Esperto dei Queen parla del film e di Freddie 1/5
di René Pierotti - mercoledì 09 gennaio 2019 ore 06:30
1° capitolo - PARTIAMO DAL FILM BOHEMIAN RHAPSODY
Il film Bohemian Rhapsody è risultato campione di incassi un po' in tutto il mondo, Italia compresa. Tuttavia la pellicola che ripercorre la storia dei Queen e di Freddie Mercury (e che si interrompe al 1985, sei anni prima della morte del cantante) ha fatto anche discutere. Molti critici e anche molti fan hanno apprezzato, allo stesso modo altri hanno avuto da ridire.
Il film ha avuto oltre 3 milioni di spettatori in Italia (ovvero un italiano su venti), dove è il più visto del 2018, e più di 700 milioni in tutto il mondo (una persona ogni dieci nel mondo). Alla 76esima edizione dei Golden Globe il film sui Queen ha vinto il premio come miglior film drammatico mentre Rami Malek quello per miglior attore.
Visto il successo della pellicola e viste le critiche, da appassionato dei Queen ho deciso di interpellare un esperto per saperne di più, non solo sul film ma anche sui Queen e su Freddie.
L'esperto è Claudio Tassone*, fondatore e gestore della Comunità Queeniana, community fondata nell'aprile del 2012 e che oggi conta più di 3200 iscritti in tutta Italia. Tassone ha 40 anni ed è di Napoli. Maggiori informazioni su di lui si trovano in fondo all'articolo. Le foto che si trovano nell'articolo e nella fotogallery sono tratte in parte da Comunità Queeniana (grazie!) e in parte da Wikipedia.
Qui sotto il sommario, a seguire la prima parte di questa lunga intervista, Partiamo dal film Bohemian Rhapsody. Le restanti quattro usciranno mercoledì 16, 23 e 30 gennaio e mercoledì 6 febbraio.
Sommario
1. PARTIAMO DAL FILM BOHEMIAN RHAPSODY
2. I QUEEN E L'ITALIA (leggibile cliccando qui)
3. DOMANDE VARIE SU FREDDIE (leggibile cliccando qui)
4. RAPPORTI DI AMICIZIA TRA I QUATTRO QUEEN (leggibile cliccando qui)
5. ALTRE DOMANDE E CURIOSITA' SUI QUEEN (leggibile cliccando qui)
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1.PARTIAMO DAL FILM BOHEMIAN RHAPSODY
Tra le critiche quelle più numerose hanno riguardato le differenze tra la storia raccontata nel film e la realtà. Differenze che, è stato detto più volte e da più parti, sono state necessarie a rendere più accattivante la storia. Il film ha avuto anche l'avallo di Brian May e Roger Taylor, chitarrista e batterista della band.
Su questa pellicola l'esperto Tassone ha spiegato: “Penso che sia un gran bel film, anche se non è il capolavoro che i più speranzosi potevano attendersi. Non mi pronuncio neanche in quanto agli adattamenti cinematografici che lo deviano dalla storia reale. È un film, non un documentario. Nessun film racconta 15 anni di storia in due ore restando fedele alla realtà. Quello che conta è il messaggio globale, ed è corrispondente”.
Tassone ha poi analizzato l'interpretazioni dei quattro attori principali: “I Queen con Freddie e John erano una famiglia, con tutti i pro e i contro. Litigavano pesantemente e poi tornavano insieme dimenticando tutto, e la magia avveniva nuovamente. Rami Malek fa dimenticare la propria identità dopo il primo secondo di visione. Nel film è Freddie, con il suo carattere, la sua personalità, quasi il suo carisma. Rappresenta benissimo l’istrionicità del personaggio reale in pubblico, così come la sensibilità e la ricerca di una fuga dalla solitudine che Freddie viveva nel privato. E poi c’è la gestualità e lo spiccato senso dell’umore della star inglese. Non sono l’unico ad affermare che meriti l’Oscar come migliore attore”.
“Gwilym Lee è un Brian May assolutamente clonato da quello vero. Ha assorbito ogni espressione, movenza, perfino il tono della voce. Per lui sono state commissionate due diverse chitarre, in modo da rappresentare le varie epoche della Red Special costruita da Brian insieme a suo padre e leggermente aggiornata nel corso della carriera”.
