Esperto dei Queen parla del film e di Freddie 3/5
di René Pierotti - mercoledì 23 gennaio 2019 ore 06:30
3° capitolo - DOMANDE VARIE SU FREDDIE
Il film Bohemian Rhapsody è risultato campione di incassi un po' in tutto il mondo, Italia compresa. Tuttavia la pellicola che ripercorre la storia dei Queen e di Freddie Mercury (e che si interrompe al 1985, sei anni prima della morte del cantante) ha fatto anche discutere. Molti critici e anche molti fan hanno apprezzato, allo stesso modo altri hanno avuto da ridire.
Il film ha avuto oltre 3 milioni di spettatori in Italia (ovvero un italiano su venti), dove è il più visto del 2018, e più di 700 milioni in tutto il mondo (una persona ogni dieci nel mondo). Alla 76esima edizione dei Golden Globe il film sui Queen ha vinto il premio come miglior film drammatico mentre Rami Malek quello per miglior attore.
Visto il successo della pellicola e viste le critiche, da appassionato dei Queen ho deciso di interpellare un esperto per saperne di più, non solo sul film ma anche sui Queen e su Freddie.
L'esperto è Claudio Tassone*, fondatore e gestore della Comunità Queeniana, community fondata nell'aprile del 2012 e che oggi conta più di 3200 iscritti in tutta Italia. Tassone ha 40 anni ed è di Napoli. Maggiori informazioni su di lui si trovano in fondo all'articolo. Le foto che si trovano nell'articolo e nella fotogallery sono tratte in parte da Comunità Queeniana (grazie!) e in parte da Wikipedia.
Qui sotto il sommario, a seguire la terza parte di questa lunga intervista, Domande varie su Freddie. Le restanti due usciranno mercoledì 30 gennaio e mercoledì 6 febbraio.
Sommario
1. PARTIAMO DAL FILM BOHEMIAN RHAPSODY (leggibile cliccando qui)
2. I QUEEN E L'ITALIA (leggibile cliccando qui)
3. DOMANDE VARIE SU FREDDIE
4. RAPPORTI DI AMICIZIA TRA I QUATTRO QUEEN (leggibile cliccando qui)
5. ALTRE DOMANDE E CURIOSITA' SUI QUEEN (leggibile cliccando qui)
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3. DOMANDE VARIE SU FREDDIE
Freddie e l'Aids
Quale era la percezione dell'opinione pubblica rispetto alla malattia prima del comunicato del 23 novembre in cui, a poche ore dalla morte, il cantante annunciò di avere davvero l'Aids. Voglio dire, sapevano tutti (fan, media, gente comune) che aveva l'Aids oppure era una supposizione neanche tanto risaputa?
“Ciò che mi chiedi posso conoscerlo solo per sentito dire, dal momento che ero troppo giovane per seguire l’evoluzione della triste storia. Ciò che ho letto è che le voci sul contagio di Freddie dal virus HIV circolavano già dal 1986. È toccante il racconto di Jim Hutton riguardo il rientro insieme a Freddie dall’ultimo fantastico viaggio in Giappone nell’autunno di quell’anno, quando in aeroporto c’era un giornalista d’assalto pronto a sbattere in faccia a Freddie la prima pagina di un tabloid sulla quale si diceva che fosse già ammalato”.
“Freddie non lo seppe con assoluta certezza fino alla primavera seguente. I Queen, si dice, lo appresero da lui due anni dopo, anche se ognuno di loro già ne erano in qualche modo al corrente (specialmente il manager Jim Beach, al quale il segreto era stato rivelato per primo). Penso proprio che l’assenza di tour da parte di una rock band che aveva costruito sull’immagine dal vivo la propria fortuna fosse nel 1990 un campanello di allarme per tutto il mondo della musica, fans compresi. La sera del 18 febbraio di quell’anno i Queen salirono sul palco dei Brit Awards per ritirare un premio speciale alla carriera. Credo che nessuno avesse più dubbi sul precario stato di salute di Freddie dopo aver visto quelle immagini. Addirittura il pianista Fred Mandel telefonò dal Canada per chiedere come mai avesse un aspetto così gracile. Purtroppo un anno e mezzo dopo la notizia venne resa pubblica dal comunicato stampa scritto insieme a Jim Beach, scritto probabilmente il 21 novembre 1991 e diffuso il 23. Dopo un solo giorno Freddie non era più con noi. Per concludere rispondendo alla tua domanda, chiunque avesse seguito gli aggiornamenti successivi all’album The Miracle poteva essersi fatto una certa idea di quanto stesse accadendo”.
