Quella volta, con il Dalai Lama a Pomaia...
di Fausto Pirìto - lunedì 11 settembre 2017 ore 19:22
Ancora pochi giorni e il XIV Dalai Lama del Tibet sarà di nuovo in Italia. Il capo spirituale dei buddisti Mahayana sparsi in tutto il mondo arriverà a Taormina il 16 settembre doveterrà due conferenze presso il Teatro Antico: la mattinata si aprirà con il Conferimento dell’Onorificenza della Città da parte del Sindaco Eligio Giardina. Tenzin Gytaso si trasferirà domenica 17 a Messina e sarà ospite del Teatro Vittorio Emanuele. Anche qui è prevista la consegna delle “chiavi della città” da parte del sindaco Renato Accoriti. Ultima tappa siciliana, organizzata con il supporto e il coordinamento di Barbera & Partners sotto la direzione creativa di Nadia Speciale: Palermo, lunedì 18, presso il Teatro Massimo. Ad accoglierlo sarà il Sindaco, Leoluca Orlando, che già nel 1996 gli consegnò la cittadinanza onoraria.
Ma Tenzin Gytaso, l'Oceano di Saggezza, ama particolarmente la nostra Toscana che lo ha ospitato già in numerose occasioni, a partire dal lontano 1982. Dunque, su invito dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, il Premio Nobel per la Pace 1989 parteciperà al Festival delle Religioni che si aprirà a Firenze martedì 19 settembre al Mandela Forum (ore 9) con la consegna del “Sigillo della Pace” da parte del sindaco Dario Nardella e con l’introduzione, in apertura della conferenza pubblica (ore 12:30), del Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi). A seguire, il Dalai Lama sarà presente il 20 e 21 settembre a Pisa (conferenza pubblica in Piazza dei Cavalieri, ore 9:30, con la presenza del Sindaco, Marco Fillpeschi; a seguire, 1° Symposium “The Mindscience of Reality - La Scienza che studia l’interazione tra Mente e Realtà” presso l’Università di Pisa con l’imprimatur del Rettore, Paolo Mancarella). Nel corso di questi tre giorni non è in programma il passaggio di Tenzin Gyatso a Pomaia / Santa Luce. Per tutti i dettagli dell’evento vi consiglio di consultare il sito: http://www.dalailama.it/
Unica nota “stonata”, la minaccia di una plateale protesta a Firenze da parte delle associazioni della comunità cinese in Italia. Si ipotizza anche, come successo negli ultimi anni in altre occasioni nel nostro Paese e un po’ in tutto il mondo, la partecipazione degli adepti della setta anti-Dalai Lama chiamata “Dorje Shugden”: «I seguaci di Dorje Shugden (si legge in Wikipedia) hanno stretto un'alleanza con le autorità cinesi allo scopo di contrastare il XIV Dalai Lama e, più in generale, il suo lignaggio di reincarnazione e i monaci suoi alleati sia in Tibet che all'estero. Per ordine del governo cinese, oggi le nuove generazioni di tulku, lama, ghesce e monaci viventi nella Regione Autonoma del Tibet ricevono un'educazione sempre più regolarmente improntata sulla tradizione di Dorje Shugden nell'intento di edificare una società tibetana che faccia capo a Qoigyijabu, il Panchen Lama scelto proprio dalle autorità cinesi, estraniando totalmente i Dalai Lama. In territorio tibetano e nelle province cinesi confinanti è inoltre in corso un ingente finanziamento del culto e la produzione ad alto livello di statue e thangka della divinità atti a favorire il proselitismo tra i monaci e i laici e molti monasteri tibetani sono stati adibiti appositamente al culto della divinità controversa... Attualmente anche i servizi segreti indiani hanno identificato molti simpatizzanti con il Partito Comunista cinese tra chi professa la fede in Dorje Shugden, supportati addirittura da una forza di agenti segreti cinesi, fatto che ha contributo ad animare le già forti tensioni tra Cina e Tibet e tra Cina e India».
Mi preme sottolineare che a Pisa, a due passi da Piazza dei Miracoli e dalla Torre Pendente, ci sarà tanta gente, tanti giovani verranno ad ascoltare Tenzin Gytaso. L’augurio è che vada tutto bene, che non ci siano ulteriori provocazioni da parte di movimenti filo-cinesi e che dalle autorità preposte venga garantita la necessaria “sicurezza” dei partecipanti e naturalmente del Dalai Lama stesso.
