrificio allora quasi sconosciuto, Brasseria della Fonte. Qualche mese dopo trovai un paio di sue birre in un beershop di Roma, la Porter e la Scotch Ale. Mi colpirono. Sono passati pochi anni ed è diventato uno dei birrifici più apprezzati in Italia, soprattutto per le Imperial Stout. Ma io amo molto le sue birre semplici, la Scotch Ale, la Mild e la Porter. Un altro birrificio della Toscana che mi piace molto è Podere La Berta, produce una farmhouse saison incredibile (la Vècc), ma anche stili poco battuti come la English IPA e la Irish Red Ale. Poi c’è l’Olmaia di Moreno Ercolani, uno dei pionieri, che ancora bevo molto volentieri quando lo trovo al Busker’s Pub qui a Roma. Mi piace molto la Starship, una bitter classica, appagante, da bere a litri.

È uscito il tuo nuovo libro: Fare la birra in casa - Guida completa per homebrewer del terzo millennio. Scritto a quattro mani con il mastro birraio Angelo Ruggiero, vanta il patrocinio di Fermento Birra, il portale dedicato alla birra di qualità. Per adesso ho letto solamente l'estratto, ma tanto mi è bastato per capire che questo libro è profondamente diverso da tutti gli altri libri che lo hanno preceduto e che trattano lo stesso tema. Non credo di sbagliarmi e quindi ti chiedo: in cosa questo libro è diverso dagli altri?

Io e Angelo abbiamo in comune una grande passione per la birra e per il bancone del pub. Siamo stati prima bevitori e viaggiatori, solo dopo siamo diventati produttori casalinghi (lui è andato oltre: da un paio d’anni è anche birraio). Ci piace molto andare a fondo sui tecnicismi che sono alla base della produzione, siamo divoratori di libri e di conoscenza scientifica, ma il nostro primo pensiero è e rimarrà sempre la birra e le emozioni che orbitano intorno a questa meravigliosa bevanda. Abbiamo approcci diversi, ci scontriamo spesso su alcuni aspetti della produzione e della degustazione, ma quando ci sediamo insieme al bancone niente è più importante dei nostri racconti e della birra che abbiamo nel boccale. Ecco, io spero che il nostro manuale, per quanto tecnico, trasmetta anzitutto questa passione: la gioia di bere e di confrontarsi.

Davide Cappannari

Articoli dal Blog “La Toscana della birra” di Davide Cappannari