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mercoledì 11 dicembre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Tre citazioni su cui riflettere

di Marco Celati - domenica 19 luglio 2015 ore 11:31

I gemelli Celati, miei figli, mi prendono in giro per i miei racconti. Che vizio assurdo queste citazioni! Sei troppo pedante. Ho replicato che è un intento, a volte un gioco, che fa parte del mio modo di raccontare, che mi ispiro a Tabucchi purtroppo senza nemmeno legargli le scarpe. Non potrei nemmeno, da qui all'aldilà. Sì, mi hanno risposto, ma il tuo "citazionismo" è eccessivo.

E poi mi hanno sfidato. Se proprio insisti, te le diamo noi le citazioni. E me ne hanno proposte tre su cui riflettere. Una di Nabokov sul messaggio letterario, un'altra sulla brevità di Pascal, nientemeno e infine un famoso scambio di battute sull'amore e lo snobismo culturale dal film Ovosodo.

Tiraci su un raccontino dei tuoi che non sia noioso e, a proposito, pubblica, se ci riesci. Ci si mettono anche loro! Già ho un amico scrittore che mi dice che scrivere senza pubblicare è come fare all'amore senza scopare! Più o meno. Comunque ho raccolto la sfida, ho aggiunto anche, a somma gioia dell'ipotetico lettore, altre citazioni sul tema e il risultato è il racconto che segue. Scusandomi, auguro buona lettura. Ma se avete di meglio, e ne avrete, non fate complimenti.

ADAGIO BIAGIO

Un amico scrive romanzi, scrive bene, è un insegnante o meglio, era un professore: scrive da quando è andato in pensione. Un altro pubblicherà le sue favole che usciranno in edicola con L'Espresso: ha preso a scriverle il sabato e la domenica da quando gli è nato il figlio. Il figlio è ovviamente nato a sua moglie, ma lui avrà certamente contribuito a questo lieto evento che gli ha cambiato la vita da un punto di vista esistenziale e letterario. Confesso che un po' li invidio: io non sono capace di elaborare storie e non ho facilità di scrittura. Ma poi, alla fine, nemmeno mi ci provo per due motivi essenziali. Il primo me l'hanno spiegato i miei figli: mi piace più rimpiangere che vivere. Ed è vero. Come sarà bello ascoltare un tango e lasciarsi soffrire di saudade, provando nostalgia per ciò che non sarà! È la miglior ricetta che conosco contro la delusione di vivere. Il secondo motivo è una comoda teoria: che non sia più possibile un romanzo, che non ha senso inventarsi storie e si possa solo scrivere del poco che accade e spesso senza senso. E in breve.

Blaise Pascal, che ebbe una vita brevissima e tuttavia fece a tempo di occuparsi di matematica, fisica, filosofia e teologia, lo sapeva bene: dimostrò il vuoto, dissertò sull'infinito e nelle Lettere Provinciali scrisse, scusandosi "Se avessi avuto più tempo, ti avrei scritto una lettera più breve". Scommise su Dio, morì a 39 anni.

Dunque elogio della brevità. In un film di qualche tempo fa, "Il Grande Freddo", l'attore Jeff Goldblum interpreta un giornalista che dispensa un massima della pubblicistica: “mai scrivere un pezzo più lungo che un americano medio non possa leggere durante una cagata media". E questo non sarà esprit de finesse, ma rende l'idea. Forse in qualche modo però è esprit géométrique": non ho dati precisi sulla lunghezza o la durata in questione. Posso solo azzardare una congettura: gli americani sono più dinamici e dunque più veloci degli italiani e non seguono la dieta mediterranea, dato c'è chi sostiene che siamo ciò che mangiamo e relative consequenziali...Insomma, per farla breve, un italiano medio dovrebbe forse concedere più tempo ai nostri scritti. Ma tutto è relativo.

Dice: ma che messaggio lanci così? Rispondo con Vladimir Nabokov che pure libri ne ha scritti, Lolita, Fuoco Pallido fra tutti: “Quale è il messaggio del mio libro? Se avessi voluto mandare un messaggio avrei fatto il postino”.

Già, Il Postino...Mi tornano in mente Massimo Troisi e Philippe Noiret nella parte di Neruda in esilio, la mediterranea Cucinotta e la meravigliosa isola di Procida. Troisi che registra i rumori del vento e del mare, la faccia scavata ed espressiva, ultima grande e commovente interpretazione. Di lì a poco la morte. Mi ricordo un cinema di provincia, un'amica e di avere pianto.

Eppure Il Postino suona sempre due volte e chi se lo scorda il grande Jack Nicholson che si scopa, dice davvero, la bionda Jessica Lange, sul tavolo di cucina: amore travolgente e fatale.

Tommaso:"Ma questo cazzo di amore, di cui tutti vi riempite la bocca, a me m'accascia. Piero, io voglio vivere solo come un cane. E rovistare tra le immondizie della vita, come diceva quello straordinario poeta ungherese che non ricordo neanche come si chiama"

Piero: "Ma ti levi di 'ulo, come diceva il mi' zio di Lucca!"

E Ovosodo di Virzì non commuove come Il Postino, ma rende l'idea. Forse in qualche modo però commuove anche Ovosodo: le peripezie giovanili del protagonista, gli studi, gli amori e alla fine l'ingresso in fabbrica e la sistemazione di una nuova famiglia, tutto tocca corde sensibili e parla un linguaggio che capiamo. E per noi toscani il linguaggio è già commozione: i ragazzini che giocano in cortile a palla, la palla che esce, calciata male "Chi ce la butta, la va a piglia'!" e la risposta del maldestro incaricato "E 'r budello di tu' ma'!" Non è poesia? In rima baciata.

Ma alla fine cosa lega il messaggio, la brevità e l'amore? Niente, nessun messaggio. O forse il messaggio è che l'amore è breve? "Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce" è un aforisma di Blaise, un adagio di Biagio, spesso riportato nei pizzini dei Baci Perugina. A dimostrazione che non può esserci una storia, semmai potremmo scrivere una non storia. Breve o perlomeno non lunga. Il caso, il destino, la nostra volontà, come volete o come capita, danno o tolgono significato alla vita e all'amore e alla fine esistere decentemente è già un discreto impegno. C'è materia da scriverci su? Forse o forse no.

I miei figli vorrebbero che per caso trovassi qualcuno a cui far leggere le cose che scrivo, legate tra loro solo da una cartella o da un file. Perché se vuoi il caso lo incroci, attraverserà la tua vita, dicono. Sono generazioni giovani, più sagge di chi le ha precedute, cioè noi, speriamo sia un buon segno. E tra l'altro potrebbero anche aver ragione. Ma non so se lo farò. Mi sono già divertito a scrivere questo racconto breve, forse su Qui News qualcuno si divertirà a leggerlo, ammesso che sia un divertimento. Pascal condannava il divertissement, ma lui era un genio.

Treggiaia 3/4 Luglio 2015

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati