Ma che gol faceva Simone Perrotta
di René Pierotti - martedì 06 febbraio 2018 ore 18:00
Facebook mi ricorda che è almeno dal 2009 che ho iniziato a condividere i gol di Simone Perrotta. Da allora, a cadenze abbastanza regolari, io e un gruppetto di amici abbiamo postato sulla mia bacheca le reti del centrocampista giallorosso.
Nel 2009 Perrotta era ancora in piena attività, ha smesso nel 2013. Doveva ancora segnare una quindicina di gol sui 62 totali messi a segno in 629 partite. In pratica uno ogni 10 partite, una rete ogni due mesi e mezzo che dal 2009 al 2013 appariva sulla mia bacheca.
Non ero sempre io il primo a condividere l'ultimo piccolo capolavoro perrottiano. Con gli amici era ormai una sfida a condividerla per primi. C'erano molti commenti ironici.
Perché? Perché Perrotta ha sempre segnato gol particolari, stranissimi. Non belli, a volte pure brutti a una prima visione.
Perrotta aveva un'intelligenza superiore nei tempi di inserimento. Aveva un metro di vantaggio sugli avversari.
Perrotta è stato un centrocampista al vertice della serie A, un campione del mondo (titolare) nel 2006. E' nato nel 1977 ad Ashton-under-Lyne, cittadina di 40mila abitanti a meno di dieci chilometri da Manchester. In Inghilterra ha vissuto fino a cinque anni. Suo padre era emigrato per lavoro fino ad arrivare a gestire una birreria.
Con sua grande sorpresa la cittadina inglese nel 2010 gli ha pure dedicato una statua dopo la vittoria del mondiale, peraltro senza che Perrotta ne sapesse nulla. E' venuto a saperlo da suo zio, che abitava ancora lì. Oltre al centrocampista italiano la cittadina ha eretto statue anche a Jimmy Armfield e Geoff Hurst, anche loro campioni del mondo ma quaranta anni prima, con l'Inghilterra.
Perrotta a cinque anni si è trasferito in Calabria. Dopo le giovanili e gli esordi alla Reggina, ha fatto il salto alla Juventus nel 1998, a 21 anni.
Gli osservatori bianconeri avevano visto giusto ma nella Juve ha giocato poco. Dopo è andato a Bari e poi a Chievo (“scaricato dalla Juve”).
Con Del Neri in panchina si è ritagliato un ruolo di primo piano. Il tecnico coi baffi è stato decisivo spostando Perrotta dall'esterno al centro, accanto a Corini: “Nel Mondiale di Corea e Giappone, se a centrocampo fossero stati scelti loro due, sono convinto che sarebbe finita diversamente per l'Italia e per Trapattoni” ha detto Del Neri, che è stato ringraziato da Perrotta pochi minuti dopo la vittoria del mondiale del 2006 con un sms: “Caro mister, se sono campione del mondo, lo devo a lei. Grazie, Simone Perrotta”.
Nel 2004 è passato alla Roma dove è rimasto fino al 2013, collezionando tra campionato e coppe più di 300 partite e una cinquantina di gol.
Alla Roma non hai mai vinto uno scudetto, per quattro volte è arrivato secondo “come Toto Cutugno al Festival di Sanremo”. Ha vinto due Coppe Italia e una Supercoppa italiana.
Le sue reti erano molto intelligenti, frutto di calcoli mentali che tenevano conto simultaneamente di rimbalzi, rimpalli, scivolate degli avversari, cadute, movimenti degli attaccanti e sicuramente altri eventi imprevisti. Qualcosa insomma che faceva solo Simone Perrotta.
“Il ruolo che esalta di più le mie qualità è il trequartista atipico che si butta negli spazi. Ma deve esserci un attaccante che mi viene incontro, tipo Totti. Se invece ho una punta davanti che va negli spazi mi trovo in difficoltà perché mi costringe ad andare a prendere la palla e fare la giocata: non è roba per me” ha detto nel 2009.
Un ruolo perfetto nato per caso in un Sampdoria Roma in cui mancavano molti giallorossi, come ha raccontato lui stesso: “E’ stata la partita della svolta, eravamo senza mezza rosa. Spalletti la mattina della partita mi si avvicinò e mi disse: 'Stasera giochi dietro a Francesco. Lui centravanti e tu al posto suo sulla trequarti'. Lì per lì ero allibito, ma come sempre mi è accaduto ho accettato con entusiasmo il cambio di modulo. Spalletti ebbe un colpo di genio ed iniziò una cavalcata esaltante negli anni seguenti”.
E partendo da quella posizione sono nate tantissime reti. I suoi gol hanno una caratteristica o una combo di caratteristiche particolari.
Nella stragrande maggioranza dei casi si verifica almeno uno di questi eventi: Perrotta controlla male e ne nasce un dribbling, nel tirare cade, si fa trovare pronto su una ribattuta, colpisce la palla che colpisce un avversario e finisce in gol, vince un contrasto e poi segna, si inserisce alla grande e colpisce di testa, inizia l'azione, la conclude e calcola anche il rimbalzo del pallone per riportarlo a centrocampo dopo il gol, visto che la Roma stava perdendo. Oppure indossa i panni del signor Wolf di Pulp Fiction.
Non c'è mai un tocco di classe fine a sé stesso, non può esserci. Tutte le conclusioni sono estremamente essenziali. Anche quando evita il portiere con un pallonetto o quando segna in rovesciata si nota una certa goffaggine.
Il gol capolavoro di Perrotta è, secondo me, quello segnato in un Roma Catania 7-0. C'è tutto in questa rete e oltre a lui cadono tre difensori più il portiere.
Dopo il ritiro nel 2013 Perrotta è entrato nell'Assocalciatori dove è presidente l'ex compagno e amico Damiano Tommasi.
Oggi Perrotta è il responsabile per il sindacato della divisione junior: “Alla base del calcio ci devono essere dei valori. Noi dobbiamo lavorare sulla base, sui bambini, trasmettendo valori come quelli della competizione sana, dell’integrazione”.
Perrotta non è stato un calciatore banale, non è un uomo banale, anzi. Sul calcioscommesse ha detto: “È un tema molto delicato, perché soprattutto nelle serie inferiori ci sono realtà in cui i compensi sono minimi o nulli. In queste crepe di malagestione si infiltrano società che non stenterei a definire mafiose, che vanno a corrompere i ragazzi per fargli fare quello che leggiamo spesso sui giornali. Si torna al discorso di prima: ci vuole un’etica sportiva che contribuisca a diminuire queste pratiche ed è per questo che lavoriamo alla base della piramide”.
René Pierotti