Buon Natale dalle macerie della Terra
di Adolfo Santoro - sabato 23 dicembre 2023 ore 08:00
La dittatura è quella forma politica, propria dei regimi autoritari, che dall’Occidente viene interpretata come una fase di incubazione verso le aspirazioni ad una “democrazia rappresentativa”, in cui i diritti di tutti i cittadini siano liberati. È un’interpretazione, quella dell’Occidente, erronea, perché l’Occidente non riflette su se stesso e non si accorge di essere una componente del problema e che la libertà basata sul liberismo economico è un ostacolo per la liberazione interiore; diceva, infatti, Giorgio Gaber “Sii prima libero interiormente e poi chiedi la libertà esteriore”. Il soffocamento della rivolta delle giovani donne iraniane (e di quella fascia di uomini trentenni, che erano stati inviati a combattere contro i sunniti dell’Iraq e dell’Isis e che si sentivano delusi dall’irriconoscenza di chi è al potere della Repubblica Islamica di Iran) è stata soffocata dalla crudele e cruenta repressione della dittatura, che ha reso legale anche lo stupro come arma di dissuasione di massa. Ma non solo, perché ogni dittatura ha bisogno di consenso ed il consenso è derivato dall’indifferenza di tutte le altre fasce della popolazione. Non era successo così all’epoca della cacciata dello scià, che fu espulso da tutta la popolazione, che lo vedeva come alleato del più grande nemico, l’Occidente.
Riflettendo sulla dittatura nell’Iran si può risalire alle caratteristiche delle dittature:
1) I dittatori hanno bisogno di un nemico esterno, che sia percepito dalla quasi totalità della popolazione come causa della sofferenza, ad esempio perché affama con “inique sanzioni”; tutto ciò rende una farsa le “elezioni”, che per il potere diventano solo un plebiscito.
2) L’identità della popolazione coincide con la nozione di “Patria” e con la cultura ad essa connessa. Tutto quello che esiste al di là di questa cultura viene onnivorizzato: nel libro classico della letteratura iraniana, “Il libro dei Re”, si descrive la sconfitta di Dario ad opera dei macedoni di Alessandro Magno; ma Alessandro sussurra all’orecchio di Dario morente di essere, a sua volta, un persiano. Allo stesso modo i dittatori esterni, i turchi in particolare, vengono persianizzati. Allo stesso modo la sostituzione dell’antica religione di Zoroastro con l’Islam sunnita viene, nel 16° secolo, soppiantata dall’Islam sciita: l’Iran può così rivendicare di essere il baricentro del panislamismo. Questo orgoglio di Patria è più forte delle ragioni economiche ed apre la porta ai sacrifici del “morire per la Patria” e dell’”essere poveri per la Patria”. L’orgoglio nazionale fa sì che i popoli delle campagne iraniane, turche o russe preferiscano un dittatore certo al cambiamento di abitudini culturali: l’illusione competitiva di essere i protagonisti della Storia, tanto più se si fa parte di un Impero esistente da 2500 anni, ha la meglio sulla percezione della realtà della realtà.
3) Nonostante il fatto che in Iran ci sia un regime “teocratico”, il valore della religione è presente quasi solo nelle campagne (come nella Vandea della controrivoluzione francese), ma ciò serve ai dittatori per imporre la loro morale.
4) Il valore dell’individuo è inferiore a quello del Clan e della Famiglia: è il capofamiglia ad essere l’intermediario tra la Legge del Corano e dello Stato ed i comportamenti dei singoli.
5) L’Iran è una popolazione giovane: oltre il 70% della popolazione è sotto i 45 anni, il che favorisce il continuo fermento verso il cambiamento e la noncuranza della morte, che ha ceduto solo all’esemplare e crudele punizione di alcuni “ribelli”.
6) La parte dominante della popolazione iraniana (il 65%) è di etnia “parsi”, le altre etnie sono subalterne (ad esempio, la seconda etnia, quella degli àzeri, è turca e sciita). Tra le varie etnie del Medio Oriente, inoltre, c’è un’inimicizia affine al razzismo.
7) L’Iran è un impero, ma le vicende storiche dei Parsi hanno fatto sì che l’emigrazione in altri Paesi (Afghanistan, India etc) sia stata massiccia.
