Sparo cazzate ergo sum
di Franco Bonciani - mercoledì 17 gennaio 2018 ore 06:00
“A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprire bocca e togliere ogni dubbio” (O. Wilde)
Non so se questa frase sia di Wilde, Lincoln, Confucio, Osho oppure della sarta di via Monteverdi ma sono convinto che dovrebbe essere sussurrata ogni giorno a molti dei politici italiani, specie quelli che si sentono importanti.
Sono di questi giorni le formidabili uscite del candidato leghista alla presidenza della Lombardia e del presidente PD del Quartiere 1 di Firenze, che hanno scatenato un putiferio, su stampa e social.
Il primo (che viene definito “leghista moderato”!) se n’è uscito con brillanti dichiarazioni a sfondo vagamente razzista ("Non possiamo accettare tutti gli immigrati che arrivano: dobbiamo decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società devono continuare a esistere o devono essere cancellate").
Il secondo ha scritto su Facebook una considerazione su Mussolini che non è stata presa benissimo ("Fatto salvo che Mussolini è la persona più lontana da me e dal mio modo di pensare, nessuno in questo Paese ha fatto, in quattro lustri, quello che ha fatto lui in vent'anni. E purtroppo a dircelo è la storia").
Ci sarebbero altri esempi, assolutamente bipartisan: ognuno ha i suoi fenomeni, a tutti i livelli, e qualcuno eccelle per l’ostinazione con cui continua a farla fuori dal vaso.
Ad ogni uscita infelice segue rettifica, distinguo, scuse con tanto di cenere cosparsa sul capo ma ormai il danno è fatto.
Colpa di social e fake news, si dice: questo nostro nuovo mondo quotidiano viene condizionato pesantemente da post, tweet e like, da “condividi se sei indignato”, “non potrete credere ai vostri occhi” e via così.
Credo sia altrettanto vero che in troppi non hanno capito l’uso che deve essere fatto di questi nuovi strumenti, con uscite che si rivelano boomerang dannosi, spernacchiamenti seriali se non proprio campagne d’odio. I social sono terreno fertile per chi protesta e va contro qualcosa, non per chi pensa di costruire.
Quindi, in certi casi, meglio tacere. Anziché scrivere frasi ad effetto, promettere, magnificare il proprio operato (troverai sempre qualcuno che ha da ridire e chi lo segue a ruota), si potrebbe far ricorso a sobrietà, mormorare con garbo, informare senza troppi proclami per dare sapore al sale.
Vedo che intanto, in una campagna elettorale come questa (mancano meno di 50 giorni al 4 marzo, speriamo di farcela, il peggio deve ancora venire), per il semplice fatto di parlare poco ed apparire meno, una come Giorgia Meloni fa un figurone, e così si fanno apprezzare i silenzi e il senso della misura di Gentiloni. Unica consolazione: non ci sarà Alfano, quello del "no allo ius soli, sarebbe un regalo alla Lega a sei mesi dalle elezioni" e altre chicche, magari in inglesorum.
Ai tempi dell’Impero romano c’era quello che seguiva il trionfatore sussurrandogli all’orecchio “ricordati che devi morire”, giusto per rammentargli di non tirarsela troppo perché non era né intoccabile né eterno.
Oggi, più modestamente, ci vorrebbe qualcuno che, a questo o a quel leader, prima che apra bocca, gli dicesse: “Conta fino a dieci, bischero!”.
Franco Bonciani