Al seguito del Dalai Lama, durante questo suo nuovo, lungo passaggio in Italia, ci sarà anche Richard Gere con la sua compagna, Alejandra Silva. L’attore americano è da decenni “testimonial” della lotta per la libertà in Tibet. Io lo incontrai la prima volta nell’agosto del 1985 a Rikon, in occasione della Iniziazione tantrica di “Kalachakra”, un evento che si protrasse per ben 10 giorni e 10 notti nel piccolo villaggio svizzero in cui vive la più imponente comunità tibetana in esilio in Europa. Da fonti attendibili, “si sussurra” infine che Gere, amico di Mick Jagger, si tratterrà in Toscana anche sabato 23 settembre per assistere al concerto dei Rolling Stones (in calendario al Lucca Summer Festival) in compagnia di una delegazione dell’Istituto Lama Tzong Khapa.
Per chiudere, ecco il testo della mia prima intervista al Dalai Lama. Magari, se siete arrivati a leggere fin qui, potrà esservi utile, anche perché i temi trattati sono ancora oggi di stretta attualità. Grazie per l’attenzione.
...E VENNE UN RE VESTITO DI NEVE
L'intervista a S.S. Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama del Tibet, riportata di seguito, è stata registrata dalle 8 alle 10 della mattina del 25 ottobre 1982 presso l'Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, in provincia di Pisa, alla presenza del monaco-traduttore Luca Corona.
All'epoca, la cosiddetta “questione tibetana” era quasi sconosciuta al mondo. Io ebbi la fortuna di poter incontrare il Dalai Lama dopo aver superato una sorta di “esame” da parte delle monache Siliana Bosa e Connie Miller e dopo che le mie domande furono passate al vaglio del rappresentante del Governo tibetano in esilio, a Ginevra.
In un primo momento (grazie anche al Ven. Ghesce Ciampa Gyatso, allora guida spirituale dell'ILTK, di cui ero diventato amico) l'appuntamento era stato fissato alla fine di settembre, dopo la conferenza stampa che S.S. avrebbe tenuto presso il Collegio Pontificio Sant'Anselmo, in Roma. Arrivò invece la notizia della convocazione di Tenzin Gyatso da parte di Papa Wojtyla...
La allora segretaria del Dalai Lama mi chiese, a nome di Sua Santità, se potevo rinunciare temporaneamente all'intervista e mi invitò a seguirli in Spagna dove, nella settimana successiva, si sarebbe svolta una sessione di Insegnamenti di introduzione al Buddismo Mahayana. Quella proposta suonò alle mie orecchie come un segnale forte, troppo forte, di richiamo e non me la sentii di accettare, preferendo aspettare il ritorno a Pomaia di Tenzin Gyatso, a fine ottobre.
Io non sono mai diventato buddista, mi ritengo semplicemente cristiano, ma da quel giorno, su richiesta di Sua Santità, non ho più smesso di appoggiare il popolo tibetano nella lotta per la libertà e il rispetto dei diritti umani nel Paese delle Nevi. Nel corso degli anni successivi all'intervista sono poi diventato Consigliere nazionale e Addetto stampa della Associazione Italia-Tibet (fino al 1996), ho avuto l'onore e l'onere di coordinare una conferenza del Dalai Lama a Linate e mostre sull'arte e la cultura tibetana a Milano anche in collaborazione con il Centro di studi Ghe Pel Ling. Nel giungo 2014 sono stato nominato addetto stampa dell'ILTK in occasione della visita di S.S. e nell'ottobre 2016 ho coordinato un gruppo di artisti che hanno accettato di presenziare agli Insegnamenti presso la Fiera di Rho. Inoltre, grazie al mio mestiere di giornalista musicale (dal 1980 al 2010) ho anche avuto l'opportunità di organizzare concerti per raccogliere fondi per i tibetani in esilio (con l'aiuto di artisti-amici come Lucio Dalla, I Nomadi, i CSI, Alice, Jovanotti, Alberto Fortis, Omar Pedrini, Franco Battiato e altri ancora) e sensibilizzare l'opinione pubblica sul dramma che ancora oggi vive il Paese delle Nevi.