Questa descrizione della dittatura è comune alle democrazie illiberali di tutto il mondo ed anche in Italia è attualmente in atto un tentativo di restaurazione dell’illiberalità, che riecheggia alcuni aspetti del fascismo. Ma c’è qualche differenza tra il “Dio-Patria-Famiglia” delle dittature come quella iraniana ed il tentativo italiano, ben espresso nella cultura della festa di Atreju, una versione popolare della “Leopolda” di Renzi:
1) Anche ad Atreju è stato pervicacemente ricercato il “nemico”, che non sono le multinazionali, la NATO, l’Europa (entità cui questo Governo è subalterno: per Pasolini “il nuovo fascismo … è americanamente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo.”), ma i medio-piccoli, come la Schlein (che ha rifiutato l’invito a partecipare alla “festa”), Conte (che non è stato nemmeno invitato per timore del confronto, magari sulla povertà indotta dal governo), la stampa e chi, professandosi di sinistra (più o meno appropriatamente), si è arricchito (più o meno appropriatamente). È stato invitato, invece, Elon Musk, che è in tono con la festa di Atreju sia perché è l’uomo più ricco del mondo, sia perché è stato apostrofato come ”adolescente” da Vincenzo De Luca, che negò gli scavi di Pompei come possibile teatro della lotta libera tra Musk e Zuckerberg); ma c’è un altro paradosso: Musk non potrà tornare in Italia a causa della legge, proposta dal Governo ed approvata dal Senato, sull’”utero in affitto”, dichiarato “reato universale”, da perseguire insomma in tutto il globo terracqueo: Musk, infatti, ha un figlio concepito in questo modo e rischia molti anni di reclusione se rientra in Italia. I malevoli dicono che la “caciara” nello stile berlusconiano, che ha dominato la “cultura” della festa di Atreju, sia servita ad evitare di parlare delle “macerie” del bilancio dell’anno di governo: aumento del debito stellare dell’Italia, aumento dei limiti del pensionamento, 14 condoni e flat tax, salari più bassi d’Europa, svendita di ILVA e ITA, triplicamento dei migranti e correlata ricerca di soluzioni comiche, catastrofe ucraina e continuo invio di armi a danno dei sempre più poveri italiani, indifferenza verso quanto succede a Gaza, carovita, caro-benzina, riforme istituzionali formulate a caso, utilizzo del solo 7% del PNRR, assenza di soccorso per gli alluvionati, bavaglio alla magistratura, sfacelo della sanità, corruzione del sistema di informazione, problemi nella composizione del governo (Lollobrigida, Santanchè, Sgarbi, Delmastro, Giambruno, La Russa, Gasparri, Corsini e, sembra, Crosetto), prospettiva tragica per il 2024 … tutto in un clima “elettorale” continuo.
2) L’esaltazione del sacrificio ed il vittimismo connesso sono intrinseci ad ogni dittatura: ad esempio, su un palazzo costruito a Genova nel ventennio fascista, è scritto “Il sacrificio è un privilegio di cui bisogna essere degni”. Il vocabolario televisivo e dei media nell’ultimo anno si è adattato a quello fascista, che, in cambio del sacrificio di essere poveri, offre la ricerca di un’identità, che nasconde la paura del vuoto: la retorica si riempie di parole come “patria”, “patriota”, “nazione”, “popolo”, “riscatto”, “presidenzialismo” e dimentica termini come “stato” (usato, in genere, per indicare il rapporto tra burocrazia e cittadini), “antifascismo”, resistenza”. Al nazionalismo imperante sopravvive ancora, ma non si sa per quanto tempo, l’articolo 3 della Costituzione, che dispone che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. L’onnivorismo si è espresso non solo nell’occupazione di ogni angolo del potere, ma anche nel riscrivere la Storia da Dante al Risorgimento; ora tocca a Gramsci, morto nelle galere fasciste, ma del quale è stata scoperta la parentela con la Meloni! La superficialità di questa “cultura” si basa sulla “giovinezza” adolescenziale, alienata nei film e nella letteratura “phantasy”, nel principio divisivo della lotta paranoidea del “bene” contro il “male”: l’adolescenza può durare tutta la vita, anche se Carl Jung ci ricorda che l’uomo può giungere alla saggezza, ma troppo tardi.