A Freddie piaceva il mare?
“No, Freddie non era precisamente un tipo da spiaggia. Non intendo il fisico, che al contrario era asciutto e presentabilissimo in un eventuale costume da tintarella. Però, nonostante le sue origini nella calda e assolata Zanzibar, su un mare al quale ci si affacciava da spiagge esotiche, Freddie non si è mai dimostrato interessato a quel tipo di svago in età adulta. Probabilmente lo stile di vita più “da mare” che gli possiamo associare è quello delle permanenze all’Hotel Pike’s di Ibiza a metà degli anni 80 oppure quando era ospite nella proprietà di Roger Taylor, sempre sull’isola delle Baleari. In ogni caso, i Queen fecero delle vacanze in luoghi esotici, come in Indonesia e Maldive, soprattutto negli anni 70, per rigenerarsi un po’ durante gli intensivi tour promozionali in giro per il mondo. Non è un caso che un una delle canzoni di The Miracle il testo riporti “We went to Bali” (la retrospettiva Was It All Worth It)”.
Freddie e i baffi…
“Freddie Mercury si fece crescere i baffi nel 1980, prima della pubblicazione dell’album The Game. Tutti nei Queen aggiornarono il proprio aspetto in quella occasione, tranne l’immarcescibile Brian May che conservò la sua leggendaria capigliatura riccioluta. Successivamente Freddie tagliò i baffi alla fine di marzo del 1984, per le riprese della scena con il Royal Ballet nel video di I Want To Break Free. Infine, ne fece definitivamente a meno nel febbraio del 1987, quando li tagliò in occasione del video di The Great Pretender. Non c’è un nesso fra i baffi e la comparsa della malattia. Probabilmente Freddie aveva semplicemente deciso di cambiare look”
Freddie negli ultimi mesi di vita...
“Da quello che ci è stato raccontato dai suoi colleghi e dai collaboratori in studio, Freddie registrò per l’ultima volta alla fine di maggio del 1991; la canzone era Mother Love, poi ultimata con parti vocali di Brian May (presente nell'album postumo Made in Heaven, del 1995). Proprio Brian ha affermato che Freddie lasciò lo studio perché non si sentiva abbastanza in forma da proseguire nel lavoro quel giorno, dicendo che sarebbe tornato successivamente. In realtà non riuscì più a mantenere quell’impegno. Le uniche testimonianze dirette che possono aiutarci si trovano nei libri scritti con le memorie di Jim Hutton e di Peter Freestone, non a caso fra le pochissime persone vicine a Freddie in casa fino all’ultimo. Negli ultimi mesi della sua vita lo stato di salute era altalenante: un giorno passeggiava in giardino e l’altro restava nella propria camera da letto, un giorno intratteneva conversazioni con gli altri in casa e l’altro si limitava ad affacciarsi alla finestra dal piano superiore di Garden Lodge”
“Sentiva di avere ancora molto da dare al mondo, ma doveva fare i conti con quell’inesorabile male. Stando a quanto riferisce Peter Freestone, Freddie decise di interrompere quasi completamente il trattamento farmacologico a cui era sottoposto per l'HIV / AIDS il 10 novembre 1991, continuando ad assumere solo antidolorifici. I medicinali gli giungevano periodicamente da New York tramite un volo Concorde. La scelta è presto spiegata: a quel punto aveva capito che non sarebbe più riuscito a creare musica. Senza di essa e con i pesanti limiti imposti dalla malattia non avrebbe avuto senso sopravvivere, perché lui voleva vivere. Mary Austin racconta che Freddie disse: “Bene, lo accetto. Me ne andrò”. Una scelta estrema e irreversibile, ma allo stesso tempo coraggiosissima. A quel punto aveva perso qualunque speranza di poter rientrare a lavoro”
Mary Austin, prima compagna e poi amica del cuore di Freddie (e a cui ha lasciato Garden Lodge e gran parte dell'eredità) ha mai rilasciato interviste pubbliche?
