Padre Balducci & l’uomo planetario
di Libero Venturi - domenica 24 marzo 2019 ore 08:00
Ho partecipato all’interessante incontro tra le fedi, promosso dalla Tavola della Pace e della Cooperazione, qualche sabato fa, presso la Biblioteca Comunale di Pontedera. Una tavola rotonda sul tema: “Le fedi e il pensiero civile di fronte all’uomo planetario e al potere della specie umana di auto annientarsi nell’era nucleare”.
L’incontro si ispirava alla figura di padre Ernesto Balducci, nato nel 1922 e morto nel 1992, che fu «testimone di pace» e alla cultura della giustizia, della non violenza e della pace dedicò tutte le proprie energie. Fu addirittura condannato per apologia di reato, in seguito alla sua difesa dell’obiezione di coscienza al servizio militare. Lavorò con Giorgio La Pira, “il sindaco santo” di Firenze. Nell’ormai lontano 1985, dette alle stampe “L’uomo planetario” in cui riassumeva il suo pensiero sull’inarrestabile cammino della specie umana sul pianeta e, nel contempo, sulla possibilità dell’uomo di annientare la civiltà e la vita stessa, ricorrendo all’arma nucleare. Nel libro padre Balducci rivolge domande esigenti alla Chiesa cattolica, a tutte le confessioni e anche a coloro che non cercano necessariamente le risposte in una fede religiosa. “Chi ancora si professa ateo, o marxista, o laico e ha bisogno di un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio della cultura, non mi cerchi. Io non sono che un uomo”. Sono le ultime parole del libro.
Erano relatori dell’incontro, il vescovo di Pescia, Roberto Filippini, il segretario generale del “Centro islamico culturale d’Italia”, Abdallah Redouane, il monaco buddista, Raffaello Londo e la presidente della “Lega internazionale donne per la pace e la libertà”, Giovanna Pagani. Moderava il dibattito don Armano Zappolini, direttore della Caritas di San Miniato: non sono un prete tanto moderato, ha detto, ma tutti s’invecchia, prima o poi. In effetti se siamo “incendiari” e rivoluzionari da giovani, forse da vecchi si diventa “pompieri” e riformisti, se invece siamo “pompieri” e moderati da giovani, da vecchi si diventa reazionari e forse anche stronzi. Ma questo lo dico io e non so se vale anche per i preti.
Gli interventi dei rappresentanti delle diverse religioni sono stati tutti in sintonia con l’aspirazione verso la tolleranza, il rispetto e la comunione delle fedi. Magari personalmente penso che il Buddismo sia una fede, però non so se possa considerarsi una religione. Mi sembra piuttosto una filosofia ascetica. Ma posso sbagliarmi, avere torto. Si fa per ragionare. E, in fondo, anche se non ci credo, è bello pensare di vivere bene per poter rivivere un giorno. Prendere distanza dalla vita. A me piacerebbe essere il salice che ondeggia lungo il fiume.
Giovanna Pagani ha sviluppato il suo discorso laico intorno alle tre minacce che affliggono il mondo contemporaneo: il pericolo nucleare, lo sconvolgimento ambientale e la piaga dell’ingiustizia sociale. Era l’unica donna tra i relatori, anche se il monaco ha detto che l’unico ad indossare una gonna era lui. Un buddista di spirito.
Tutti i relatori si sono riferiti al pensiero di Padre Balducci. Il rappresentante del Centro islamico, Abdallah Redouane, ha giustamente esordito ricordando l’eccidio nelle Moschee avvenuto in Nuova Zelanda, dove un fanatico suprematista bianco ha trucidato 49 fedeli. Per quegli innocenti ha invocato solidarietà. Nella sala aleggiava uno spirito di comunione per le vittime, persone inermi, soppresse da una feroce, aberrante “ideologia” che nessun infame dovrebbe azzardarsi a giustificare come un ideale.
Poi l’intervento dell’esponente del Centro Islamico culturale si è sviluppato intorno al termine “planetario”, letto però da un punto di vista “tecnologico” e più legato alle insidie della globalizzazione. A mio avviso una chiave divergente rispetto al pensiero di Balducci che muove verso la mondialità, auspicando giustizia, solidarietà, comunione, in una dimensione planetaria, ma Balducci non credo possa essere definito un “no global” antesignano. Tutt’altro. Ovviamente posso essere smentito a buon diritto da tutti: balducciani, credenti e non, e pure no global, nonché islamici e islamisti. Padre Balducci è morto troppo presto e oggi ci manca l’evoluzione o l’esegesi autentica di quella sua lontana profezia.
Alla fine l’auspicio di una comunione di intenti è il messaggio che è sortito dall’incontro della Tavola della Pace, che ha messo tutti d’accordo. Tutti, ma non proprio me, fuggito dopo che un rappresentante del fede Bahá’í, fondata a metà dell’Ottocento dal profeta Bahá’u’lláh, un nobile persiano, che è un casino soltanto a scriverlo, ha parlato del mondo meraviglioso che ci si appresta, dopo questa momentanea, miserevole epoca. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, già poco capiente, del mio modesto ecumenismo.
