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Attualità martedì 25 luglio 2023 ore 17:20

Archeologi sulle tracce dei cambiamenti climatici

Una equipe dell'università di Pisa ha portato alla luce i resti di un accampamento del Mesolitico. Gli scavi in un’area semi-desertica della Spagna



LOS MONEGROS — Una storia di adattamento alla crisi climatica che arriva dal Mesolitico. E' quella scoperta dagli archeologi dell'università di Pisa, che nell’area semi-desertica di Los Monegros, in Spagna, hanno trovato tracce di un antico accampamento, risalente all’epoca degli ultimi cacciatori-raccoglitori-pescatori nomadi. La scoperta è avvenuta nell'ambito del progetto MesoHistories, diretto da Niccolò Mazzucco, professore dell’Ateneo pisano, e Javier Rey Lanaspa, archeologo del Governo di Aragona.

“Lo scenario che si sta componendo è di grandissimo interesse non solo archeologico – spiega il professor Niccolò Mazzucco – In quasi un mese di scavi nel sito chiamato ‘PBM‘, situato a Sariñena (Huesca, Spagna), abbiamo riportato alla luce i resti di almeno una capanna, con buche di palo, quattro focolari in fossa, resti di combustione, alcune punte di proiettile di forma triangolare e trapezoidale, caratteristiche del periodo mesolitico, e un’area di lavorazione della selce”.

“Si tratta del sito più antico finora scoperto nel territorio di Los Monegros; un accampamento all’aperto del Mesolitico, che ci riporta all’epoca degli ultimi cacciatori-raccoglitori-pescatori nomadi vissuti qui in un momento di grave crisi climatica, uno dei periodi più freddi e aridi dell’attuale era geologica, l’Olocene - prosegue Mazzucco - I resti ritrovati ci aiuteranno a comprendere come questi esseri umani abbiano cercato di adattarsi alla nuova condizione ambientale determinata da quello che viene indicato evento 8.2 ka, ossia il brusco raffreddamento di 1–3 °C che circa 8.200 anni fa interessò gran parte dell'emisfero settentrionale e durò circa 160 anni”.

"Le indagini sui reperti - si legge in una nota dell'ateneo pisano- sono ancora in corso, ma già i primi risultati delle analisi polliniche ci parlano di un ambiente estremamente diverso da quello attuale. I dati, infatti, indicano che in quel periodo preistorico il luogo dello scavo sarebbe stato caratterizzato principalmente da un paesaggio semi-aperto, dominato da specie come il cipresso e il ginepro. Oltre a ciò, in questo angolo dell’attuale deserto di Los Monegros sembra fosse presente una palude. È sulle sue rive che il gruppo di cacciatori-raccoglitori nomadi, probabilmente di piccole dimensioni, aveva costruito il suo accampamento, per poter cacciare mammiferi ed uccelli, come testimoniano alcuni resti di ossa trovati durante lo scavo e che ci raccontano di un significativo cambio di dieta".

“La caccia agli uccelli non era una cosa molto frequente ed è spesso difficile da documentare a livello archeologico. Nel caso di Pbm, la relativa abbondanza di ossa di uccelli e piccoli mammiferi potrebbe suggerire un cambiamento nell’alimentazione di questi cacciatori-raccoglitori-pescatori che si erano adattati alle nuove, più rigide, condizioni climatiche – conclude Niccolò Mazzucco – L’allargamento del numero e del tipo di prede cacciate rispetto ad una dieta altrimenti principalmente basata sulla caccia ai grandi ungulati, quali cervo, cinghiale o capre selvatiche, è spesso riflesso di un adattamento a nuove condizioni ambientali, ad un cambiamento della mobilità e delle strategie economiche di questi gruppi. Sebbene sia ancora presto per trarre conclusioni, e solo le analisi di laboratorio potranno chiarire l’effettiva composizione delle specie cacciate, Pbm è un sito che potrà offrire nuovi spunti per interpretare quest’ultima fase di vita dei cacciatori-raccoglitori-pescatori europei, all’alba della rivoluzione Neolitica, che pochi secoli dopo il 6200 a.C. porterà nuovi stravolgimenti con l’arrivo di specie domestiche e l’inizio dell’agricoltura”.


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