“Anche in questo caso vado a memoria e ti rispondo di sì, un paio almeno. Una è stata raccolta in video all’esterno di Garden Lodge nei primi anni ’90, molto confusionaria e nella quale Mary risponde quasi come con le spalle al muro, tenuta a braccetto dal suo partner dell’epoca. La più rilevante è stata invece realizzata 5 anni fa dal giornalista David Wigg per il Daily Mail, direttamente nel salotto di Garden Lodge. Wigg era stato uno dei pochi giornalisti amici di Freddie e infatti anche Mary risponde in modo schietto e sincero alle domande che le vengono poste. Parla del coraggio di Freddie nel fare fronte a quel male misterioso e inesorabile, delle difficoltà a far fronte alla pesante eredità lasciatale da Freddie e del patto di fedeltà riguardo la custodia dei suoi resti mortali. Mary gli è davvero rimasta sempre leale, anche nelle promesse. Un’intervista davvero forte. La consiglio”. L'intervista è leggibile cliccando qui.
Che lavoro o lavori ha fatto e fa Mary Austin?
"La riservatezza del personaggio non mi aiuta nel darti una risposta esaustiva. Tutti sappiamo che Freddie la conobbe nella boutique Biba a Londra, dove lei lavorava come commessa e addetta alle relazioni con il pubblico. Dal momento che all’epoca aveva solo 19 anni, immagino che sia stato il suo primo vero lavoro. Non ho mai trovato riferimenti su quando lasciò quell’impiego. In seguito è tutto un mistero su cosa abbia fatto. Si sa soltanto che ha avuto dei figli, due maschi (Freddie ha conosciuto il primo, Richard, e lo adorava), e due sono state anche le relazioni sentimentali piu serie (durate non a lungo). Per questo posso immaginare che Mary si sia dedicata alla propria famiglia dagli anni 90 in poi. È stata fra i membri che hanno istituito il Mercury Phoenix Trust, la fondazione creata insieme ai tre Queen superstiti e al loro manager Jim Beach per contrastare la diffusione dell’HIV / AIDS nel mondo. È possibile che vi abbia materialmente lavorato, dal momento che una delle due sedi è a St Ives, non lontanissima a Nord Ovest di Londra (l’altra è a Montreux, in Svizzera). Poi però si sono perse le sue tracce nell’organizzazione. Mary ha ricoperto il ruolo di segretaria nella Nightytape, una società nata nel 1985 con il solo scopo di gestire i diritti d’autore e le royalties inerenti Mr. Bad Guy, il primo album solista di Freddie Mercury. Mary, come è noto, è stata la destinataria di metà della fortuna economica di Freddie, compresa Garden Lodge. Gode delle royalties alla pari della famiglia d’origine di Freddie. In questi giorni stanno circolando le stime sui profitti derivanti dagli oltre 750 milioni di dollari incassati dal film Bohemian Rhapsody: la metà dovrebbe spettare alla casa di produzione, mentre l’altro 50% andrà diviso equamente fra i Queen e gli eredi di Freddie. Fra questì ultimi, in vita ci sono soltanto Mary Austin e Kashmira Cooke, sorella di Mercury. Non è difficile immaginare come, anche con un qualsiasi grado di approssimazione, Mary non abbia avuto né avrà granchè bisogno materiale di un lavoro. Oggi ha 67 anni e viene avvistata quando esce per fare spese, vestita come la vicina della porta affianco, con tutti i segni della sua età anagrafica. Purtroppo per lei, come cantava Freddie, “Money can’t buy happiness…”
Ci parli un po' di Garden Lodge, la bellissima villa di Londra comprata da Freddie nel 1980 e abitata dal 1985 fino alla morte...
“Freddie acquistò Garden Lodge da un membro della famiglia di banchieri Hoare nel 1980 per mezzo milione di sterline. Tuttavia non andò ad abitarci fino al 1985 inoltrato, a causa degli importanti lavori di riadattamento e restauro che volle realizzare per due motivi: restituirle il fascino e il pregio originario andato un po’ perso per mano dei proprietari precedenti, e per renderla confacente alle proprie esigenze e gusti. Il motivo della lungaggine apparente di questi lavori è presto spiegato dall’estensione della proprietà: un terzo di acro con ampio giardino e costruzione a due piani con 8 camere da letto.
