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lunedì 14 ottobre 2024

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

Pentimenti d'un altro tempo

di Nicola Belcari - mercoledì 24 agosto 2022 ore 09:00

Rovistando in soffitta scopro un biglietto o la pagina di una lettera appartenuta a una bisavola (sua o ricevuta da un’amica). A un certo punto l’autrice scrive: “… accettai di disfarmi della sola ricchezza d’una fanciulla povera, la virtù, abbandonandomi a un piacere colpevole che avrebbe potuto fare la mia disgrazia. Mi ero concessa a un giovane che l’indomani sarebbe partito per un viaggio dal quale non fece mai ritorno. Mi aveva promesso che mi avrebbe sposato e forse l’avrebbe fatto se avesse potuto. Ormai rischiavo la strada del disonore che mi avrebbe condotto all’infelicità, alla miseria, alla malattia, quando conobbi un uomo al quale non risultavo indifferente. Egli perdonò il mio fallo e poco dopo divenni sua moglie”.

Ecco il lieto fine di un pentimento del tempo che fu. Capita purtroppo di pentirsi ed è sempre spiacevole constatare di aver sbagliato una scelta o aver commesso un’azione controproducente o riprovevole di cui vergognarsi e non sempre è possibile evitare le conseguenze negative che ne derivano.

Ugualmente d’altri tempi, anche se di segno opposto, è il seguente pentimento con l’età. Giunta alla vecchiaia la signora di facili costumi si pentiva della sua condotta dissoluta, ormai divenuta difficile da esercitare quando col tempo le attrattive si erano fatte incerte e la bellezza era sfiorita, allora si dedicava a organizzare il lavoro delle ex colleghe con l’ufficio del lenocinio come tenutaria di una casa equivoca che tale era solo nella denominazione poiché non vi era nessun equivoco sull’attività che lì si svolgeva.

Lacrime di coccodrillo. Che bisogno c’era di mangiare l’ultima fetta di torta? Quei crostini di frattaglie inzuppati nel brodo di cappone? Non m’ero già procurato per l’indomani un fastidioso bruciore con il cinghiale con le olive? E la frittata di cipolle da rigurgitare? L’oca in umido unta all’ennesima potenza e il polpettone di uova di tacchino al pepe di Caienna? Ormai non era la fame né l’appetito a invogliarmi a favorire anche della macedonia di banane e fragole al rum…

Pentimento delinquenziale. Molti sono scettici del pentimento del reo che ha infranto la legge ed è stato arrestato. Ma come si fa a non credere che sia sincero? È chiaro che quel “colpo” sarebbe stato meglio non tentarlo e nemmeno commettere quel crimine.

Pentimento artistico. Se in un caso, un artista può “rinnegare” le proprie opere (l’Ammannati per gli ignudi dopo la crisi religiosa) in un altro, nella pittura, una prima versione può restare nascosta sotto l’ultimo strato di vernice per un ripensamento: a questo proposito si dice che le copie al contrario degli originali non presentino pentimenti: basterebbe non farlo sapere ai falsari.

Il pentimento fa soffrire e la “penitenza” è in sé compresa, solo quando segue un’azione che comporta un danno per altri allora abbisogna del perdono di costoro. È una condizione di spirito che fa onore a coloro che riconoscono l’errore: dalla Maddalena al figliol prodigo. Poi ci sono i piccoli pentimenti, comuni, banali: accettare un invito, vendere o acquistare qualcosa, votare un partito (un pentimento “inevitabile”, quasi garantito), una parola detta (in un momento di rabbia o sfuggita), un articolo scritto; e quelli “curiosi” e delicati che portano a maltrattare se stessi, a provare timore nel calpestare l’erba di un sentiero, quasi come se anche il solo essere al mondo, costretti a compiere delle “violenze”, fosse una colpa.

Nicola Belcari

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