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giovedì 03 ottobre 2024

LE PREGIATE PENNE — il Blog di Pierantonio Pardi

Pierantonio Pardi

Pierantonio Pardi ha insegnato letteratura italiana all’ITAS “ Santoni” di Pisa fino alla pensione. Il suo esordio narrativo è stato nel 1975 con il romanzo "Testimone il vino" , ristampato nel 2023 sempre dalla Felici Editore, nel 1983 esce "Bailamme" (ristampato nel 2022 con Porto Seguro editore). Negli anni seguenti ha pubblicato come coautore “Le vie del meraviglioso” (Loescher,1966), “Il filo d’Arianna (ETS, 1999) e da solo “Cicli e tricicli” (ETS 2002), “Graaande …prof (ETS, 2005) e “Il baffo e la bestia” (ETS 2021), "Erotiche alchimie" (ETS,2024) e "La disgrazia di chiamarsi Lulù" (Felici Editore, 2024). Ha curato l’antologia “Cento di questi sogni” (MdS, 2016) ed è direttore editoriale della collana di narrativa “Incipit” (ETS)

​Dacia Maraini, una voce contro

di Pierantonio Pardi - lunedì 21 novembre 2022 ore 08:00

Continuando il mio viaggio tra i narratori toscani, c’è da dire che sono poche, anche numericamente, le scrittrici toscane ; la prima di cui voglio parlare è Dacia Maraini, uno dei nomi più noti della letteratura italiana e più tradotti nel mondo. Romanziera, poetessa, drammaturga, critica, collaboratrice di riviste e giornali ,nota al grande pubblico per il suo impegno civile e sociale. Ma, procediamo per gradi.

Negli anni ’60 si affaccia una serie di romanzi che affrontano i problemi della civiltà industriale, non più nei modi naturalistici e populistici del Neorealismo, ma con moduli narrativi diversi, soprattutto con “Memoriale” di Paolo Volponi, “Donnarumma all’assalto” di Ottiero Ottieri, “Il padrone” di Goffredo Parise, “Il giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani, “La ragazza di Bube” di Carlo Cassola. Notevole è stato anche l’apporto delle scrittrici; Elsa Morante con “Menzogna e sortilegio”, Natalia Ginzburg con “Lessico famigliare”, Lalla Romana con “Le parole tra noi leggere”, mentre una più aggressiva carica di denuncia, unita a una nuova sensibilità femminista si troverà nei romanzi di Dacia Maraini che riprende e perfeziona il discorso iniziato un po’ di tempo prima da Sibilla Aleramo con il suo, rivoluzionario per quei tempi, romanzo “Una donna”.

