Draft Nba anche per i giovani di Serie A
di René Pierotti - giovedì 25 ottobre 2018 ore 08:00
In questi giorni è iniziata la stagione della Nba con l'attesa mondiale per Lebron James, passato dai Cleveland Cavaliers ai Los Angeles Lakers e con i Golden State Warriors ancora favoritissimi.
Della Nba mi affascina, ancora prima del gioco, l'organizzazione. Una lega e delle squadre organizzatissime che girano gli Usa in lungo e in largo con aerei personalizzati, che hanno addetti che sono capaci di smontare l'appartamento di un giocatore appena ceduto da Golden State e di farglielo trovare già montato due giorni dopo a New York.
Una lega che ha il tetto salariale e che educa i giocatori per farli diventare perfetti personaggi dello star system.
Ma soprattutto una lega che ha il draft.
Il draft, ovvero la possibilità di scegliere i migliori talenti a costo zero, provenienti prevalentemente dai college e destinati, i migliori, alle squadre meno forti, che scelgono per prime, in base a come si sono classificate nel campionato precedente.
Secondo me sarebbe interessante, bello e forse anche utile se anche nel calcio italiano i giocatori giovani, alla fine del percorso nelle squadre Primavera, cioè a 19 anni, venissero assegnati alle squadre professionistiche con un draft.
In Nba i giocatori arrivano dal college, mentre in Italia esistono i settori giovanili delle squadre.
Ma quanti giocatori dei settori giovanili di Juve, Milan, Inter, Napoli o Roma finito il percorso giovanile rimangono in prima squadra? Pochissimi.
Allora una soluzione potrebbe essere quella di mantenere i settori giovanili come sono adesso. Ma, al compimento dei 19 anni, quando i calciatori diventano eleggibili al draft e possono andare in qualsiasi squadra, con preferenza di scelta a quelle che nel campionato precedente di serie A si sono classificate dall'ottavo al diciassettesimo posto. Dopo di loro scelgono le prime dieci di serie B (comprese le tre retrocesse), poi le seconde dieci di serie B e poi inizia il secondo giro del draft.
I giocatori presi al draft hanno subito un contratto di quattro anni nella squadra in cui arrivano con un ingaggio fisso stabilito.
Una delle domande che potrebbe sorgere è: che ci guadagnano le grandi squadre a mantenere dei settori giovanili se poi a 19 anni i calciatori si svincolano? Si potrebbe fare che se un giocatore si mette in mostra nella squadra in cui è stato scelto e riceve delle offerte da altre squadre il ricavo della vendita del cartellino viene diviso così: 25 per cento alla squadra che lo ha valorizzato e 75 a quella che lo ha cresciuto se la cessione avviene nel primo anno. Oppure fifty-fifty se la cessione avviene nel secondo o terzo anno.
Facendo un esempio pratico: tale Antonello Spaccareti, cresciuto nel settore giovanile dell'Inter, viene preso al draft dall'Empoli come prima scelta. E' un attaccante molto promettente e al primo anno in serie A, quello dai 19 ai 20 anni, gioca 32 partite e segna 13 reti.
Su di lui mette gli occhi l'Atletico Madrid che offre 36 milioni di euro per averlo. Se l'Empoli accetta prende 12 milioni. All'Inter vanno gli altri 24. Se il trasferimento, con la stessa offerta, avvenisse l'anno dopo la spartizione sarebbe 18 all'Empoli e 18 all'Inter.
Sarebbe anche utile prevedere una opzione preferenziale di ricompra: l'Inter in questo caso, con un'offerta, potrebbe ricomprare il giocatore. Ma l'Inter, intuendo il grande potenziale di Spaccareti, potrebbe anche avere la possibilità di tesserarlo da subito, lo vediamo più avanti.
Nel caso invece decidesse di non puntare su Spaccareti incasserebbe 24 milioni di euro puliti per un giocatore che ha fatto crescere ma che è stato valorizzato altrove, dove c'era un interesse reale a farlo crescere e non c'erano Icardi, Lautaro o Perisic da scalzare.
Un'operazione che arricchirebbe entrambi i club, sia il piccolo che il grande.
Senza contare che il draft accrescerebbe anche l'interesse verso i nuovi talenti e verso i campionati giovanili e, probabilmente, con una maggiore attenzione e narrazione creerebbe nel tempo giovani più pronti al salto tra i professionisti o comunque più consapevoli.
Ovviamente il draft sarebbe aperto anche alle primavere delle squadre delle serie inferiori. Dunque se fossimo nel 1993 probabilmente la prima scelta sarebbe Alessandro Del Piero del Padova o due giovanissimi 17enni romani, uno biondo e uno moro. Oppure un 19enne campano che, più avanti, esulterà facendo l'aeroplanino.
Quei due romani, Totti e Nesta, sarebbero stati un problema per il draft. Né Roma né Lazio si sarebbero volute privare di questi due talenti.
La soluzione potrebbe essere: se c'è un talento riconosciuto la squadra nel cui settore giovanile è cresciuto lo può tenere offrendo subito un contratto di quattro anni che però ha anche altri vincoli, legati al numero di presenze. Se le presenze minime non vengono fatte il giocatore diviene eleggibile l'anno dopo.
Cosa che con due fenomeni come Totti e Nesta non sarebbe accaduta, così come il Milan nel 1985 non si sarebbe privato di Maldini o il Bologna di Mancini nel 1981.
Penso però a giocatori andati un anno in prestito e poi ritornati in pompa magna e divenuti titolari: Marchisio, Aquilani, Florenzi, Bernardeschi. Per quelli come loro ci potrebbe essere una bassa clausola di riacquisto per le società in cui sono cresciuti.
Una sorta di indennizzo per il sistema delle giovanili. Infatti, nella mia idea, gli introiti di queste cessioni dovrebbero essere in parti vincolati al settore giovanile. Nel caso di Spaccareti una percentuale dei 36 milioni dovrebbe essere spesa, sia dall'Empoli che dall'Inter per migliorare il settore giovanile.
Sarebbe possibile farlo? L’Uefa o la Fifa si opporrebbero? Si creerebbe un sistema virtuoso? Non lo so, ma penso sarebbe interessante scoprirlo. Quasi sicuramente si accenderebbero i riflettori anche sul mondo della formazione dei calciatori.
Ci sarebbe il draft, alla fine dei campionati. E squadre come Chievo, Empoli, Bari, Lecce, Catania, Benevento, Atalanta, Brescia potrebbero sognare un grande giovane da scoprire. Sarebbe forse anche il modo per far decollare progetti ambiziosi come quello del Bologna di Saputo o del Parma. Con dei giovani brillanti più alcuni innesti azzeccati il salto a ridosso della zona Europa League sarebbe forse ancora più facile. Senza contare che i giovani (italiani o stranieri cresciuti nei settori giovanili) sarebbero all'avanguardia in Europa e proiettati in un sistema nuovo di accesso al professionismo.
René Pierotti
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