3) Secondo rilevamenti statistici Ipsos, nel 2023 il 61% degli italiani (circa 35 milioni di persone) si è dichiarato cattolico, il 7% (circa 4 milioni) è affiliato ad altre denominazioni cristiane, il 2% ad altre religioni; il 28% (circa 16 milioni) si è dichiarato ateo o agnostico (il restante 2% non ha risposto). Nel 2022 i cattolici praticanti erano il 19% della popolazione italiana. Al di là di tutte le fedi, il 75% degli italiani si fida di papa Francesco, che è ritenuto di gran lunga la persona più affidabile.
4) La restaurazione operata dal Governo in atto ha ridato vigore al Clan politico di appartenenza, al Corporativismo e alla Famiglia: il patriarcato, più o meno benevolo, è per lo più negato in modo esterrefatto dai simpatizzanti dell’attuale Governo.
5) L’Italia è una popolazione vecchia: per il Rapporto Istat 2023 c’è un progressivo calo delle nascite: nel 2022 sono scese, per la prima volta dall’unità d’Italia, al di sotto delle 400 mila unità, a fronte di 713 mila decessi. Quello che preoccupa ancora di più è il narcisismo ignorante degli italiani, che li rende dei vecchi Peter Pan dall’infanzia in poi: poco attenti alla propria salute, invecchiano male ed hanno bisogno di medicine e badanti.
6) La stratificazione sociale in Italia è data dal divario di crescita Nord-Sud, che, secondo le stime della Svimez, contenute nel rapporto diffuso questo mese, si è riattivata nel 2023 dopo qualche anno in cui la crescita era stata più omogenea: la crescita del PIL italiano è stimata a +0,7% nel 2023 con +0,4% nel Mezzogiorno e +0,8% nel Centro-Nord. Un altro fattore di stratificazione sociale è dato dalla presenza di oltre 5 milioni di stranieri regolarmente residenti in Italia e di mezzo milione di stranieri irregolari, per i quali il “Decreto flussi” ha finalmente previsto una disciplina attraverso l’ammissione (ma frazionata in tre anni) di 452.000 posti di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo. Restano però irrisolte le modalità di integrazione con la popolazione “nativa” e l’inimicizia affine al razzismo.
7) L’Italia fu un impero ridicolo con l’assoggettamento dell’Etiopia e dell’Albania ed il ridicolo è stato rinnovato dall’improbabile accordo, sempre con l’Albania, per parcheggiare alcune centinaia di migranti ad un prezzo salatissimo, tanto che ci si può chiedere se chi guida il governo abbia problemi di impulsività irriflessiva rispetto alle proprie decisioni. Le immigrazioni non riescono a compensare le emigrazioni degli italiani: nel 2022 80.000 italiani sono emigrati all’estero.
Mentre continuano le macerie in Ucraina (che ha perso il 15% della sua popolazione e che potrebbe scendere sotto i 29 milioni nei prossimi 30 anni, rendendo difficile la sua ripresa post-bellica) e nella striscia di Gaza (in cui i morti ufficiali sono più di 12.000, verso i 20.000 per altri), l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nell’edizione dello scorso ottobre, monitora la produzione delle armi nell’ottica secondo la quale “dove vanno le armi lì si prepara una guerra ed invita ad aprire gli occhi sull’abisso, ad acquisire consapevolezza di ciò che avviene quotidianamente nel mondo che ci viene raccontato dai media, o che ci viene volutamente nascosto affinché non se ne parli, mentre una militarizzazione sempre più diffusa e una folle corsa al riarmo sostengono un commercio in rapida ascesa che crea comparti economici veri e propri del mercato globale.”.
E, mentre qualche zanzara, grazie all’ebollizione globale, continua a ronzare nelle mie notti, ed in attesa dei due referendum (sul nucleare e sul presidenzialismo) non mi resta che augurare, sulle note di John Lennon, buon Natale e buon Anno, soprattutto alle donne iraniane e a chi già vive tragicamente le conseguenze dell’ebollizione globale: “Così questo è Natale e tu cosa hai fatto? Un altro anno finito, uno nuovo è appena iniziato. E quindi questo è Natale, spero che vi divertiate, vicini e cari, vecchi e giovani. Un buon Natale e un felice anno nuovo. (La guerra è finita … La guerra è finita se lo vuoi … La guerra è finita adesso)”
Allora, buon Natale dalle macerie d’Italia e dalle macerie della Terra!
Adolfo Santoro