Attualità martedì 16 giugno 2020 ore 17:30
Don Dianich, la moschea e le tradizioni di Pisa
L'anziano teologo invita a difendere la "grande tradizione culturale" di Pisa, quella di una città aperta a "illimitati orizzonti culturali"
PISA — Monsignor Severino Dianich, noto teologo e responsabile delle attività culturali della Diocesi di Pisa, nonché vicario episcopale per la Pastorale della cultura e dell’università, interviene nel dibattito moschea sì - moschea no su invito del comitato "Sì alla libertà di culto". Lo fa, principalmente, per "sconfessare" chi si appella ad una presunta "tradizione" della città di Pisa da difendere per dire no alla costruzione di una moschea.
Il noto teologo pisano, portando vari esempi, ricorda a tutti che la "grande tradizione culturale della città di Pisa", che oggi è necessario difendere", è semmai quella di "una città colta, aperta nei suoi studi e nelle sue creazioni artistiche, ieri come oggi, in un quadro di illimitati orizzonti internazionali".
Di seguito l'intervento di monsignor Severino Dianich.
"Chi
teme di mettere in pericolo l’identità culturale di Pisa e di
contaminare i suoi monumenti, eretti dalla fede di un popolo
cristiano, permettendo che vi si costruisca una moschea, non dovrebbe
preoccuparsene. Infatti, a contaminare i suoi monumenti con
intrusioni di elementi di altre religioni e culture, soprattutto di
quelli provenienti da artisti musulmani dei paesi arabi, ci hanno già
pensato a loro tempo i lontani predecessori degli attuali
amministratori del comune che, nel Mille e nel Millecento, assieme
all’arcivescovo della città, soprassedevano alla progettazione e
alla costruzione del Duomo e degli altri monumenti della sua piazza.
Non ebbero, infatti, alcuno scrupolo nell’inserire fra le bozze di
marmo bianco delle costruzioni frammenti di templi pagani della Pisa
colonia romana. Sia all’esterno che negli interni, per la
decorazione dei paramenti murari, non disdegnarono di copiare dalle
moschee dei paesi arabi, nei quali i pisani non giungevano solo per
le guerre, ma anche per i commerci e gli scambi culturali e delle
tecnologie costruttive, il motivo delle fasce bianche e nere, che si
affermeranno come l’emblema dello stile romanico pisano.
Usarono, nelle navatelle laterali del duomo, prima che diventassero
motivo caratteristico dello stile gotico, gli archi acuti,
prendendone l’idea dall’architettura dei paesi musulmani che ne
facevano uso da tempo. Volendo dotare di un bel pavimento mosaicato
il presbiterio del battistero, ritennero bello far lavorare,
accanto ai maestri della famiglia romana dei Cosmati, anche una
maestranza di marmorari arabi, che ne hanno decorato le superfici
laterali, affiancando alle volute intarsiate di stile cosmatesco, che
brillano nella parte centrale, i motivi caratteristici dei loro
tradizionali “arabeschi”.
Per decorare gli esterni più austeri, in pietra tufacea, della basilica di San Piero a Grado, della chiesa di San Sisto (nella foto sotto), dell’abbazia di san Zeno e di molte altre chiese, creavano, in genere immediatamente al di sotto della sporgenza del tetto, gli spazi in cui collocare splendidi bacini di ceramica araba, di cui oggi si può ammirare nel museo di San Matteo una delle collezioni più importanti del mondo. A volte erano bottino di guerra, ma altre volte il frutto di oculati acquisti sui mercati arabi da parte di maestri di gran buon gusto.
Gli scambi culturali con il mondo arabo, come con quello bizantino, erano costanti. Certamente nessuno nella Pisa medievale avrebbe mosso una piega nel vedere che uno dei pisani più celebri, Leonardo Fibonacci, andava in Algeria per approfondire i suoi studi alla scuola dei grandi matematici islamici. La tradizione non si spegnerà in seguito: anche quando si starà profilando il pericolo dei Turchi, sedici anni dopo la conquista di Costantinopoli, nel 1469 Benozzo Gozzoli dipingerà nel Camposanto una scena della vita di Abramo, che la Bibbia non racconta, e che invece si trova narrata nel Corano.
Questa è la grande tradizione culturale della città di Pisa che oggi è necessario difendere: l’identità di una città colta, aperta nei suoi studi e nelle sue creazioni artistiche, ieri come oggi, in un quadro di illimitati orizzonti internazionali".
Se vuoi leggere le notizie principali della Toscana iscriviti alla Newsletter QUInews - ToscanaMedia. Arriva gratis tutti i giorni alle 20:00 direttamente nella tua casella di posta.
Basta cliccare QUI