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giovedì 03 ottobre 2024

COSE STRANE E POSTI ASSURDI — il Blog di Blue Lama

Blue Lama

Prima di qualunque altra cosa, io sono una viaggiatrice. L'illuminazione arrivò in terza elementare grazie a Goscinny e Uderzo: lessi "Asterix e Cleopatra" e dentro di me si spalancó una voragine di curiosità. A 16 anni Baudelaire mi fornì la chiave di quel desiderio: "I veri viaggiatori partono per partire...". Da tutta la vita, anche senza un perchè, io vado. Non esiste luogo sulla Terra che possa deludermi.

Kran, la cacciatrice

di Blue Lama - domenica 28 aprile 2024 ore 00:05

Un'aquila cacciatrice col il suo cacciatore - foto Blue Lama
Foto Blue Lama

Il mio viaggio in Mongolia cominciò con una figuraccia, per usare un eufemismo. Sulla piattaforma web del tour operator l'itinerario era contrassegnato dalla scritta "Estensione speciale sui Monti Altaj". C'era anche il numero di telefono del capogruppo, Valter Perlino, che non conoscevo. Lo chiamai e gli chiesi subito quello che mi premeva: "Detesto i viaggi sempre seduti su un pullman o su una jeep: mi garantisci che faremo anche un po' di trekking?". Dopo qualche secondo di silenzio che non seppi interpretare, lui mi rispose in tono divertito: "Certo, faremo molti trekking".    

Conclusa la telefonata, decisi di pensarci un po' su. Fu solo un paio di giorni dopo che mi venne in mente di cercare su Google informazioni su Valter. Il primo link che uscì si intitolava: "Valter Perlino conquista l'Everest con un solo sherpa e senza bombole di ossigeno". Sorvoliamo sulla sfilza dei link successivi. Mi sentii sopraffare dall'imbarazzo: ero incappata in un viaggio guidato da un alpinista pluripremiato che, ovviamente, non avrebbe mai trascorso tre settimane in Mongolia spiaggiato su un fuoristrada. Sperando che Valter non avesse memorizzato le mie ridicole ciance sui trek, prenotai.

I monti Altaj si estendono nel cuore dell'Asia per duemila chilometri, attraversando la Cina, la Mongolia, la Russia e il Kazakistan. Il nostro gruppo, una dozzina di persone, ci arrivò a metà Agosto. Nei quindici giorni precedenti avevamo dormito sempre in tenda in campi improvvisati, lavandoci - si fa per dire - nei torrenti o con le salviette, mangiando zuppe di carne di pecora e spostandoci lungo piste sterrate a bordo di pulmini Uaz degli anni Settanta. Si mettevano in moto a manovella e si inerpicavano ovunque: gole verticali, letti di torrenti in secca, guadi. Una meccanica formidabile.

Foto Blue Lama

Foto Blue Lama

Foto Blue Lama

Ci accompagnavano cinque driver, un cuoco e una guida. Erano tutti mongoli, gentilissimi. La guida, alla partenza, aveva precisato di non essere mai stata nella maggior parte dei luoghi che volevamo visitare. Infatti non fu facile trovarli, alcuni non erano neppure segnalati sulle mappe. Si rivelarono tutti stupendi e quando, la sera, mi infilavo nel sacco a pelo sentendomi sempre più arruffata e stravolta, pensavo che ne valeva la pena: stavo vedendo cose che, da umana, se non fossi partita non avrei potuto neanche immaginare, come i replicanti di Blade Runner.

Foto Blue Lama

Foto Blue Lama

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Ogni giorno capitava di incontrare pastori nomadi, di solito accampati con le loro famiglie nelle tradizionali tende rotonde, le gher, montate una accanto all'altra in mezzo al nulla, con greggi di migliaia di capi che pascolavano intorno. I pastori sono molto ospitali: amano accogliere gli stranieri, offrire té con latte di yak, pane, formaggio. Le gher sono calde, tappezzate di tappeti, ben arredate. La guida faceva da interprete e per noi ogni incontro diventava una festa. 