“Joseph Mazzello è fra i quattro l’attore che al naturale assomiglia maggiormente al suo corrispondente, John Deacon. Addirittura oserei dire che il trucco e il parrucco per il film lo hanno a volte allontanato dall’aspetto del nostro bassista. Anche lui però ha assimilato le movenze e le buffissime espressioni del viso, sebbene non abbia avuto la fortuna di incontrare il vero Deacon (anche se sarebbe stato possibile). La sceneggiatura lo valorizza ulteriormente, con quella tipica battuta che suona sempre come una sentenza, specialmente in materia di economia e finanze della band”.
“Ben Hardy è un Roger Taylor abbastanza corrispondente al vero. È un giocherellone scanzonato e talentuoso, amicone e donnaiolo, con la classica molla che a tratti lo rende il più aggressivo della band. Mi fido dell’impronta che (immagino) lo stesso Roger avrà voluto dare al suo personaggio, però dai documenti d’epoca ricordo un Taylor leggermente diverso”.
Nel film ci sono anche altri personaggi, mentre alcune figure importanti sono state tralasciate: “Simpaticissimo il cameo di Mike Myers, che già si era avvicinato all’universo Queen nei primi anni ’90 con il film Fusi di Testa. Allen Leech e Lucy Boynton fanno il loro mestiere nei panni rispettivamente del manager-assistente Paul Prenter (effettivamente un verme così come è rappresentato, pace all’anima sua) e della donna della vita di Freddie, Mary Austin”.
“Un po’ trascurato dal montaggio il personaggio di Jim Hutton (ultimo fidanzato di Mercury). Il primo manager della band (nel film) John Reid viene un po’ sacrificato dalla sceneggiatura. Ma se c’è un attore oltre a Malek e May (insuperabili) che mi fa impazzire, è Tom Hollander che interpreta Jim Beach, l’attuale manager dei Queen”.
“La sequenza storica non viene rispettata, ma a mio parere la pecca più grande è stata il montaggio finale. Infatti, rispetto a tutte le scene girate (oltre tre ore di film, a detta di alcuni informati dall’America), il final cut ha escluso passaggi fondamentali, come l’ingresso del bassista John Deacon nel gruppo, la genesi e la nascita di canzoni come Crazy Little Thing Called Love (primo numero 1 nel Nord America, tagliata fuori anche dalla scena finale al Live Aid) e una ripresa live di ’39 di assoluto impatto”.
“Considerando che il film è più su Freddie Mercury che sui Queen, non viene affrontato con il dovuto dettaglio il tema delle sue origini e della sua formazione come persona, a lungo in un collegio in India. Mancano alcune amicizie significative, come ad esempio quella con la compianta attrice Barbara Valentin o peggio ancora quella con il suo assistente personale Peter Freestone. Ecco, nel film mancano degli aspetti significativi della vita domestica di Freddie. Voglio leggerla come una volontà di esaltare maggiormente la sua straordinaria carriera più che approfondire il privato”.
“Però il tema della solitudine e soprattutto quello dell’omosessualità/bisessualità e della malattia sono trattati con una delicatezza ammirabile. Era facile rovinare tutto con una rappresentazione grossolana, ma non è successo. Infine, i circa dieci minuti finali con la ricostruzione del Live Aid sono adrenalina ed emozioni allo stato puro. Se possibile, direi che aggiungono addirittura valore al documento che ci ha consegnato la storia”.
Secondo Tassone “Freddie esce dal film omaggiato e consacrato come una icona leggendaria, con i pregi e le debolezze di ogni essere umano. Freddie questo lo ha detto nelle interviste, e non per fare una battuta: “Sono un essere umano”. E in Bohemian Rhapsody c’è tutta la straordinarietà di questo mito che era prima di tutto un essere umano eccezionale”.
Alcune curiosità che tu hai scoperto sul film e puoi raccontare ai lettori e agli appassionati?
“In quanto “film”, Bohemian Rhapsody rappresenta una semplificazione della realtà. Se è vero che l’obbiettivo era raggiungere un pubblico il più vasto possibile e attirare nuovi appassionati (risultato raggiunto e superato a pieni voti), sono rimasto molto sorpreso dalla quantità di riferimenti e citazioni relative a dettagli che solo i fan più attenti possono cogliere. A parte la scena in cui Mike Myers richiama la sua scena di Fusi di Testa in cui guida l’auto con il suo gruppo di amici sulle note di Bohemian Rhapsody, ci sono ad esempio i gatti di Freddie”.
