Loretta del Nannini continua a raccontare…
di Marcella Bitozzi - lunedì 03 settembre 2018 ore 07:00
Sia in tempo di occupazione tedesca, sia quando sono arrivati gli americani, dice Loretta, non ci sono stati episodi di particolare cattiveria nei confronti dei Cascianesi.
Il giorno trascorreva abbastanza tranquillo e la guerra sembrava lontana.
Anzi, dice ancora Loretta, le donne cucinavano per i soldati, alcuni di loro avevano fatto amicizia con le famiglie del paese e al tempo degli americani le donne lavavano e stiravano le loro divise in cambio di un po’ di soldi e di alcuni pezzi di sapone.
Ma come in tutte le regole, ci sono le eccezioni.
In piazza Mascagni c’era un piccolo accampamento di tedeschi: soldati, alcune tende, qualche camionetta.
E un pomeriggio, racconta Loretta, appena dopo pranzo, erano circa le 14, quando due soldati tedeschi apparvero all’improvviso sotto casa.
Nessuno di noi, dice Loretta, li aveva mai visti. Capitava spesso che non conoscessimo i soldati accampati in paese perchè arrivavano e partivano in continuazione, alcuni non uscivano mai, o semplicemente non ce li ricordavamo.
Era prima del passaggio della guerra, il 1943, e in quel periodo i giovani uomini correvano un doppio pericolo: i tedeschi che facevano retate dei giovani italiani per portarseli via e poi magari ucciderli, e il richiamo alle armi.
Evaristo Susini e sua moglie Fanni avevano tre figlie femmine e tre figli maschi: Carlino, Renzo e Neri.
Neri, il figlio maggiore, era in guerra, e Carlino e Renzo vivevano nascosti “alla macchia”, nei boschi sopra Parlascio, e come tutti gli altri giovani del paese solo poche volte venivano a casa per potersi riposare.
La sorella Fedora portava loro ogni giorno da mangiare, e il minimo indispensabile per vivere.
Quel giorno, continua Loretta, Carlino e Renzo erano scesi per rifocillarsi, e stavano dormendo nelle proprie stanze prima di tornare di nuovo alla macchia.
Loretta era la più piccola, e insieme alle altre donne di casa e qualche amica, erano fuori a chiacchierare, qualcuna di loro lavorava all’uncinetto, e tutte insieme tenevano d’occhio la zona, per avvertire Carlino e Renzo che riposavano, di eventuali pericoli.
I due tedeschi arrivarono da piazza Mascagni e notarono il carro dove alcune delle donne erano sedute, poi si diressero subito verso la stalla dove Evaristo stava dando da mangiare ai buoi.
Uno di loro era calmo, ma l’altro aveva tutta la camicia sudata, io lo ricordo bene, racconta Loretta, urlava forte, sbatacchiava il fucile parlando tedesco con solo qualche parola in italiano, e noi non capivano niente, soltanto che dava ordini ed era meglio per noi stare calmi e assecondarlo.
I due tedeschi entrarono nella stalla, e il tedesco più irrequieto sempre smanaccando e urlando acchiappò la corda porgendola a Evaristo e indicandogli i buoi ed il carro.
Facevano così durante le retate, dice Loretta, rubavano i carri e le bestie e se li portavano via con i giovani sopra.
Loretta, che aveva appena nove anni e poteva passare inosservata, intuì che toccava a lei far sapere a babbo Alfonso cosa stava succedendo; anche lui stava riposando al piano di sopra.
Babbo Alfonso, senza perdere un solo attimo, si gettò dalla finestra della sua camera saltando sul tetto della capanna accanto alla stalla, e veloce come una lepre, attraversò gattoni la vigna per arrivare più presto possibile alla villa Delle Piane.
I Delle Piane ospitavano in modo permanente un colonnello tedesco, e Alfonso contava sul suo intervento per risolvere la situazione.
Intanto mamma Ada era corsa al piano superiore e ce la fece a riparare in cucina e a chiudere la porta con il chiavistello.
I due tedeschi la videro dalla finestrella sulle scale e corsero anch’essi al piano di sopra.
“Aprire aprire“ – urlava il tedesco arrabbiato – “No, paura” – rispondeva Ada, cercando di intrattenere i soldati per consentire a Carlino e Renzo di darsela a gambe.
Ma Carlino e Renzo erano talmente sopraffatti dalla stanchezza che non ce la fecero a svegliarsi del tutto e a capire in tempo cosa stesse succedendo.
Intanto i due soldati davano botte a non finire con il fucile alla porta e alla fine riuscirono a sfondare.
