DIZIONARIO MINIMO: Riflessioni casuali
di Libero Venturi - domenica 16 dicembre 2018 ore 09:10
Winni’s, una nota perché recidiva marca di detersivi, pubblicizza i propri prodotti alla tivvù con la solita graziosa bambinetta che conclude la sua petulante tiritera con questa frase invitante e provocatoria: «La mia mamma è ecologica e la tua?»
«Maiala», ci perdonino le mamme, sarebbe la meglio risposta, per cui è stato bandito un concorso nazionale. «Chi ce la butta, la va a piglia’» diceva in «Ovo sodo» di Virzì il ragazzo all’amico che aveva calciato il pallone lontano. «E ‘r budello di tu’ ma’!» lui risponde in rima tanto baciata quanto improvvisata e sboccata. La contro replica a questo grazioso ed educato siparietto sarebbe stata: «La tua!». Appunto. Se non fosse che l’amore di madre, «a mamma», come dicono nel sud, non si tocca. Sarebbe un reato nazionale, vilipendio ad Italica Madre. Come alla Bandiera e al Presidente della Repubblica. E anch’io chiedo perdono a mia madre, alla sua cara memoria. Da piccoli, quella alla mamma, era l’offesa più grave per cui ci si picchiava, che andava lavata, in duello, a lotta o a cazzotti. A volte succedeva anche per la sorella. Una volta un mio amico si prese pure per la vecchia bicicletta di suo padre, sottoposta a vile scherno: «Perché a me la biciretta der mi’ babbo ‘un me l’offendi!». Eravamo ragazzi sensibili, facili alla rissa e con uno spiccato, forse sopravvalutato, senso dell’onore.
Però a me pare anche un reato usare i bambini per la pubblicità. Si dice tanto dell’uso della donna, del suo corpo come mercimonio. Nel secolo scorso ci fu un «processo» femminista contro il pubblicista, autore del Carosello reclamizzante una famosa birra con una favolosa bionda che diceva ammiccante: «Chiamami Peroni, sarò la tua birra!». Ma almeno la bionda era adulta e vaccinata. A suo modo consapevole. Una bambina piccola che ne sa? La pubblicità che interpreta risponde alla sua volontà? Di sicuro per legge, dato che lei non è ancora adulta e vaccinata, a quella dei suoi genitori, che magari sono «no vax». Del resto, detto solo per inciso, perfino dai tweet di Trump «si apprende» la scientifica cazzata che l’autismo sarebbe indotto dai medici, tramite i vaccini. Chiusa parentesi e tornando al tema, il detersivo è ecologico e va bene, purché davvero lo sia. Ci si può pure fidare. Il fatto è che ci vorrebbe anche un’ecologia della mente, con marchio garantito e di origine controllata.
Che brutta sorte hanno gli alberi, me lo faceva notare un amico. Sono decisivi per l’ecosistema: attraverso il loro silenzioso respiro avviene lo scambio di ossigeno e anidride carbonica. Sono ammirati e nello stesso tempo falcidiati per scopi diversi, legati ad un malinteso senso del progresso: perfino per la carta degli scrittori. Con l’impazzimento climatico, causato dal riscaldamento eccessivo del pianeta ad opera dell’uomo -per cui non occorre più andare in Versilia per imbattersi in una tromba d’aria- i grandi alberi sono diventati una minaccia. Cadono rovinosamente e spesso senza preavviso, schiacciando macchine e persone. Causando distruzione e morte. Così diventano un pericolo e una parte dell’impaurito popolo sovrano richiede a gran voce controlli e il taglio delle piante, considerate pericolose. L’altra parte del popolo -sempre sovrano, per carità, perché popolo sono tutti e nessuno- protesta invece vivacemente e ideologicamente per i loro abbattimenti. A me ha sempre fatto comunque tristezza il loro taglio: un albero ci mette così tanto a crescere e basta un attimo, una sega, un niente appunto a reciderne il tronco per sempre. Poi magari se ne ripianta un altro, ma non sempre e non è più lo stesso. Ma se va fatto, va fatto. Rimane un cimitero di grandi tronchi recisi, attaccati alla terra, come memoria. Sembra un’indolente metafora della vita, una vuota e desolante allegoria.
Comunque ci rassicura il fatto che Trump, ancora lui, ritiene, con i suoi seguaci, che il dibattito sul surriscaldamento globale ed i cambiamenti climatici sia inutile in quanto non causato dall’uomo. Chissà a chi si deve, forse al caso o ai comunisti, quelli rimasti. Cristiano Ceserani, il cristianissimo giurista, capo gabinetto di Lorenzo Fontana, Ministro della Famiglia, già nello staff di Maria Elena Boschi, la risposta ce l’ha: Il clima? Colpa di Satana! Nel libro «Kerigma, Il Vangelo degli ultimi giorni», illustra la sua «teoria» evocando il diavolo per spiegare il riscaldamento globale. Ha anche scritto che il popolo ebraico si sarebbe attirato le ire del Divino -e quindi anche la Shoah?- a causa del suo rifiuto di convertirsi al cristianesimo, duemila anni prima, rinnegando proprio il kerygma, ossia l’annuncio di Gesù Cristo in quanto redentore. E qui non solo è il caso di citare il consiglio cristiano di non mescolare fede e politica: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Se non fosse materia di fede, ci sarebbe più laicamente da raccomandare di non confondere «il culo con le quarantore». Che comunque pare abbia origine in qualche modo religiosa. Nella chiesa fiorentina dei Santi Apostoli Pietro e Paolo durante la funzione Pasquale delle Quarantore -le ore trascorse tra la morte e la resurrezione di Cristo- che prevede l’esposizione del Santo Sacramento per quaranta ore consecutive, c’era una gran folla. Nel pigia pigia, volò un sonoro ceffone per via di una «mano morta». Niente a che vedere con i cosiddetti beni ecclesiastici, si trattava di un palpeggiamento, più o meno volontario. L’autore si giustificò con la calca per le Quarantore e la donna rispose: «Ma icchè c’entra i’ culo con le Quarantore?!».
Ma lasciamo perdere. D’altronde il Presidente del più forte Stato al mondo sostiene anche che la teoria del Big Bang è una finzione inventata da scienziati presuntuosi e tendenziosi. Come era quel miscredente di Darwin. Per Trump noi siamo semplicemente opera di Dio, discendiamo da Adamo ed Eva e dal Paradiso Terrestre che, infatti, stiamo adoperandoci per restaurare. Nell’Eden gli alberi non cadono, al massimo c’è quello della conoscenza, basta starci attenti, questa volta. Girarci al largo. E, se deve essere una mela, che almeno sia quella della Apple. Tutto qui. Chi crede preghi, male non fa, anzi. Anche per Trump e le sue malefatte.
Io, grazie a Dio, non sono credente e ho scritto che in cielo ci sarà un posto speciale per i puri di cuore e i bruciori di stomaco. Ma quello forse è l’inferno. O, speriamo, il purgatorio. Debbo in effetti farmi delle analisi che prevedono una purga di totalitaria memoria.