“Due di essi sono molto somiglianti con Tiffany e Oscar, che lui aveva con sé proprio in quegli anni (in seguito ne ebbe molti di più contemporaneamente). Le foto di Freddie da bambino che si vedono nell’album durante la scena a tavola sono davvero riproduzioni di quelle originali. Freddie era effettivamente un frequentatore degli Smile ai loro concerti nei locali di Londra. Sui tom della batteria di Roger Taylor ai tempi degli Smile c’era proprio quello slogan: “Don’t Forget To Smile”. Quando Freddie spiega di avere un timbro vocale così particolare a causa di una fila aggiuntiva di denti nell’arcata inferiore, corrisponde alla realtà. La scena ridicola in cui Freddie litiga con il microfono per poi ritrovarselo impugnato con solo metà dell’asta, anche se temporalmente collocato in modo differente, è quello che gli accadde dal vivo in una delle band precedenti ai Queen, rimanendo per sempre un suo marchio di fabbrica”.
“I Queen hanno realmente registrato prevalentemente di notte il loro primo album, nei tempi morti dello studio di incisione. La storia dell’anello con cui Freddie chiede a Mary di sposarlo è quasi completamente vera; manca solamente un gioco di scatole cinesi nella quale solo alla fine, nella più piccola, c’era il prezioso regalo. Perfino in una scena che può sembrare romanzata ho trovato un riferimento alla realtà, quando Brian May irrompe nell’appartamento di Freddie insieme agli altri ragazzi dei Queen e trova i due amanti in intimità: fa una battuta sarcasticamente pungente alla ragazza, come farebbe un giovane geloso; ed infatti, prima di fidanzarsi con Freddie, la Austin era uscita anche con il vero Brian May. Mi fermo con gli aneddoti alla scena in cui i Queen iniziano il tour nel Nord America e sono a bordo del pullman che li trasporta: si intravede fugacemente Freddie che gioca a Scarabeo, il gioco preferito dalla band durante le pause e i viaggi. Potrei continuare per molti minuti a riprendere questi dettagli proposti nel film. Però forse è meglio lasciare che siano gli spettatori a coglierli. Dico solo che la sequenza finale con l’esibizione al Live Aid è incredibilmente fedele all’originale. Si potrebbe fare un montaggio delle diverse riprese e ottenerne il video definitivo”.
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COMUNITÀ QUEENIANA ITALIANA
E' nata da un'esigenza di Tassone, quella di aggiornare gli altri per essere aggiornato lui stesso su tutto ciò che riguarda i Queen e i suoi componenti: “Avevo voglia di offrire uno spazio comune in cui si potesse condividere e discutere di tutto: dalla possibilità di registrazioni inedite alle vacanze di Roger Taylor, dalle collaborazioni musicali di Brian May al suo impegno per la difesa degli animali, dalle curiosità sulla storia della band all’ultimo incontro ravvicinato con John Deacon. Freddie Mercury naturalmente sarebbe stato costantemente un tema centrale”.
Ad oggi su Comunità Queeniana ci sono oltre 400 articoli pubblicati, composti da notizie approfondite, da traduzioni in italiano di interviste (una delle chicche come già detto è la traduzione continua che Tassone fa del blog Ask Phoebe, in cui Peter Freestone, assistente personale di Freddie dal 1979 al 1991, risponde ai fan sui temi più disparati) e altri contenuti editoriali ripescati dal passato più o meno recente. Comunità Queeniana italiana conta ben 25000 visite per settimana, centomila al mese.
Oltre a questo esistono un canale YouTube e uno su Vimeo “grazie ai quali abbiamo messo online contenuti interessanti e unici, come ad esempio video sottotitolati da noi in italiano per migliorarne la fruibilità nel nostro paese”.
“Il contenuto davvero unico che potrai trovare solo sulla nostra pagina web è la “Cronologia Queeniana”. È stata una mia intuizione. Come avviene per le cose migliori, ho tratto ispirazione da un mio limite: ho una pessima memoria. Come avrei potuto quindi ricordare puntualmente e con un certo livello di dettaglio (discretamente alto) tutto quello che i Queen e i singoli componenti della band hanno combinato in quasi 50 anni di carriera? Ed ecco che ho iniziato a raccogliere ed affinare sempre più una effettiva cronologia di tutti, ma proprio tutti gli eventi: si parte dagli anni di nascita fino ad arrivare ai giorni nostri, mese per mese, anno per anno, evento per evento. Solo dando un’occhiata di persona è possibile comprendere l’eccezionalità di quanto offre online la Comunità Queeniana”.
*Claudio Tassone è nato a Napoli 40 anni fa e lavora come impiegato in una nota azienda italiana: “La mia passione per i Queen ha radici lontane nel tempo. Quando avevo circa 4 anni mi capitò di ascoltare alla radio It’s Late, la canzone scritta da Brian May per l’album News Of The World. Quel riff così tipico, caratterizzato dal suono unico che contraddistingue la Red Special mi ha colpito nonostante ancora non avessi neppure imparato a scrivere… E poi, vogliamo parlare di una radio italiana che trasmetteva i Queen con It’s Late all’inizio del 1982?! Doveva essere un segno del destino. Ovviamente non avevo nessuna cognizioni di chi fossero i Queen. Sapevo solo che quel riff di chitarra mi piaceva da morire. Per questo iniziai già da piccolissimo a farmi una qualche cultura sul rock, un genere di musica che non si ascoltava affatto in casa nostra; mio padre era più per la classica o al massimo per le canzoni tradizionali. Fino all’età di 8 anni non mi focalizzai sui Queen, per vari motivi: in primis non c’era internet e tutte le inesauribili fonti di informazioni delle quali tutti disponiamo oggi, e poi i miei non avevano nessuna voglia di regalarmi un disco rock. Non ho mai approfondito questa cosa, ma credo che non vedessero di buon occhio il rock. Insomma, quando arrivò il 1986 i Queen pubblicarono A Kind Of Magic, l’album che rappresentava quasi la colonna sonora del film Highlander con Christopher Lambert. Tutte le radio passavano la title track e in tanti la canticchiavano, anche fra i miei compagni di classe. A mia madre piaceva questo attore e la cosa fece da catalizzatore per far entrare i Queen nelle grazie dei miei genitori. Il caso volle che in quegli anni la band facesse la svolta “pop” nella propria musica e così quasi tutto (per fortuna non tutto) iniziò ad avere per loro un senso più tranquillo e scanzonato. Stranamente non fu A Kind Of Magic il loro primo album che potei stringere nelle mie mani. Nel 1989, quando ormai a 11 anni avevo piena coscienza di ciò che volevo, trovai anche il motivo per farmi fare il regalo giusto. Alla fine di un buonissimo anno scolastico, alla domanda “Cosa vorresti per regalo?” risposi “l’album The Miracle dei Queen!”. Ricordo che un sabato di giugno saltai in auto con mio padre e andammo in centro a Napoli per cercare il mio “premio”. Non ci crederai, ma l’album era esaurito (sia cassetta che vinile) e i negozianti non avevano alcuna confidenza nel fatto che potesse tornare disponibile. Pazienza. Fu una grande delusione, ma mi consolai con il fatto che nelle radio era sempre presente I Want It All, con quelle chitarre potentissime e la voce graffiante di Freddie Mercury. Non avevo ovviamente nessuna idea che in circolazione vi fosse una malattia che ce l’avrebbe portato via così presto. Tornando ai miei tentativi, dopo l’estate dovetti aspettare il Natale per riprovare ad ottenere il dono tanto desiderato. Ma niente, Miracle non era disponibile. Stavolta non ero più disposto a tornarmene a casa con le mani vuote. In uno dei negozi in Piazza Garibaldi vidi dentro a una vetrina la scritta “Queen”. Non avevo mai visto quell’album. Era per la precisione una musicassetta, quella semi-ufficiale chiamata Queen – At The Beeb, contenente un paio delle primissime sessioni incise dalla band per la BBC. Praticamente a quei tempi era una primizia e una rarità assoluta, specialmente in Italia. Senza nessuna incertezza la scelsi come regalo natalizio, anche se sotto l’albero non ci arrivò mai: la ascoltai appena comprata, dalle cuffie del mio walkman, mentre in macchina rientravamo a casa. Erano registrazioni dei primissimi Queen, quelli dell’hard rock più estremo che avessero mai inciso! E mi piacevano da impazzire. Da allora e fino al 1993 comprai praticamente tutta la discografia Queen, in vinile, perché era così che volevo ascoltarli. Alla fine fu una buona intuizione, visto che i vinili oggi vanno di nuovo per la maggiore. Purtroppo, nel frattempo tutto il mondo dovette fare i conti con la scomparsa di Freddie, a causa dell’AIDS. Seguirono anni molto bui per noi fans della “Regina”. Se prima le reazioni di chi mi circondava erano “i Queen… chi????”, ora erano diventate “i Queen? Ah, sì, quelli del cantante drogato, pedofilo (informazione falsa e sciagurata diffusa da un assurdo servizio del TG RAI) e gay (come se fosse stato un crimine). Quei tempi erano quel che erano purtroppo. Ma tutte quelle cose non fanno che aumentare la gioia che ho al giorno d’oggi, con i Queen riconosciuti come fenomeno assoluto, sia musicale che sociale”.
René Pierotti