Foto Blue Lama

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Sui monti Altaj, a parte i trek, avevamo un altro obiettivo: incontrare un cacciatore con le aquile. E' un sistema di caccia antico, tramandato di padre e figlio, patrimonio Unesco dal 2008. Il cacciatore sale a cavallo e parte al galoppo tenendo sul braccio destro un'aquila femmina con un cappuccio di cuoio sugli occhi. A un certo punto toglie il cappuccio e l'aquila spicca il volo, perlustrando il terreno dall'alto in cerca di conigli, volpi e altri animali. Quando ne avvista uno, si getta in picchiata e lo blocca. Il cacciatore deve essere così abile e il cavallo così veloce da arrivare sulla preda prima che ferisca l'aquila. L'operazione richiede una sintonia totale, addestramenti precoci e allenamenti costanti. Alla fine l'aquila torna spontaneamente sul braccio del suo cacciatore.

Tutti gli anni, in Ottobre, nella zona di Bayan Olgii, si svolge un famoso Festival delle aquile in cui decine di cacciatori si sfidano. Noi invece stavamo attraversando i monti Altaj in Agosto e di cacciatori non c'era traccia. Perlustrammo a vuoto picchi e vallate per due giorni, muovendoci anche con i cammelli. Niente da fare.

Foto Blue Lama

Il terzo giorno, all'altezza dell'incrocio fra due piste, vedemmo un uomo seduto accanto a una motocicletta. La nostra carovana di Uaz si fermò e la guida gli domandò se conosceva un cacciatore con le aquile. Il motociclista assentì e ci disse di seguirlo.

Un'ora dopo arrivammo su un altopiano dove si trovavano tre gher. L'uomo ci invitò a scendere, ci presentò la moglie e i figli e ci fece entrare nella tenda centrale. Cominciò il solito rituale del té, fra molti convenevoli. Poi il padrone di casa uscì e, dopo qualche minuto, rientrò sorridendo. Ci aveva portato una sorpresa: Kran. L'aquila cacciatrice.

Foto Blue Lama

Il cacciatore che avevamo tanto cercato si sedette sul tappeto e appoggiò l'aquila su un trespolo. Lei ci guardò, incuriosita. Noi rimanemmo immobili, stupefatti, in assoluto silenzio. Il cacciatore cominciò a raccontare: ci spiegò che Kran aveva sei anni e pesava 14 chili. L'aveva prelevata dal nido quando era ancora un pulcino e aveva cominciato ad addestrarla quasi subito. Si era rivelata molto intelligente ed era diventata una cacciatrice eccezionale, attaccava animali anche 4 o 5 volte più grandi lei, come i lupi. Ogni tanto il cacciatore accarezzava il morbido piumaggio dell'aquila e allora lei inclinava la testa socchiudendo le palpebre. Era evidente che le piacevano quei tocchi delicati e che era abituata sia a entrare nella gher che a incontrare sconosciuti.

Foto Blue Lama

Mai avrei pensato che gli atteggiamenti di tenerezza che noi occidentali riserviamo ai cani e ai gatti potessero essere così graditi e a suo modo ricambiati anche da un rapace di quelle dimensioni. Kran si comportava come un animale domestico ma, per sua natura, non poteva esserlo. Non del tutto, almeno.

Dopo il té uscimmo all'aperto, scattammo molte foto e arrivò l'ora di ripartire. Ci fu però il tempo per un'ultima domanda: "Quanti anni vivono le aquile cacciatrici?".

"Se non hanno incidenti di caccia, circa una ventina ma non rimangono con noi per tutta la vita - rispose il cacciatore - Dopo una decina di anni le lasciamo tornare allo stato naturale, tanto sanno benissimo come procacciarsi il cibo e come difendersi. Si riproducono e continuano la loro esistenza in piena libertà". Fece una pausa, volgendo lo sguardo verso le montagne. Poi aggiunse quasi sottovoce, con rammarico misto a dolcezza: "Fra tre o quattro anni sará così anche per Kran".

Bluelama2023@gmail.com

Foto Blue Lama

Un ringraziamento speciale ai miei compagni di viaggio del gruppo di Valter Perlino "Mongolia" - Agosto 2009 - Viaggi Avventure nel mondo.

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