Ho parlato recentemente degli stormi di storni che, vicino a dove abito, hanno preso possesso delle chiome dei pini e dei cipressi della scuola, chiusa e trasferita. Forse proprio per questo sono arrivati. Dopo l’abbandono della nostra razza si sentivano più sicuri o meno disturbati. I loro voli, ho detto e ripeto, sono poesia in movimento. Il loro cinguettio assordante, ma rallegrante. Però la poesia ha sempre un risvolto prosastico. D’altra parte, secondo un’accezione vagamente leopardiana, la natura è anche un po’ di merda. E gli uccelli, come tutti, cacano. E anche quei graziosi, leggiadri, acrobatici e angelici animaletti non sono da meno. Anzi, chissà che mangiano o che diavolo hanno in corpo per produrre quelle fastidiose e appiccicose deiezioni. Se ne comincia talora ad avvertire l’odore. Ricordano i nostri neonati, così carini e terribilmente cagoni. Gli uccelletti, in formazione, bombardano a tappeto, che nemmeno gli americani nella seconda guerra mondiale e non solo. Non c’è verso di lavare la macchina che dall’alto te la bersagliano, istoriandola di cacate. Dovunque tu la parcheggi, in quella zona. Sembra lo sappiano e lo facciano apposta. Deve essere l’affermazione del loro dominio naturale sull’aria rispetto a noi terrestri, una rivalsa sull’umana e prepotente fanteria della Terra. Trattati da Aristofane e Hitchcock con racconti fantastici in contrapposizione agli dei e agli uomini, gli uccelli, tranne pochi, sono volatori, diversi sono migratori, ma tutti, proprio tutti, sono cacatori. Che dire? Forse bisogna fare qualcosa perché quando qualcuno rimetterà piede nella scuola abbandonata, si andrà a mezza gamba e ci sarà bisogno di una disinfestazione. Ma cosa fare? Convincere gli uccelletti cacatori a trasferirsi in campagna, che sarebbe la sua, e poi noi, semmai, andare ad ammirarli là, magari senza necessariamente sparargli addosso, deve essere impresa non facile. E chissà se giusta.
Intanto consoliamoci con il concetto del bene, inteso come privazione del male. Trump -sempre lui- e i reazionari «creazionisti» americani, negatori dell’evoluzionismo, possono dire quello che vogliono, ma se non ci fosse stata l’evoluzione della specie e solcassero il cielo ancora gli pterodattili o, per una bizzarria del Creatore, le mucche volassero, sarebbe assai peggio.
Tutti, anche gli amici, mi chiedono una trama. E hanno ragione. Anch’io cerco romanzi, gialli e film con uno svolgimento fantastico. Lo so. Quello che non so, al di là della storia e della fantasia, è se la vita si svolge o si addipana. E propendo per la seconda.
Sarò un sentimentale o forse di sinistra, ma mi sono commosso quando stamani, davanti alla Ludoteca dell’Arciragazzi, ho visto un lenzuolo appeso con su scritto: «Art.2 Carta Diritti Infanzia. Ogni bambin* ha i diritti elencati nella Convenzione, non ha importanza chi è e chi sono i suoi genitori, il colore della pelle, il sesso, la religione, la lingua che parla, né se è disabile, né se è ricco o povero». Bambin* nel linguaggio gender vuol dire di qualsiasi sesso. Il lenzuolo poco dopo è stato tolto: nella strada c’era l’inaugurazione della sede di CasaPound, poteva sembrare provocatorio. La Carta dei Diritti dell’Infanzia scritta davanti ad una Ludoteca! Nella mattina stessa lo striscione è stato fatto riappendere. La vera provocazione per Pontedera è la sede dei neofascisti di CasaPound.
I nomi che diamo ai figli sono nostre estrose e complicate proiezioni, oppure si legano ad aspetti storici: chiamare un figlio Libero ad esempio. Non proprio male, in fondo. Anzi bene, dopo il 25 Aprile del 1945/46. Per tutto il resto, certo, impegnativo. A volte i nomi richiamano i nostri cari familiari -scomparsi e non- ingenerando un po’ di confusione nella vita e nella memoria. E sono per sempre. Insomma, finché viviamo. Forse andrebbero dati nomi provvisori e poi fatti scegliere, da grandi, ai diretti interessati. Come facevano gli Indiani d’America. Che tra l’altro si chiamano così perché qualcuno ce li ha chiamati. E non erano nemmeno in India. Buona domenica e buona fortuna.
Pontedera, 16 Dicembre 2018
Libero Venturi