Qui sotto un'entrata di Garden Lodge
L’edificio venne costruito agli inizi del 1900 in stile neo-georgiano per il pittore Cecil Rae e sua moglie. In seguito è appartenuta al Presidente della casa d’aste Sotherby’s e perfino ad alcuni agenti segreti nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante l’investimento significativo, Freddie non la trasformò in una appariscente reggia ricoperta di marmo e con finiture in oro… Piuttosto la arricchì secondo i propri gusti, nei quali il legno, le illuminazioni e soprattutto gli oggetti d’arte (soprattutto giapponese) dai quali aveva sempre sognato di circondarsi. Direi che la casa, oltre ad essere imponente e affascinante, era soprattutto funzionale al fatto che dentro ci vivessero almeno quattro persone contemporaneamente (ovvero Freddie, il compagno Jim Hutton, l'assistente Peter Freestone e il cuoco-amico ed ex Joe Fanelli, ndr), con i relativi spazi e servizi. Forse la più grande stravaganza da parte di Freddie a Garden Lodge (visto che la Jacuzzi era un semplice status symbol) potrebbe essere indicata nella vasca in giardino in cui era stato ricreato l’habitat per le preziosissime carpe giapponesi della specie koi; oltre 80, per un valore stimato pari a quello dell’intera casa (oggi invece varrebbero sul mercato oltre un milione di sterline)! Fra l’altro fecero una brutta fine alcuni anni fa per un errore degli operai della Clifton Nurseries alla quale Mary aveva affidato la manutenzione della vasca in cui vivevano”.
Una chicca che si trova sulle pagine di Comunità Queeniana è la traduzione continua che Tassone fa del blog Ask Phoebe, in cui Peter Freestone, assistente personale di Freddie dal 1979 al 1991, risponde ai fan sui temi più disparati, da cosa beveva Freddie ogni mattina alle 9 (Earl Grey con un po' di latte e due zollette di zucchero) ai suoi giochi preferiti (ping pong e Scarabeo) fino al menù che veniva preparato ad ogni Natale in casa Mercury.
Proprio su Freestone Tassone ha detto: “Penso che siamo fortunati a poter apprendere dai racconti di persone che sono state fisicamente testimoni della grandezza dei Queen e di Freddie Mercury”.
Qui sotto Freddie con Peter Freestone
Qui Freestone con Claudio Tassone
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COMUNITÀ QUEENIANA ITALIANA
E' nata da un'esigenza di Tassone, quella di aggiornare gli altri per essere aggiornato lui stesso su tutto ciò che riguarda i Queen e i suoi componenti: “Avevo voglia di offrire uno spazio comune in cui si potesse condividere e discutere di tutto: dalla possibilità di registrazioni inedite alle vacanze di Roger Taylor, dalle collaborazioni musicali di Brian May al suo impegno per la difesa degli animali, dalle curiosità sulla storia della band all’ultimo incontro ravvicinato con John Deacon. Freddie Mercury naturalmente sarebbe stato costantemente un tema centrale”.
Ad oggi su Comunità Queeniana ci sono oltre 400 articoli pubblicati, composti da notizie approfondite, da traduzioni in italiano di interviste (una delle chicche come già detto è la traduzione continua che Tassone fa del blog Ask Phoebe, in cui Peter Freestone, assistente personale di Freddie dal 1979 al 1991, risponde ai fan sui temi più disparati) e altri contenuti editoriali ripescati dal passato più o meno recente. Comunità Queeniana italiana conta ben 25000 visite per settimana, centomila al mese.
Oltre a questo esistono un canale YouTube e uno su Vimeo “grazie ai quali abbiamo messo online contenuti interessanti e unici, come ad esempio video sottotitolati da noi in italiano per migliorarne la fruibilità nel nostro paese”.
“Il contenuto davvero unico che potrai trovare solo sulla nostra pagina web è la “Cronologia Queeniana”. È stata una mia intuizione. Come avviene per le cose migliori, ho tratto ispirazione da un mio limite: ho una pessima memoria. Come avrei potuto quindi ricordare puntualmente e con un certo livello di dettaglio (discretamente alto) tutto quello che i Queen e i singoli componenti della band hanno combinato in quasi 50 anni di carriera? Ed ecco che ho iniziato a raccogliere ed affinare sempre più una effettiva cronologia di tutti, ma proprio tutti gli eventi: si parte dagli anni di nascita fino ad arrivare ai giorni nostri, mese per mese, anno per anno, evento per evento. Solo dando un’occhiata di persona è possibile comprendere l’eccezionalità di quanto offre online la Comunità Queeniana”.