Di tutto ciò vado orgoglioso e mai smetterò di ringraziare Tenzin Gyatso per avermi onorato della sua “Amicizia Spirituale” e per avermi permesso di stare al fianco del suo popolo.
INTERVISTA A TENZIN GYATSO, IL XIV DALAI LAMA DEL TIBET
Santità, che cos'è il Buddismo?
«Quattro sono i principi fondamentali: tutti gli aggregati sono impermanenti; tutti i fenomeni naturali portano sofferenza; tutti i fenomeni sono vuoti; il Nirvana è Pace. Esistono diverse scuole di Buddismo. Da un punto di vista etico, il tema centrale di Mahayana (il Grande Veicolo della tradizione tibetana; n.d.a.) è quello di fare del bene a tutti gli esseri viventi, mentre il precetto base dell'Hinayana (o Piccolo Veicolo; n.d.a.) è di non fare del male agli altri. Quest'ultimo insegnamento è comune a tutte le religioni. Ma se religione significa, come in Occidente, affermare l'esistenza di un Dio trascendente e creatore e se in un tale Dio si ha fede cieca, allora il Buddismo non è religione. In Tibet, per esempio, con questa parola si indica il “cambiamento interiore” e in sanscrito ci si riferisce alla azione del “trattenere”. Nel Buddismo tutto dipende dalla mente di ciascuno di noi. Se la mente viene controllata, allora si raggiunge la felicità».
Quali sono le differenze e i punti di contatto tra Buddismo e dottrine occidentali o islamiche?
«La differenza principale sembra appunto essere che il Cristianesimo, come l'Islamismo o il Giudaismo, accetta l'idea di un Dio creatore, mentre noi la rifiutiamo. I punti di contatto sono precetti fondamentali come non fare del male agli altri, essere sempre gentili, fare il possibile per andare d'accordo con tutti. Nel Buddismo e nel Cristianesimo, poi, anche le discipline monastiche sono molto simili».
Secondo la vostra tradizione, chi era il Cristo?
«Cristo è stato senz'altro un uomo che ha attualizzato compiutamente l'ideale della Compassione verso tutti gli esseri viventi».
È vero che qualche studioso lo considera addirittura un asiatico inviato dall'Oriente all'Occidente per risvegliarne la coscienza?
«Anche io ho sentito dire che per alcuni anni della sua vita non si sa che cosa Gesù abbia fatto. In quel periodo potrebbe essere stato in Oriente, entrando in contatto con il Buddismo. Ma sono supposizioni. In India, poi, ci sono molte religioni che ammettono l'esistenza di Dio. Dunque, è anche possibile che Cristo abbia attinto a queste fonti piuttosto che alla nostra. Comunque, io penso che le religioni più recenti, come il Cristianesimo, siano state necessariamente influenzate da quelle più antiche. In ogni caso dobbiamo rispettare tutti i Credo perché sono tutti di aiuto agli esseri umani. Le differenze tra religioni sono di secondaria importanza, superficiali. In profondità, le aspirazioni ultime di tutti gli uomini e di tutte le donne sono identiche».
Qual è oggi la funzione del monachesimo e della meditazione?
«Nell'ambito della propria tradizione culturale, il monaco è l'esperto e il custode di quella stessa tradizione. Ma il monaco, a parte i ritiri spirituali, deve lavorare nella società e servirla. Io ammiro i monaci cristiani, perché attualizzano gli ideali della vostra religione dando l'esempio ai propri simili. Parlando della meditazione, c'è da dire che nel Buddismo ne esistono due tipi: una analitica, l'altra rivolta soprattutto alla concentrazione. Lo scopo di quella analitica è quello di far sorgere certezza. Noi buddisti riteniamo che la fede cieca non sia molto potente, perché può trasformarsi in dubbio. Perciò, analizziamo gli insegnamenti per capire le ragioni che li rendono validi, anche in relazione alle esperienze personali. Lo scopo della concentrazione, invece, è di indirizzare la mente, distratta da mille pensieri, verso un unico intento».
Il progresso tecnologico in che rapporto sta con la ricerca spirituale?