Entrarono in camera dove dormivano i giovani … “boni boni per pun pun” gridava il tedesco sguaiato, lasciando intendere che i giovani sarebbero stati perfetti per la guerra.
Poi, racconta Loretta, aprì l’armadio, prese a caso degli indumenti e smanaccando con il fucile spianato continuava “…questo bono… questo bono, vestire, vestire..”.
Loretta , senza farsi vedere, passò accanto a Evaristo e le sussurrò: “Babbo è alla villa”.
Evaristo capì e pensò che doveva prendere tempo, e fece la prima cosa che gli venne in mente: tirò fuori una tinozza, la riempì di acqua, la posò sulla scala, e cominciò a lavarsi i piedi.
Fanni invece tirò fuori dal cassetto la foto di Neri al fronte: “Guardate.. mio figlio.. al fronte.. tedeschi buoni …. americani cattivi… “
Attimi di terrore, il gelo nel sangue, ma il terrore aveva abituato tutti a non perdere la calma e a sviluppare quell’istinto di sopravvivenza indispensabile per salvare la pelle.
Ci capivamo, dice Loretta, anche senza poterci parlare, i nostri movimenti e le nostre azioni sembravano essere studiate e coordinate mentre in realtà tremavamo come foglie e tutto ciò che facevamo era assolutamente improvvisato.
Intanto Alfonso ce la fece ad arrivare alla villa senza essere visto e raccontò tutto al colonnello tedesco.
Un atto come questo, continua Loretta, era facile intuire che fosse opera dei singoli soldati e non un “ordine”; per questo babbo Alfonso pensò subito al colonnello tedesco.
E aveva ragione perchè Il colonnello tedesco e il genero di Delle Piane, anch’esso colonnello dell’aviazione italiana, certo Martini, arrivarono subito, tutti e due in ciabatte per la fretta, prendendo di petto la situazione. Alfonso rimase alla villa.
Il colonnello tedesco era infuriato, e rivolgendosi ai soldati gridò: “Documenti, documenti!”
Solo il soldato calmo li aveva, il tedesco “sudato” no.
Fu ordinato a tutti di uscire, solo i due colonnelli ed i soldati rimasero in casa.
Cosa successe tra quelle mura nessuno lo seppe mai, racconta Loretta, e dopo un po’ il colonnello tedesco fece scortare i due soldati all’accampamento in piazza Mascagni, e di loro nessuno seppe più niente.
Carlino e Renzo se ne tornarono alla macchia.
Panico, paura, confusione e brividi sulla pelle ne passarono chissà quanti su adulti e ragazzi in quei momenti terribili che sembravano lunghi un’eternità.
Poi un infinito benessere, tutto era finito bene.
Ma anche qualcun altro in paese, in quel periodo, visse gli stessi attimi di paura di Carlino e Renzo, la paura di essere rimandato al fronte.
Si dice che un fascista che contava parecchio in paese avesse detto pubblicamente “…non rispettano il richiamo alle armi? Se ne ammazza uno nella piazza… vedrai come partano tutti!...”
Nessuno, per fortuna, lo fece mai.
Anche Sirio Bitozzi, il falegname, doveva nascondersi , neanche lui voleva andare al macello.
Sirio però aveva un atteggiamento un po’ più di sfida nei confronti del pericolo e anziché andare alla macchia se ne restava comodo in casa sua.
Anzi, qualche volta usciva e si faceva anche vedere in paese.
Un fascista mise in guardia suo padre Nello. “Tieni in casa tuo figlio, è meglio”
E Sirio cominciò a rimanere in casa, e qualche volta, quando bussavano alla porta, si gettava nel “pèreto” dalla finestra di cucina, parte di terra della fattoria Delle Piane a confine con la sua casa.
Ma un giorno doveva andare a Lari per un commissione, e mentre percorreva a piedi Via Delle Colline insieme alla sua fidanzatina Miranda, se la vide proprio brutta.
I due fidanzatini, quando sentivano arrivare qualcuno si nascondevano, ma una motocicletta con due tedeschi arrivò troppo velocemente, non c’era modo di nascondersi in fretta e furono beccati.
I tedeschi si fermarono. Sirio pensò: …addio, mi portano via…
Ma non fu così: anche i tedeschi stavano andando a Lari e domandavano la via.
Il solito sollievo, la solita paura che scompare: ……..Di là, di là, di là…… Sirio e Miranda accavallando le loro voci insegnarono la strada ai due tedeschi almeno dieci volte aspettando che la moto ripartisse portandoseli via.
Sirio, quando era in vita, raccontava … “il dietro della moto che se ne andava ….. una delle immagini più belle che abbia mai visto in vita mia!”
Marcella Bitozzi