*Claudio Tassone è nato a Napoli 40 anni fa e lavora come impiegato in una nota azienda italiana: “La mia passione per i Queen ha radici lontane nel tempo. Quando avevo circa 4 anni mi capitò di ascoltare alla radio It’s Late, la canzone scritta da Brian May per l’album News Of The World. Quel riff così tipico, caratterizzato dal suono unico che contraddistingue la Red Special mi ha colpito nonostante ancora non avessi neppure imparato a scrivere… E poi, vogliamo parlare di una radio italiana che trasmetteva i Queen con It’s Late all’inizio del 1982?! Doveva essere un segno del destino. Ovviamente non avevo nessuna cognizioni di chi fossero i Queen. Sapevo solo che quel riff di chitarra mi piaceva da morire. Per questo iniziai già da piccolissimo a farmi una qualche cultura sul rock, un genere di musica che non si ascoltava affatto in casa nostra; mio padre era più per la classica o al massimo per le canzoni tradizionali. Fino all’età di 8 anni non mi focalizzai sui Queen, per vari motivi: in primis non c’era internet e tutte le inesauribili fonti di informazioni delle quali tutti disponiamo oggi, e poi i miei non avevano nessuna voglia di regalarmi un disco rock. Non ho mai approfondito questa cosa, ma credo che non vedessero di buon occhio il rock. Insomma, quando arrivò il 1986 i Queen pubblicarono A Kind Of Magic, l’album che rappresentava quasi la colonna sonora del film Highlander con Christopher Lambert. Tutte le radio passavano la title track e in tanti la canticchiavano, anche fra i miei compagni di classe. A mia madre piaceva questo attore e la cosa fece da catalizzatore per far entrare i Queen nelle grazie dei miei genitori. Il caso volle che in quegli anni la band facesse la svolta “pop” nella propria musica e così quasi tutto (per fortuna non tutto) iniziò ad avere per loro un senso più tranquillo e scanzonato. Stranamente non fu A Kind Of Magic il loro primo album che potei stringere nelle mie mani. Nel 1989, quando ormai a 11 anni avevo piena coscienza di ciò che volevo, trovai anche il motivo per farmi fare il regalo giusto. Alla fine di un buonissimo anno scolastico, alla domanda “Cosa vorresti per regalo?” risposi “l’album The Miracle dei Queen!”. Ricordo che un sabato di giugno saltai in auto con mio padre e andammo in centro a Napoli per cercare il mio “premio”. Non ci crederai, ma l’album era esaurito (sia cassetta che vinile) e i negozianti non avevano alcuna confidenza nel fatto che potesse tornare disponibile. Pazienza. Fu una grande delusione, ma mi consolai con il fatto che nelle radio era sempre presente I Want It All, con quelle chitarre potentissime e la voce graffiante di Freddie Mercury. Non avevo ovviamente nessuna idea che in circolazione vi fosse una malattia che ce l’avrebbe portato via così presto. Tornando ai miei tentativi, dopo l’estate dovetti aspettare il Natale per riprovare ad ottenere il dono tanto desiderato. Ma niente, Miracle non era disponibile. Stavolta non ero più disposto a tornarmene a casa con le mani vuote. In uno dei negozi in Piazza Garibaldi vidi dentro a una vetrina la scritta “Queen”. Non avevo mai visto quell’album. Era per la precisione una musicassetta, quella semi-ufficiale chiamata Queen – At The Beeb, contenente un paio delle primissime sessioni incise dalla band per la BBC. Praticamente a quei tempi era una primizia e una rarità assoluta, specialmente in Italia. Senza nessuna incertezza la scelsi come regalo natalizio, anche se sotto l’albero non ci arrivò mai: la ascoltai appena comprata, dalle cuffie del mio walkman, mentre in macchina rientravamo a casa. Erano registrazioni dei primissimi Queen, quelli dell’hard rock più estremo che avessero mai inciso! E mi piacevano da impazzire. Da allora e fino al 1993 comprai praticamente tutta la discografia Queen, in vinile, perché era così che volevo ascoltarli. Alla fine fu una buona intuizione, visto che i vinili oggi vanno di nuovo per la maggiore. Purtroppo, nel frattempo tutto il mondo dovette fare i conti con la scomparsa di Freddie, a causa dell’AIDS. Seguirono anni molto bui per noi fans della “Regina”. Se prima le reazioni di chi mi circondava erano “i Queen… chi????”, ora erano diventate “i Queen? Ah, sì, quelli del cantante drogato, pedofilo (informazione falsa e sciagurata diffusa da un assurdo servizio del TG RAI) e gay (come se fosse stato un crimine). Quei tempi erano quel che erano purtroppo. Ma tutte quelle cose non fanno che aumentare la gioia che ho al giorno d’oggi, con i Queen riconosciuti come fenomeno assoluto, sia musicale che sociale”.
René Pierotti