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mercoledì 11 dicembre 2024

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

Stupidità e regresso

di Nicola Belcari - mercoledì 31 maggio 2023 ore 08:00

Nel mondo della stupidità è possibile non essere stupidi? Se noi siamo ciò che ci circonda, siamo l’aria che respiriamo? Come il cibo forma il corpo, le informazioni, i messaggi nei modi e nei contenuti in-formano la nostra mente? Dànno forma al suo funzionamento? È possibile per noi, necessariamente figli del nostro tempo, il tempo dell’oca farcita (N. Belcari), non essere coinvolti dalla stupidità dilagante? 

La stupidità qui è intesa come incapacità di capire, incomprensione in profondità, come mancanza di una chiave d’interpretazione del presente; essa pare innegabile e dimostrata da varie situazioni e dalla logica. La stupidità è all’ingrosso e al dettaglio. Il “progresso” non è un’avanzata lineare e sempre sono capitati momenti di regresso, superati nel lungo periodo (peggio per chi ci s’è trovato dentro): nell’alto medioevo andarono “perdute” scoperte scientifiche; gli orrori del Novecento testimoniano quanto sia difficile il miglioramento dell’etica e della cultura delle masse rispetto al progresso scientifico. Nel nostro caso è il ritorno al passato che contraddistingue l’involuzione e l’arretramento. 

La guerra è di nuovo un’opzione possibile, con l’aggravante del rischio, col nucleare, dell’auto-annientamento; nazionalismo e militarismo sono la risposta a una globalizzazione che è una versione perversa e opposta all’internazionalismo; tecnici di laboratorio, vittime dell’abbaglio di credersi scienziati, come bambini viziati e incoscienti, giocano a mosca cieca con i virus; sull’ambiente sembra evidente l’impotenza. Siamo in grado, a fronte dello sviluppo tecnologico portentoso e stupefacente, noi che usiamo costantemente strumenti senza conoscerne l’essenza tecnica, di non esserne dominati? 

La valanga d’informazioni offerta da questi media provoca disorientamento: la contemporaneità d’immagini di mondi tra loro diversi e lontani nello spazio e nel tempo coesistono in maniera caotica e incontrollabile in una miscela velenosa, sono immagini che stordiscono (si va da società ancora arcaiche, ex tribali, all’ultra modernità) e si mischiano stando insieme come l’olio con l’acqua. Nel quotidiano più banale siamo vittime del continuo ed estenuante confronto tra destra e sinistra, due facce della stessa medaglia, pallido fantasma di quelle visioni del mondo, che nella libertà dell’essere interpretate, potrebbero servire per una comprensione dei fenomeni. 

Meraviglia siano poche eccezioni coloro che sanno sottrarsi a questa finta alternativa, dimostrata dall’uniformità nella gestione del potere, che riduce l’aspra contrapposizione a una battaglia di parole e, nei fatti, alla scelta delle persone adatte per gli incarichi prestigiosi e remunerativi. E la tivvù? La scatola magica, agenzia d’informazioni e di formazione, in grado di raggiungere tutti gli strati della popolazione per età e condizioni a tutte le ore del giorno e della notte, avrebbe potuto far crescere un’opinione pubblica critica, matura, consapevole, capace di contrastare le scelte scellerate e la deriva delle élites che governano il mondo? O non ha funzionato come una fabbrica del consenso? 

Esemplare ed emblematica della crisi e della confusione del nostro tempo e del sistema di vita è l’arte contemporanea con le sue caratteristiche: elitaria, incomprensibile per il popolo, discutibile per gli esperti medesimi, senza criteri valutativi al punto da aver perso la possibilità della definizione stessa di arte. Essa ormai da più di cent’anni è specchio della società che denuncia nelle contraddizioni e storture. Esprime il disagio, con gli occhi sbarrati dallo spavento sull’inquietante realtà e sulle sue frontiere futuribili, dal post-umano alle minacce globali e totali, oltre alle ingiustizie più stridenti. Di fronte alla caoticità del reale mescola linguaggi e tecniche (scultura, architettura, video, azioni fisiche, ecc.) in produzioni spesso opinabili: avvolgenti, stranianti, mastodontiche, di un’ossessiva serialità, con materiali di scarto, rifiuti industriali e d’ogni genere. 

L’artista non esprime consonanza con la realtà ma lo smarrimento, il pericolo, l’ansia, la paura per un mondo ingiusto, disumano e fuori controllo. Poi siccome si soffre meno con tanti soldi vende la propria feticistica “feccia” a magnati e milionari: è la sua beffa, il suo “pacco” della truffa, la scatola del supermercato venduta a peso d’oro allo sprovveduto che può permettersi senza danno, o addirittura con guadagno, di farsi menare per il naso e prendere per i fondelli. Potesse consolare: altre epoche non sono state migliori di questa, ma peggiorare non era previsto e pure con l’illusione d’essere più progrediti di sempre. Con quale imperdonabile presunzione si può oltraggiare un periodo storico sia pure di breve durata e dai contorni difficili da definire? 

Giudichi chi legge. 

A me (come disse un letterato) autorizzano la vecchiaia e la solitudine.

Nicola Belcari

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