Perché, a parte questo, in realtà io penso che l’intuizione di padre Balducci quando parla di “uomo planetario” e si professa solo un uomo, andando oltre le religioni e verso le fedi, sia diversa dal semplice e doveroso richiamo all’ecumenismo. Ernesto Balducci, che fu anche “inquisito” dal Santo Uffizio per le sue idee teologali e “costretto” nella Badia Fiesolana, forse voleva dire anche altro. Si chiedeva cioè se esistesse qualcosa, un varco, un pertugio del pensiero e della fede, una dimensione speculativa da indagare tra l’assolutismo della religione che niente consente se non il dogma, da una parte e, dall’altra, il relativismo etico che tutto giustifica fino al pensiero debole e alla negazione di una morale condivisa. Esiste qualcosa in mezzo a queste due contrapposte visioni?
Oggi anche il più avanzato dei cattolici, come l’ottimo Papa Francesco, professerà la propria contrarietà al relativismo. Ma l’opposizione al relativismo diviene, quasi per forza d’inerzia del pensiero, l’assolutismo anche in campo religioso: la verità assoluta, il solo vero unico Dio, il verbo rivelato. Questo è stato per gli uomini il dono della fede, che però ha anche procurato loro feroci danni. Le guerre di religione, il potere temporale, ad esempio, sono state una piaga per la Chiesa Cristiana che ha cercato in epoche più recenti di uscire dal processo di secolarizzazione e dai suoi guasti, morali, politici, culturali.
Per assurdo invece l’Islam dovrebbe seguire il percorso opposto e avviare finalmente un processo “secolare”, storico. Difficile purtroppo non pensare che gli eccidi dell’Isis non siano stati realizzati anche in nome della fede, addirittura di Allah. E se questo a noi può sembrare inappropriato e perfino blasfemo, non lo sarà per chi invoca qualche arcaico e misterioso passaggio di una remota Sura del Corano. Il messaggio cristiano si è sviluppato attraverso il Vecchio e il Nuovo Testamento. Dalla Bibbia al Vangelo. Dal Dio della spada al Dio dell’amore. Da Dio che chiede ad Abramo di sacrificare il figlio, Isacco, per dimostrargli la sua fede, a Dio che sacrifica il proprio figlio, Gesù, per dimostrare il suo amore per noi e la nostra salvezza. Mentre il mondo passava dalla legge del taglione alla giustizia. Invece il Corano è rimasto fermo alle sue stesure, non è stato storicizzato, secolarizzato da una chiesa. Così sedicenti ortodossi, integralisti possono riferirsi ad esso quando lanciano una fatwā contro un infedele o promettono paradisi di vergini agli attentatori suicidi oppure distruggono opere d’arte con furore iconoclasta.
Ci sarebbe bisogno di un Islam che interpreta e storicizza il Corano, un’Islam moderato e tollerante, come la stragrande parte di esso è. E sarebbe anche responsabilità di molti paesi europei, compreso il nostro, incoraggiare questo processo di trasformazione.
Così come bisogna che la Chiesa Cattolica completi e definisca il suo cammino di liberazione dal dogma e dalla sua secolarizzazione storica e perfino politica, rifuggendo nuove tentazioni. Non dimenticherò mai quando, giovane dell’Azione Cattolica, divenuto comunista, fui convocato in canonica dal mio parrocco, di cui, oltretutto, ero amico, che mi fece il terzo grado sulle mie convinzioni politiche. Se mi fossi professato democristiano o peggio non avrei avuto lo stesso pesante e penoso trattamento. Che già subivo in famiglia, ma quello era più lecito o comprensibile. Ero pressoché ventenne.
Padre Balducci invocava non una nuova religione sincretista, ma una fede rispettosa delle diversità, non assolutista e nemica delle altre fedi religiose. Con un atteggiamento relativista, ma non rifuggente entro un pensiero debole e permissivo. Non chiuso, al riparo di un esistenzialismo soggettivo e atomizzato. Forse ricercava un esistenzialismo cristiano, non dell’io, ma del noi, della comunità e della comunione. E quella ricerca di fede in quella zona franca, in quella terra di nessuno e di tutti, accomuna anche chi non è religioso e credente, è perfino ateo, eppure ha un suo credo laico nell’uomo, nell’uguaglianza, nella libertà e nella solidarietà degli uomini fra loro. Nella natura terrena delle cose. Che non è tutto, ma è gran parte di ciò che può dare un senso alla vita. Poi c’è l’amore.
Ecco, se non mi fossi votato tanto e inutilmente i coglioni con la “Casa della cascata” per storia dell’architettura o con il restauro della Verruca o con il piano regolatore di Acquasparta per l’esame di Urbanistica 2 e magari avessi studiato filosofia, questo avrei potuto tentare: ispezionare quel varco nella rete, quella lama di luce aperta della porta socchiusa da Balducci tra assolutismo e relativismo. Addentrami, perdermi dentro e, magari, uscirne migliore. Buona domenica e buona fortuna.
Pontedera, 24 Marzo 2019
Libero Venturi