Dacia Maraini nasce a Firenze nel 1936. Ha pubblicato il suo primo romanzo “La vacanza” nel 1962; già qui emergono i motivi e gli interessi che resteranno centrali nella sua opera e che ruotano intorno alla condizione femminile. Nel libro viene narrata in modo realistico la breve stagione di una ragazzina quattordicenne, uscita dal collegio per una vacanza in famiglia in un luogo di mare dove vive una fuggevole esperienza di sesso. La cornice è data dagli eventi dell’estate del 1943 con il crollo del fascismo e la disfatta militare dell’esercito italiano, ma la protagonista resta del tutto indifferente alla dimensione storica. In questo romanzo emerge il “modello moraviano”, l’ingresso nel mondo adulto attraverso il sesso come accadrà anche nel successivo “L’età del malessere” (1963) dove un’adolescente vive inizialmente i rapporti sessuali in modo apatico e indifferente, ma grazie ad una sorta di educazione sentimentale prenderà coscienza dei rapporti frustranti a cui è costretta da una società maschilista. Sono entrambi due romanzi di formazione, ma già fortemente caratterizzati da quelle che saranno d’ora in poi le tematiche dominanti della Maraini, improntate ad un forte femminismo che prosegue con “Memorie di una ladra” (1972) dove la protagonista è una giovane nomade che subisce violenze e soprusi e anche la raccolta di poesie “Donne mie” (1974) e il romanzo “Donna in guerra” (1975) affrontano il tema delle lotte femminili degli anni Settanta, i rapporti conflittuali con la famiglia repressiva, il padre padrone, la violenza delle istituzioni sulle donne, la liberazione della sessualità, l’aborto. In “Mangiami pure” (1978) si riflette l’esperienza dei gruppi di autocoscienza femminile, mentre “Lettere a Marina” si incentra sul rapporto amoroso tra due donne. In queste due opere la Maraini usa moduli narrativi autobiografici (diari, lettere) come strumenti di autoanalisi e conoscenza. Con “Isolina” (1985) l’autrice ricostruisce un fatto di cronaca di inizio secolo, studiando giornali del tempo e carte processuali. La storia di Isolina è tra l’altro, purtroppo, drammaticamente attuale. Infatti si tratta di una ragazza veronese costretta dal suo amante ad abortire. Lei muore durante l’intervento ed il suo corpo fatto a pezzi viene gettato nell’Adige, ma, siccome il suo amante è un ufficiale dell’esercito, le prove vengono cancellate e i testimoni intimiditi. Nel 1990 compare “La lunga vita di Marianna Ucria” dove l’autrice recupera il romanzo storico, molto in voga in quegli anni, ma senza abbandonare la tematica femminista. I racconti di “Buio”, incentrati sulle violenze atroci subite dall’infanzia escono invece nel 1999 ed è questo il libro di cui parlerò.

Buio (vincitore Premio Strega, 1999)

Sono passati più di venti anni dall’uscita di questi racconti, ma le storie crudeli che l’autrice ci narra sono ancora, purtroppo, terribilmente attuali. Il buio del titolo è l’ombra di un altro, di un adulto che si insinua nello sguardo di un bambino e tradirà la sua fiducia per trascinarlo in un incubo, in cui il suo corpo infantile subirà la più infame delle violenze .

Sono dodici racconti che presentano storie di sopraffazione e di povertà che l’autrice ha tratto da fatti di cronaca nera realmente accaduti. Da Gram, il bambino che amava i piccioni e verrà tratto in inganno da un uomo che lo pedinava da tempo e che finirà per stuprarlo e ucciderlo, alla bambina albanese, costretta a prostituirsi, alla vicenda di suor Attanasia, violentata e messa incinta da terroristi islamici che hanno trucidato, durante un’incursione nel convento, molte suore, a Macaca che, stufa delle continue angherie del marito, alla fine lo evira, fino alla struggente storia di Alicetta, affetta da un leggero disturbo psichiatrico che, ricoverata dal nonno che, per motivi di salute, non poteva più accudirla, viene stuprata da due infermieri e infine la storia di Agatina che viene costretta dalla nonna a soddisfare le voglie di un vecchio notaio. Regista consapevole e umanamente sempre attenta è Adele Sofia, la commissaria di Polizia, che diviene, così, il metronomo di queste storie, di questi piccoli e grandi delitti.

Con una scrittura sobria ed essenziale Dacia Maraini restituisce al racconto il suo difficile mandato testimoniale, fotografando in maniera realistica un universo orrendo, popolato da pedofili, da criminali che costringono giovani donne attratte in Italia con l’inganno di un lavoro, a prostituirsi, da mariti violenti, da nonne, avide di denaro, che non esitano a vendere la loro nipotina al miglior offerente.

Il fil rouge che unisce queste storie è anche il contesto in cui si svolgono, caratterizzato da un’amara solitudine, da un profondo degrado sociale, da una serie di tragedie che si consumano nell’indifferenza generale. Con questo libro Dacia Maraini ha voluto indagare nei meandri della coscienza, svelandone gli aspetti più torbidi e animaleschi e lo ha fatto in un modo così duro ed efficace che, una volta chiuso il libro, si resta sopraffatti da uno sconcertante sgomento che si traduce poi in una inquietante domanda: com’è possibile che certe storie possano accadere?

Pierantonio Pardi

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