«Oggi, nei Paesi a grande sviluppo industriale, molte persone sono tornate a chiedersi qual è il significato della vita. Se non c'è felicità nella mente, a nulla servono i confort esteriori. Comunque, progresso materiale e progresso spirituale devono andare di pari passo. Il computer può anche essere utile per capire certi meccanismi psichici, ma la felicità spirituale può essere raggiunta solo con la propria mente».
Perché il pensiero orientale è tornato ad affascinare l'Occidente?
«Non saprei. Posso soltanto dire che gli occidentali sono sempre stati desiderosi di conoscere cose nuove. Siete molto indagatori voi occidentali!».
Qual è il suo giudizio sull'Induismo e, in particolare, su sette come gli Hare Krjsna e gli Arancioni di Rajneesh?
«Ognuno è libero di praticare il culto che preferisce, è una questione di gusto. Ma credo, ad esempio, che un cristiano deve cercare di capire qual è l'originale pensiero del Cristianesimo. Se abbraccia il Buddismo deve fare altrettanto e praticarlo nella sua purezza».
E il suo giudizio sulla Chiesa cattolica?
«La Chiesa cattolica è certo di grande aiuto agli uomini. Forse alcune sue istituzioni sono obsolete e sarebbero necessarie delle riforme. D'altronde, anche nel Buddismo ci sono istituzioni fuori moda. Io lo riconosco e cerco di apportare innovazioni al passo con i tempi».
E quello sulle Nazioni Unite?
«Il fine per cui sono nate è perfetto: preservare la pace nel mondo è un grande disegno. Tuttavia, spesso succede che l'ONU diventi strumento di qualche Paese o gruppo di Paesi che se ne servono per i propri interessi e questo non è bene».
Perché la guerra e la violenza continuano a martoriare gli uomini?
«Perché nel mondo manca il senso di fratellanza e responsabilità universale, quel sentimento di preoccupazione per la felicità di tutti gli esseri viventi, non solo di questa Terra ma di tutto l'Universo e di tutte le galassie».
La libertà è solo un mito?
«Non direi, ma io penso che non sia possibile conquistarla di colpo, ci vogliono coraggio e pazienza».
Quali sono state le prove del suo riconoscimento quale reincarnazione del XIII Dalai Lama?
«Da bambino ricordavo persone conosciute nella vita precedente e certi oggetti che erano appartenuti al mio predecessore. Ricordo poi che ai miei genitori continuavo a dire: “Voglio andare a Lhasa, voglio andare a Lhasa…”. Il Buddismo si basa sul principio di “continuità della mente”, il “continuo mentale” che non ha inizio né fine. Reincarnazione significa che dopo la morte c'è un'altra vita, ma prima ce ne deve essere stata necessariamente un'altra ancora. Per la maggior parte delle persone questo passaggio avviene senza coscienza. Certe persone invece (i Buddha; n.d.a.) con la pratica spirituale controllano la rinascita e al momento della morte decidono di reincarnarsi per il bene di tutti gli esseri senzienti».
Quanto è lontano il momento della riconciliazione con la Cina?
«Purtroppo, ci vorrà ancora molto tempo prima che io e gli oltre 100mila esuli si torni in patria. Comunque, il mio rientro a Lhasa non è così importante come il benessere e la felicità dei milioni di tibetani che vivono là. Noi torneremo solo quando la libertà sarà ripristinata definitivamente nel nostro Paese».
Qual è, infine, la forza del Buddismo Mahayana?
«Quello che più mi colpisce è il grande coraggio interiore di chi ne percorre il Sentiero. In vari testi della nostra tradizione si trovano parole di questo tipo: le sofferenze più atroci sono niente al confronto del benessere altrui. Il coraggio del Mahayana, comunque, è sempre confortato da grande saggezza».
La sofferenza, dunque, come strumento di conoscenza?
«Certo! Si può usare la sofferenza per generare saggezza. Ma la sofferenza, di per se stessa, va eliminata e la sopportazione del dolore serve solo a evitare un dolore più grande».
Qui si conclude la nostra intervista con il XIV Dalai Lama del Tibet. Con un ultimo pensiero dedicato da Sua Santità ai nostri lettori...
«Io spero e prego che queste mie poche parole possano contribuire alla vostra pace interiore».
Buona Musica (e non solo) a tutti!
Fausto Pirìto
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