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Cronaca martedì 21 gennaio 2025 ore 11:00

Fatture per operazioni inesistenti, sequestro da oltre 127 milioni

Operazione su larga scala della Guardia di Finanza di Pisa e di Napoli: 54 indagati per aver messo in piedi un sistema truffaldino con 51 società



PROVINCIA DI PISA — I militari della Guardia di Finanza di Pisa e Napoli, al termine di una serie di indagini, hanno effettuato un maxi sequestro da oltre 127 milioni di euro nei confronti di ben 54 indagati e 51 società, accusate di essere utilizzate come "cartiere", ovvero imprese che emettono fatture per operazioni inesistenti.

A emettere il provvedimento, che ha colpito beni immobili e il patrimonio a disposizione degli indagati, sono stati i giudici partenopei, sulla base di un quadro indiziario che riguarda numerose violazioni finanziarie con generazione di illecito risparmio di imposta pari a oltre 46 milioni di euro nel periodo dal 2019 al 2021, a cui si sarebbero aggiunte fino al 2024 condotte di riciclaggio ed autoriciclaggio per oltre 81 milioni di euro.

Le indagini, svolte dal nucleo di polizia economico-finanziaria di Pisa dal 2020, hanno portato a individuare un’associazione per delinquere finalizzata alla creazione, appunto, di "società cartiere", riconducibili a persone residenti in Campania e costituite al solo di scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti per clienti operanti nei settori della pelletteria e delle calzature tra Toscana, Campania, Marche e Veneto. Che, tramite questo meccanismo, avrebbero goduto di una indebita detrazione dell'Iva.

"I clienti finali, complessivamente 34 società, una volta ricevuta la falsa fattura e il relativo documento di trasporto ottenuto mediante ditte compiacenti - spiega una nota della procura di Napoli siglata dal procuratore aggiunto Alessandro Milita - pagavano le fittizie forniture mediante bonifici bancari. Ricevuti i pagamenti dai clienti, ed effettuati quotidiani giri di bonifici tra i diversi conti correnti intestati alle numerose aziende del gruppo, i principali indagati facevano confluire le somme su conti correnti di istituti di credito situati in Cina".

Poi, sempre a mezzo bonifici, ne rientravano in possesso sotto forma di denaro contante "avvalendosi di persone di nazionalità cinese, residenti in Napoli".

Quando gli istituti bancari hanno iniziato a notare quelle operazioni, gli indagati hanno cambiato il meccanismo di riciclaggio dirottando i bonifici prima su due società estere, con sedi in Albania e in Croazia, per poi inviarli di nuovo in Cina e restituite ai clienti, trattenendo una parte del dovuto quale profitto dell’intermediazione.


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