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Pisa Sporting Club mercoledì 29 ottobre 2025 ore 07:30

Chamot, “Gilardino è intelligente, il Pisa troverà la vittoria"

Chamot e Simeone (archivio Pisanellastoria)

Doppio ex della partita, abbiamo raggiunto José Chamot dall’Argentina, "Quando arrivai a Pisa sembrava di stare a Euro Disney, resta casa mia"



PISA — Alla vigilia di Pisa-Lazio, abbiamo raggiunto telefonicamente in Argentina José Antonio Chamot, doppio ex della sfida e protagonista indimenticato degli anni Novanta. L’ex difensore argentino ha vestito la maglia del Pisa per tre stagioni, dal 1990 al 1993, prima di approdare al Foggia e poi alla Lazio di Zeman. Con i nerazzurri mise a segno un gol in 87 partite, vivendo la sua prima grande esperienza italiana. Con lui abbiamo parlato di passato, presente e di cosa significhi per un giocatore straniero sentirsi “a casa” sotto la Torre.

José, innanzitutto: dove si trova e cosa fa oggi?
"Sono in Argentina già da un po’. Adesso non sto allenando, ma continuo a studiare e a seguire il calcio. Ho avuto un’esperienza bella in Paraguay, al Liberdad, ma poi è arrivato il Covid e ho dovuto fermarmi. Da allora non è stato semplice rientrare nel giro, ma la passione resta".

Lei è un doppio ex di Pisa e Lazio. Partiamo dal Pisa, che oggi è tornato in Serie A dopo 34 anni. Le ha fatto effetto rivederlo lassù?
"Sì, molto. Ho bellissimi ricordi del Pisa, non li dimenticherò mai. Per me è stato un punto importante della mia carriera. Devo tanto al presidente Anconetani per la fiducia che mi ha dato nel portarmi in Italia. È grazie a lui se tutto è cominciato".

Fu davvero un salto enorme per un giovane argentino degli anni Novanta.
"Enorme. In quegli anni il calcio italiano era il più importante del mondo. Io ero un ragazzo di 21 anni, arrivato con mia moglie che ne aveva 18. Pisa per noi fu come entrare in un sogno. Spesso racconto che sembrava di stare a Euro Disney: era tutto nuovo, bello, pieno di entusiasmo. La gente mi ha trattato benissimo, ho ancora amici lì, anche fuori dal calcio".

Come la scoprì Anconetani?
"Fu un procuratore, Settimio Aloisio, che portò in Italia molti argentini. Io giocavo nel Rosario Central, avevo appena iniziato, e nel giro di pochi mesi mi trovai in Serie A. Prima di tutto questo studiavo e lavoravo, non immaginavo nemmeno di diventare un professionista. Per i Mondiali dell'86 ero giovanissimo e mi ritrovavo a tifare per le strade, in quattro anni mi è cambiata la vita, il calcio mi ha cambiato la vita due volte: la prima in Argentina, la seconda a Pisa".

Il Pisa di oggi è molto diverso, ma l’entusiasmo della città è lo stesso.
"Sì, e mi fa piacere vedere che la società sia solida e organizzata. Non è facile affrontare un campionato come la Serie A dopo tanti anni, ma vedo che la squadra ci crede e lotta. Ogni partita è come una finale. Le vittorie arrivano solo lavorando giorno dopo giorno".

Conosce Alberto Gilardino?
"Sì, abbiamo fatto insieme i corsi da allenatore a Coverciano. È un ragazzo intelligente, con personalità. Sa cosa vuole e lavora con attenzione ai dettagli. Penso che il Pisa sia in buone mani, ma serve pazienza: i risultati arrivano solo con lavoro e equilibrio".

Domani arriva la Lazio, un’altra parte importante della sua carriera.
"Sì, alla Lazio ho vissuto anni bellissimi. Mi hanno fatto crescere, mi hanno portato in Nazionale. Giocare in quelle stagioni, con Zeman e con grandi campioni, mi ha fatto capire cosa significa competere ad alto livello. Il mio cuore è diviso: una parte resta a Pisa, l’altra a Roma".

Hai anche giocato un Mondiale con Maradona nel 1994.
"Sì, stare vicino a Diego è stato qualcosa di incredibile. Ti trasmetteva forza e passione. Ma io dico sempre che è stato il calcio italiano a formarmi, a darmi la possibilità di arrivare così in alto. Sarò per sempre grato all’Italia".

Un ricordo in particolare dei suoi giorni a Pisa?
"L’ultima partita. I tifosi mi portarono in trionfo in mezzo al campo, sapevano che sarei partito. Ho provato forte rammarico nel lasciare quella squadra, quella città. Pisa mi è rimasta nel cuore per la gente, per l’amore con cui ci hanno accolti. Aveva – e ha ancora – un’anima speciale".

Cosa vuole dire oggi ai tifosi nerazzurri?
"Li saluto con affetto. Devono stare sempre vicino alla squadra. Il giocatore ha bisogno dell’appoggio e dell’allegria dei tifosi. Non si vince sempre, ma si dà tutto in campo. E questo, i tifosi del Pisa, l’hanno sempre capito".

Michele Bufalino
© Riproduzione riservata


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