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Attualità lunedì 24 febbraio 2025 ore 11:03
Studio di Unipi su sanità e divario Nord-Sud

Uno studio dell’Università di Pisa analizza la mobilità sanitaria e il divario economico tra le regioni italiane
PISA — Ogni anno oltre mezzo milione di italiani si spostano tra le regioni per ricevere cure mediche, con un flusso di denaro che alimenta il divario tra Nord e Sud. Nel 2019 ben 3,7 miliardi di euro sono passati dalle regioni meridionali a quelle settentrionali, come evidenzia uno studio pubblicato sulla rivista Papers in Regional Science e condotto da Giovanni Carnazza, ricercatore dell’Università di Pisa, in collaborazione con studiosi degli Atenei di Bari, Roma Tre e Bocconi.
L’analisi della mobilità sanitaria in Italia tra il 2002 e il 2019 conferma che il Sud è il principale esportatore di pazienti, mentre il Nord è il grande beneficiario delle risorse sanitarie. Calabria, Campania e Puglia vedono perdere ingenti somme di denaro per i cittadini costretti a curarsi altrove, mentre regioni come Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto guadagnano oltre 300 milioni di euro annui grazie all’afflusso di pazienti da altre parti d’Italia.
Il Centro Italia mostra invece una situazione più equilibrata: Toscana e Lazio attraggono pazienti, mentre altre regioni, come Umbria e Marche, registrano un bilancio neutro. La Toscana, in particolare, ha chiuso il 2019 con un saldo positivo di circa 139 milioni di euro, grazie alla presenza di eccellenze come il Policlinico di Careggi, l’Azienda ospedaliera-universitaria di Pisa e la Fondazione Monasterio, oltre che per una gestione più efficiente e tempi di attesa ridotti rispetto ad altre regioni.
“La mobilità sanitaria amplifica il divario Nord-Sud, drenando risorse dal Meridione e rafforzando ulteriormente le strutture sanitarie settentrionali”, spiega Carnazza. “Questo meccanismo crea un circolo vizioso di diseguaglianza”.
Il ricercatore suggerisce un ripensamento del sistema di finanziamento sanitario, che attualmente penalizza le regioni più in difficoltà. “Sarebbe necessario adottare criteri più equi per distribuire le risorse, basandosi sui reali bisogni sanitari e garantendo livelli di assistenza omogenei in tutto il Paese”, conclude Carnazza.
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