La scienza (c'est moi)
di Nicola Belcari - martedì 18 gennaio 2022 ore 08:00
Quando si leggono, o si sentono, frasi del tipo -non è stata ascoltata la Scienza- (cioè, me) uno s’immagina che quell’idea astratta si sia incarnata e si aspetta di vederne apparire la figura iconografica che la rappresenta in una donna con le ali al capo, con uno specchio in una mano e una sfera sormontata da un triangolo nell’altra: simboli della contemplazione della realtà vista dall’alto, dello studio per astrazione e degli argomenti logici delle dimostrazioni.
L’autore invece che comparirà sul giornale o in tivvù è talvolta un personaggio asceso alla popolarità in seguito alle vicissitudini ultime. Uno di quelli, fra tanta schiera, che pronuncia i soliti moniti o inviti già tante volte impartiti (un po’ come pappagalli), che ripete considerazioni apprese da altri più eminenti di lui. Sentenziano dalla cattedra e nella qualità, legittimamente loro attribuita e riconosciuta, di esperti non possono essere contraddetti.
La Scienza è l’attività che (insieme ad altre) ha fatto dell’Uomo ciò che è, con scoperte e invenzioni è Progresso e qualità di vita, è perciò troppo alta e nobile per ridursi a una caricatura e neanche merita impiegarne il concetto in una battaglia di retroguardia.
“Io sono la Scienza” (tradotto). Mancava dai tempi dell’assolutismo monarchico una simile sovrapposizione e identificazione: “L’État, c’est moi”. Qualcosa del genere emerge dal titolo del film, “Io sono la legge” (Lawman) nella dura vita del far west.Tutto così, senza il senso del ridicolo, con coloro che ascoltano, anche dotti conoscitori della filosofia della scienza e della storia del pensiero scientifico, zitti, crudelmente zitti, come si fa con chi non è utile contraddire e si asseconda lasciandolo nella sua vana illusione.
Quando poi le domande ricadono su colleghi accusati di esperimenti pericolosi, l’esperto non esita a prenderne le difese pregiudizialmente: non si rende così “complice” di eventuali responsabilità?
Le ricette bizzarre delle fiabe, ossia l’elenco d’ingredienti, ali di pipistrello, code di topo, ecc., scelto per far ridere i bambini, che la strega, in antri cupi e tenebrosi alla luce di lingue di fuoco dai bagliori sinistri e violacei, mestola in un calderone, preparando la sua pozione, ricorda gli animali di certi laboratori.
Lo scienziato s’interroghi; non ceda a una cieca ambizione, valuti il Bene e il male nelle conseguenze del suo operato. Molto semplicemente, in questo caso facile-facile. Non si pretende la sensibilità d’animo d’interrogarsi sulla natura dell’esistenza umana, sul “paradosso della Libertà”, sulla “concatenazione delle cause”, sul dramma della scelta e la serie di eventi che si possono provocare.
Il ricercatore/sperimentatore virologo rischia di trovarsi al confine sottile tra benefattore dell’umanità e nemico del genere umano, tra scienziato e apprendista stregone, tra scoperte geniali (o fortuite) e l’involontaria creazione di mostri.
Nicola Belcari